BYE BYE FEDERER

Zitto zitto Nadal si porta a casa anche questo suo sesto torneo del grande Slam. E oggi, ma forse il segno premonitore si era già avvertito a Wimbledon, Nadal potrebbe aver messo la parola fine all’ era Federer. Rafa vince contro il suo rivale di sempre, sulla superficie preferita, con l’erba, dallo svizzero. E questo la dice lunga su quello che potrebbe essere il futuro di Roger. Il match è stato secondo le aspettative. Bellissimo, avvincente e con un altissimo tasso tecnico. In particolare nei primi 4 set. I due giocatori si sono affrontati dandosi battaglia con tutti i mezzi a loro disposizione. Si sono visti in campo due giocatori di un altro pianeta. Ci sono stati davvero degli scambi impressionanti. E devo dire che oggi Federer le ha provate un pò tutte per vincere questo match. Ha cercato durante tutta la partita di alternare il gioco il piu’ possibile. E’ sceso a rete, ha giocato tante palle corte, a volte riuscite male, ha cercato il piu’ possibile il rovescio di Nadal che secondo me ormai, non dico che è come il dritto, ma mi sembra che faccia male parecchio, ha corso in fase di recupero come non l’avevo mai visto. Nulla da fare. Nel quinto è schiantato.
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GLI AUSTRALIANI POSSONO ESSERE CONTENTI

Gli australiani possono essere contenti. Hanno la finale perfetta. sia nel maschile, lo ricordo, giusto per qualche distratto, Federer-Nadal. Sia nel femminile con la Safina contro la solita Williams. Serena naturalmente, che quando tra un impegno e l’ altro ha voglia di giocare, è nettamente, a mio avviso, la piu’ forte giocatrice del mondo. E se vincerà proprio questa finale, dalla prossima settimana verrà consacrata numero 1. Cosa buffa, questo vale anche per la sua avversaria. Quindi inutile dire che con queste aspettative dovremmo assitere a una combattutissima partita. Nel maschile nulla, comunque vadano le cose, sposterà Nadal dal suo trono meritatissimo di numero 1. Ma non per questo il match sarà noioso. In palio per lo spagnolo c’è il suo primo titolo degli Australian Open. E poi quanto puo’ piacere al maiorchino battere Federer togliedogli la possibilità di eguagliare il record di Sampras di 14 slam ?! Ne vedremo delle belle.!!!
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VERDASCO, LO SPAGNOLO ATIPICO?

Il nuovo Fernando Verdasco. Lo spagnolo di Madrid, eliminando Andy Murray negli ottavi, ha firmato l’impresa della giornata agli Australian Open ed ottenuto il suo miglior risultato in un torneo dello Slam. In questo inizio di stagione Verdasco sta giocando davvero bene come testimonia la finale raggiunta a Brisbane un paio di settimane fa. La vittoria in Davis dello scorso novembre gli ha regalato un’enorme carica di fiducia: quello che gli serviva, visto che le potenzialità come giocatore le ha sempre avute. E’ uno spagnolo atipico, anche se oramai dopo Moya, Robedo, Lopez o, soprattutto, la vittoria di Nadal sull’erba di Wimbledon non si può più parlare di giocatore spagnolo “tipico”. Murray aveva sempre vinto contro Verdasco, ed in quattro occasioni su cinque senza concedere nemmeno un set. La chiave del successo dello spagnolo sono stati gli ultimi due set nei quali Verdasco ha servito meglio (buona la percentuale di prime palle) ed ha commesso ben dieci errori gratuiti in meno del suo avversario. Forse Murray, dopo aver dominato il primo set, non avrebbe dovuto lasciare così facilmente il secondo a Verdasco e lo stesso discorso vale per il quarto set: non so però quanto abbiano influito le condizioni fisiche non ottimali dello scozzese, che ha comunque tenuto fino al quinto.
Analizzando il gioco dello spagnolo, Fernando ha sicuramente uno dei migliori diritti del circuito – parola di Rafael Nadal – ed un rovescio a due mani che è piuttosto insidioso vista la traiettoria mancina. Inoltre nell’ultimo anno è cresciuto molto con il servizio e questo gli permette di esprimersi molto bene anche sul veloce per non parlare di una condizione fisica invidiabile. Negli ultimi mesi è maturato soprattutto come atteggiamento in campo: è più attento alla gestione del match ed è in grado di sfruttare le poche occasioni che i giocatori più forti concedono. Attualmente è numero 15 nel ranking, ma se mantiene questa fiducia, e di conseguenza il rendimento, può arrivare nei primi dieci – del resto ci è andato molto vicino già nel luglio scorso quando è salito fino al numero 11 -: in passato ci sono riusciti giocatori di minori potenzialità come Berasategui. Anzi, penso che possa puntare addirittura ai top-5 se la stagione sul rosso andrà bene.

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I SEGRETI DI MURRAY

E’ diventato l’incubo di Federer, ma non solo, Andy Murray. Lo scozzese migliora match dopo match sia sotto l’aspetto tecnico che mentale, riuscendo ad esprimere il suo miglior tennis proprio nei momenti più importanti. Proviamo a scoprire i segreti del suo successo.
IL SERVIZIO – Murray utilizza la tecnica del “foot-up”, con il piede destro che si avvicina al sinistro nella fase di preparazione del colpo: ciò gli permette di sviluppare grande energia verso l’alto. A questo Andy associa una grande rotazione esterna/interna del braccio intorno alla spalla, con il tronco che ruota durante lo sviluppo del movimento.
IL DIRITTO – E’ un colpo che esegue utilizzando una posizione frontale rispetto alla rete (“open stance”) attraverso la quale riesce a generare potenza ma anche a mascherare la direzione del colpo. Pure in questo caso c’è la rotazione del braccio intorno alla spalla e quella del tronco.
IL ROVESCIO – Senza ombra di dubbio il colpo migliore dello scozzese, che ha nel suo bagaglio tecnico tante variazioni. Tra tanti fenomeni dal diritto devastante, lui è il re del rovescio. Il suo è un colpo bimane, con l’arto sinistro nel ruolo di arto dominante, giocato con le braccia flesse. Andy, però, è in grado di tirare anche il rovescio ad una mano sola, importantissimo per le rotazioni in back-spin e per le palle corte, giocate sempre con il taglio sotto.
IL GIOCO DI VOLO – Le volée di Murray sono classiche (quella di rovescio è giocata con una mano sola). La sua grande sensibilità gli permette di scegliere indifferentemente tra volée aggressive e stop-volley.
LO STILE DI GIOCO – Andy è un contrattaccante dal fondo. Nel senso che gestisce molto bene anche la fase di difesa: questo gli permette di ribaltare le situazioni da difensive in offensive grazie soprattutto ad un gioco di gambe straordinario.
PROGRESSI – Lo scozzese doveva assolutamente migliorare la percentuale della prima di servizio, e lo ha fatto. Ma è la sua grande continuità nella risposta, sia di diritto che di rovescio, che sta facendo la differenza. Murray può ancora lavorare sul diritto, che potrebbe giocare con maggiore potenza. Grazie al timing sulla palla Andy riesce a sfruttare la potenza dell’avversario ma, per via della preparazione non molto ampia, il suo non è ancora un diritto da ko.
VARIETA’ – Grazie a Murray si è rivisto il cambio di ritmo, possibile grazie alla sua grande sensibilità, unità ad una grande variazione di rotazioni soprattutto di rovescio, che gli permette di decelerare per poi accelerare. Tra Nadal, Federer e Djokovic è lui ad avere la maggiore varietà di colpi. I suoi schemi e le sue traiettorie ricordano quelle di Miroslav Mecir.
CARATTERE – E’ esattamente il contrario di quello che sembra. Murray in campo non molla mai: ha la stessa grinta di un Nadal, anche se gli atteggiamenti del corpo non lo dimostrano. Chiedere ai primi due della classe per informazioni.

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IN SVEZIA IL TENNIS NON TIRA PIU’

Quando nel 2002 Thomas Johansson vinceva gli Open d’Australia, battendo in finale Marat Safin, a Melbourne c’era un solo cronista svedese, arrivato per giunta appena due giorni prima della finale. A poco meno di sette anni da quel sorprendente successo, in Svezia il tennis è quasi sparito dai media e la grande epopea nazionale della racchetta sembra essersi definitivamente esaurita. Non è bastato, infatti, il successo in extremis a Lione di Robin Söderling a salvare l’ennesima stagione deludente per il Paese che ha dato i natali a Borg, Wilander ed Edberg. Sembra quasi che non si tratti più della stessa Svezia che tra 1974 e 2002 collezionò sette Coppe Davis e 25 tornei dello Slam (11 Borg, 7 Wilander, 6 Edberg e 1 Johansson). E se tra l’ultimo acuto di Edberg e l’unico di Thomas Johansson era passato un decennio senza una stella di prima grandezza, neanche in quel periodo i buoni giocatori erano mancati. Enqvist, Larsson, Gustafsson, Norman, Björkman, tutta gente che, senza meritarsi la Hall of Fame, era comunque riuscita, negli anni ’90, a sfondare il muro dei top-10. Ora, invece, nemmeno quello. A guardare la classifica mondiale c’è un solo viking tra i primi 20, proprio “cavallo pazzo” Söderling, un tennista capace di vincere come di perdere contro chiunque, che quest’anno, oltre a trionfare a Lione, è andato per altre tre volte vicino alla conquista di un torneo Atp. Dietro di lui però c’è il vuoto: il numero 2 svedese è appena 131mo nella graduatoria, mentre nel 1987 i top-100 erano ben tredici.
Cosa è successo? La mancanza del campionissimo, capace di catalizzare le attenzioni di folle e sponsor, si è fatta sentire. Un po’ quello che è successo in Germania nel dopo Becker e Stich. I giovanissimi hanno iniziato a preferire altri sport, hockey e calcio su tutti. Le tv, che già non si esaltavano nel trasmettere tennis durante l’epoca d’oro, hanno finito per snobbare anche la Coppa Davis, alimentando l’allontanamento dei ragazzi. Gli sponsor hanno fatto un passo indietro. A partire da quel 1995 in cui il torneo di Stoccolma passò dal maestoso Super-9 della Globe Arena al più dimesso International Series della Kungliga Tennishallen con la metà del montepremi. Oggi la Federtennis svedese è costantemente in rosso e, secondo tennisti, coach e altri addetti ai lavori, è un carrozzone incapace di sviluppare progetti innovativi e di guardare avanti. Jonas Björkman, l’ex numero 4 del mondo, per esempio, lo scorso febbraio si è sfogato al microfono di Ravi Ubha di Espn.com denunciando lo «scarso attivismo della federazione nel dar seguito a idee proposte da noi per rilanciare il tennis in Svezia». Gli ex campioni, però, non si sono scoraggiati e sono scesi in campo per dare una mano: da Edberg, che ha avviato dopo il ritiro una sua fondazione dedicata ai giovani (ma è anche il primo a dire che all’orizzonte non ci sono nuovi talenti) a Magnus Norman, che, supportato dal gruppo finanziario Catella, è a capo della prima accademia privata nazionale a cui partecipano ragazzi tra i 15 e i 18 anni.
Come se i guai non bastassero sono arrivati anche gli infortuni a tarpare le ali di alcune delle ultime stelle scandinave. Forse la Svezia avrebbe ritrovato un vero top-player se i problemi ripetuti all’anca e al ginocchio non avessero ostacolato proprio Magnus Norman e quelli al piede e alla caviglia avessero lasciato in pace Thomas Enqvist. Per non parlare di Joachim Johansson, lo svedese più promettente degli ultimi anni semifinalista allo US Open 2004, che solo allo scorso torneo di Stoccolma è tornato alle gare, dopo aver passato due anni e mezzo a lottare con un infortunio alla spalla destra e aver annunciato anche il ritiro. Anche Robin Söderling è tornato quest’anno dopo aver sconfitto un problema al polso.
A fine 2008 il risultato svedese più prestigioso è forse la medaglia d’argento olimpica conquistata dal duo Thomas Johansson-Simon Aspelin, sconfitti in finale a Pechino solo da Federer e Wawrinka. Sempre nel doppio, Björkman ha conquistato tre titoli: a Båstad con l’altro svedese Söderling e a Stoccolma e Bercy con Kevin Ullyett. Ma Jonas, ormai 36enne, ha deciso di abbandonare il circuito. E dopo di lui, per i gialloblu, il futuro è ancora grigio.

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INTERVISTA A INFANTINO

D: Buongiorno Eduardo, è un piacere per me intervistarti, in quanto sei uno degli allenatori più prestigiosi ed importanti che si trovano attualmente in Italia.

R: Grazie, sei troppo buono, speriamo che i risultati mi diano sempre ragione.

D: La Fit, ha deciso di puntare su di te per quanto concerne Trevisan, uno dei nostri maggiori talenti che si allena a Tirrenia nel centro Federale. Come sta procedendo il progetto “Trevisan”?

R: Purtroppo quest’anno Trevisan ha avuto diversi problemi fisici, tra cui la mononucleosi , e tutto ciò non ha permesso a Matteo di poter gareggiare per più di due settimane consecutive. E’ un giocatore in continua fase di costruzione, ha un potenziale elevatissimo, e il mio compito è quello di far sì che lui possa esprimersi al meglio delle sue possibilità.

D: La tua storia Eduardo è abbastanza particolare, sei uno dei coach più prestigiosi, a livello internazionale, eri l’allenatore di Juan Martin Del Potro, ma hai deciso di rimetterti in discussione accettando la proposta della Fit, per allenare questo nostro talento. Un progetto ambizioso, nel quale la Fit crede moltissimo, un progetto non privo di ostacoli e difficoltà. In Italia ormai da troppi anni c’è un’attesa spasmodica per un nuovo top ten, certo che se tu riuscissi anche grazie alla Fit a portare a compimento questo progetto, sarebbe un grande volano per tutto il movimento.

R: Io credo molto in questo progetto, ho lasciato un giocatore vincente per venire qua, per accettare il piano ambizioso che la fit mi ha proposto, ed io non posso che essere lusingato e onorato del fatto che la Federazione Italiana, abbia pensato a me per allenare il suo maggior talento. Il fatto che Del Potro sia diventato un giocatore vero, che abbia scalato le classifiche mondiali, non può che rendermi orgoglioso del buon lavoro fatto con lui. Del Potro lo conosco da quando aveva undici anni, l’ho visto crescere. Spesso mi si chiede se mi aspettavo un exploit così dirompente di Juan, di solito rispondo che il lavoro che è stato fatto all’inizio, ed è stato fatto bene, e ora i risultati sono agli occhi di tutti.

D: Dimmi la verità Eduardo, non ti dispiace un poco aver lasciato Del Potro, essendo uno dei nuovi talenti emergenti del circuito mondiale?

R: No, assolutamente no, anche perché il lavoro che ho fatto con lui non si cancella e questa sua esplosione non mi stupisce assolutamente. Io sono contento così, è successo già con Monaco, Squillari, Zabaleta, Camporese, Coria, Gaudio, Davin e con molti altri. Nella mia carriera ho portato tre giocatori nei top ten, e nove nei top venti. In Italia finalmente, hanno capito di aver necessità di persone che facciano un lavoro diverso, d’altronde se da trent’anni l’ultimo top ten italiano è stato Barazzutti (ndr n° 7), e non ce ne sono più stati, qualcosa di diverso bisognava fare. C’è bisogno di persone che portino una mentalità diversa e la federazione ha visto in me quella persona che può portare qualcosa di diverso, un cambiamento. Per me parlano i risultati, e poi in Italia ho tanti amici, mi sono sempre trovato benissimo e per me questa era la scelta più logica.

D: Eduardo, non posso esimermi da non farti questa domanda tra virgolette delicata. Molti coach italiani si sono stupiti della scelta della Fit di scegliere te come coach di Trevisan in quanto secondo loro anche in Italia c’erano già degli allenatori molto preparati.

R: Mi dispiace che ci siano state queste polemiche. Io sono amico di tutti i coach italiani che conosco personalmente. Che dire…..voglio mettere al servizio la mia esperienza e per me ripeto, parlano i risultati……sono onorato che la scelta della Fit sia caduta sulla mia figura….vuol dire che in tutti questi anni ho seminato qualcosa di buono. Io credo fortemente in questo progetto, se non ci credessi, non avrei mai accettato. E poi è una scelta legittima quella della Fit, la quale deve avere la possibilità di agire liberamente, ci mancherebbe. E poi forse molti non sanno che il mio compito non è solo quello di allenare Trevisan, ma anche quello di collaborare con la Federazione, cercando di apportare quei suggerimenti che possono essere di utilità alla crescita di qualsiasi giocatore. Infatti, collaboro con i vari Miccini, Lopez, e con tutti quelli che sono a Tirrenia.

D: Parlando con un tuo collega, coach Fanucci, secondo lui uno dei motivi per cui il tennis negli ultimi venti -trent’anni non è mai andato bene, è per un semplice motivo, nel tennis arrivano gli scarti degli scarti degli altri sport….il calcio e poi il basket e la pallavolo prendono tutti i migliori e alla fine nel tennis arrivano quei ragazzi che non trovano spazio in questi sport…….tu cosa ne pensi, sei d’accordo su questa teoria?

R: Assolutamente no, non sono d’accordo con Fanucci, e ti spiego subito perché. Perchè in paesi come l’Ecuador che ha avuto giocatori come Gomez, Lapennti, oppure il Brasile che ha avuto Guga Kuerten queste cose non succedono…….…bisogna capire che i campioni si creano con la metodologia dell’allenamento. Lo stesso Cile, ha avuto Rios, Gonzalez, Massu, e non dirmi che il Cile è un paese più importante dell’Italia. E’ una questione di metodologia, dietro questi grandi giocatori, c’è un grosso lavoro fatto dai loro coach, Larry Passos, per citarne uno. Ha fatto uno splendido lavoro con Kuerten. In Italia, c’è materiale su cui lavorare, bisogna cambiare le metodologie di lavoro, e prendere persone che sappiano rendere al massimo questi sistemi di lavoro. In Argentina, ad esempio i coach hanno voglia di vincere, girano moltissimo, passano lontano da casa molti mesi l’anno. E poi non dimentichiamoci che in Francia e Australia, grazie allo slam, le federazioni anno anche molti soldi da investire, e questo incide non poco sulla formazione di un giocatore.

D: Eduardo, hai un contratto triennale con la fit che scade nel 2010, e sicuramente la Fit ti avrà esposto il suo target per Trevisan…..

R: Il mio compito è far sì che Trevisan possa esprimersi al massimo delle sue potenzialità, e anche di favorire l’adozione di sistemi di lavoro che contribuiscano a dare ai giocatori italiani la possibilità di entrare nei top 20 e nei top 10.

D: Parlando con i vari coach argentini e giocatori, spesso mi dicevano che la cosa che manca in italia, è la voglia di far gruppo, mentre per gli italiani questo spesso non accade, ognuno va per la sua strada….

R: Le cose Antonello stanno cambiando, Volandri ad es. è venuto ad allenarsi a Tirrenia, Trevisan è andato da Fanucci a Firenze. La Federazione, dal canto suo, tiene sempre aperte le sue porte a tutti i giocatori italiani. Lopez, ad esempio si è andato ad allenare a Reggio Emilia con Michelotti, si allena anche a Tirrenia, ormai si sta instaurando un sistema di sinergie e questo non può che far bene al tennis italiano, è uno stimolo in più per crescere qualitativamente.

D: Ma com’è possibile che qui in Italia, quando si parli di tennis, spesso e volentieri ci siano sempre mille polemiche, ma in Argentina succede la stessa cosa?

R: No, in Argentina queste cose non succedono, poichè da noi ognuno è molto critico verso il proprio lavoro. Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità. La Federazione italiana in questi ultimi anni è cambiata in meglio, basta vedere i risultati, successo al foro Italico, Tirrenia, i p.i.a., i centri estivi di Sestola, il nuovo canale Super Tennis e molte altre cose. Bisognerebbe essere corretti e riconoscere quanto di buono la Fit sta facendo. I tifosi devono avere pazienza, i risultati non tarderanno ad arrivare,stiamo pedalando tutti nella stessa direzione, alla fine tutti vogliamo la stessa cosa, il bene del Tennis Italiano. Certo la pressione si sente, fa parte del nostro lavoro, stiamo dando tutti il massimo, lasciateci lavorare e alla fine vedrete che i risultati arriveranno. Sono molto ottimista per il futuro, credo in questo progetto e sono convinto che alla fine i nostri sforzi saranno ripagati con gli interessi.

Eduardo non posso che ringraziarti per la gentilezza e il tempo che ci hai concesso, è stato un piacere ospitarti.

Antonello Zani – tennisteen.it

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