CIRCOLI, GIOVANI E SPONSOR

Il prestigioso circolo romano lancia il “Due Ponti Tennis Team” un interessante esperimento di sostegno diretto ai giovani agonisti. Un esempio da seguire, una novità per Italia, ma anche il segreto del successo del tennis spagnolo.

Nel tennis moderno, la costruzione di un giocatore professionista, di un atleta di vertice, è una scommessa rischiosa e onerosa, con tantissime incognite ed un numero infinito di variabili in grado di influenzare l’esito finale.
Non basta possedere le necessarie qualità naturali, tecniche, fisiche e mentali. Occorre avere cultura sportiva e spirito di sacrificio, trovare guide capaci ed esperte, sapersi costruire l’ambiente giusto per emergere; ma soprattutto, bisogna reperire le risorse economiche necessarie per finanziare una attività agonistica di eccellenza, finalizzata all’arrivo nel professionismo.
Nel nostro paese, uno dei principali ostacoli all’allargamento della base degli agonisti è proprio il nodo economico.
Ragazzini di talento non ci mancano. Ma quando si arriva ai 13-14 anni, il percorso diventa più difficile ed impegnativo: a quel punto, per poter competere ad armi pari con una concorrenza internazionale sempre più agguerrita, ci vogliono il maestro privato e il preparatore fisico; è necessario farsi seguire da fisioterapisti e chiropratici, per prevenire pericolosi infortuni. Soprattutto, se si ambisce ad arrivare nel tennis che conta, non basta giocare gli Open, ma è necessario viaggiare, andare anche a competere all’estero, per confrontarsi con i migliori, acquisire la consapevolezza dei propri mezzi e dei propri limiti, e vivere le esperienze giuste nei tempi giusti.
Ecco quindi che una stagione agonistica di un ragazzo under 16 con ambizioni può arrivare a costare, tutto compreso, cifre prossime ai 50-60.000 euro. Spese che poche famiglie possono sostenere. E allora, tanti sono quelli che smettono, mentre tanti altri si trovano a fare scelte al ribasso, e restano invischiati nella massa, senza riuscire ad esprimere in pieno il loro potenziale.
La Federazione, per quanto può, contribuisce, aiutando economicamente i meritevoli. Ma le risorse pubbliche non sono infinite, ed è necessario coinvolgere il settore privato, attivandone le potenzialità.
E’ quello che avviene ad esempio in Spagna, dove i Circoli fungono da catalizzatori di risorse per i loro team di agonisti: li aiutano a reperire sponsorizzazioni, che ne finanziano l’attività internazionale. Un modello vincente, come sappiamo. La Spagna vanta la bellezza di 12 giocatori fra i primi 100.
Questa lunga premessa ci aiuta a comprendere la portata rivoluzionaria, per il nostro movimento, dell’iniziativa lanciata di recente dal Circolo romano Due Ponti, un elegante club situato nella zona nord di Roma, di proprietà di Emanuele e PietroTornabuoni.
I due, imprenditori di buona cultura sportiva, hanno sempre mostrato di possedere una notevole capacità di innovare, di immaginare soluzioni nuove, a partire dallo stesso lancio del Circolo, avvenuto nel 1993, quando ovunque i campi da tennis venivano sostituiti con campi da calcetto. Eppure, con coraggio, i Tornabuoni hanno vinto la loro scommessa. E ora sono pronti per una nuova sfida.
Pochi giorni fa è stato lanciato il “Due Ponti Tennis Team”, una iniziativa che nasce per sostenere l’inserimento nel professionismo di due promettenti azzurrini, tra i primi d’Italia nella classe ’94: Federico Teodori e Cristiano Compagnone, entrambi tenuti sotto stretta osservazione dal Settore Tecnico della Federazione.
I due ragazzi sono seguiti dai tecnici Alessio Palladino (che dirige tutto il settore giovanile del club) e Alessio Varriale, nonché dal preparatore atletico Fabio Ingargiola.
La grande novità del modello “Due Ponti” consiste nel fatto che il club, sull’esempio di quanto avviene in Spagna, ha avviato il progetto con il coinvolgimento di imprenditori locali (spesso soci del Club) per il finanziamento del team, chiamandoli a supportare economicamente la crescita degli atleti, mediante la stipula di contratti di sponsorizzazione.
Ciò consentirà ai due ragazzi di poter svolgere una programmazione completamente finalizzata alla crescita tecnica ed agonistica, a differenza di quanto avviene nel tradizionale modello adottato in Italia, dove in genere il Circolo supporta il giocatore in cambio dell’impegno di quest’ultimo di difenderne i colori nei campionati a squadre. Una soluzione che l’esperienza passata ha dimostrato essere valida solo fino ai 15-16 anni, ma che può diventare penalizzante intorno ai 17-18, ovvero quando i ragazzi sono sul punto di affacciarsi ai primi tornei professionistici, per l’oggettiva difficoltà di conciliare l’attività a squadre con quella individuale, proprio in uno snodo cruciale della carriera quale è l’inserimento nel circuito pro.
In conclusione, il coraggioso esperimento tentato dal Due Ponti è di portata altamente innovativa, e merita di essere attentamente seguito e studiato, nella speranza che altri prestigiosi circoli italiani possano essere tentati di seguirne l’esempio, mobilitando le loro risorse verso il vero futuro del nostro sport: la crescita dei giovani.

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IL TENNIS FA BENE AI BAMBINI

Quante volte abbiamo assistito a questa scena. Un bel bimbo di 5 anni, ben vispo, alla visita del pediatra; il papà che azzarda, timidamente: “dottoressa, ma secondo lei gli farebbe bene fare un pochino di tennis?” Occhiataccia della mamma, e la dottoressa che fa: “Mah, il tennis, meglio di no, è uno sport asimmetrico… Guardi, dia retta a me, lo iscriva a un bel corso di nuoto”.

E così, tra pediatri disinformati e mamme apprensive, il nostro movimento perde continuamente potenziali agonisti. E’ noto infatti che nel tennis moderno, come dimostrano le più recenti teorie dell’apprendimento e le storie individuali dei giocatori professionisti, l’età giusta per iniziare a giocare con qualche speranza di arrivare al professionismo si aggira fra i 4 e i 7 anni. Se si è un potenziale top 100, ma si comincia dopo perché “la mamma non si fida” e “Il dottore sconsiglia”, non si ha poi alcuna chance di recuperare il tempo perduto.

Purtroppo, il nostro Paese sconta un pregiudizio difficilissimo da sfatare, che limita enormemente, quasi inconsapevolmente, la crescita del nostro movimento. Perché la gente comune, ma anche il medico di base, non sa. Non sa che è stato inventato il mini tennis. Non sa che si gioca con mini racchette e palline depressurizzate. Non sa che si gioca su un campo di dimensioni opportunamente ridotte, “a misura di bambino”. Non sa, soprattutto, che il mini tennis, lungi dall’essere dannoso, è invece una disciplina che arreca grandi benefici allo sviluppo motorio dei bambini.

In primo luogo, migliora le capacità coordinative e l’equilibrio. In secondo luogo, rende i nostri figli più agili e reattivi. E poi, se l’approccio all’addestramento e all’agonismo viene correttamente gestito, migliora sensibilmente l’autostima dei nostri bambini, contribuendo a farne persone migliori. Infine, in un’epoca in cui tutti gli psicopedagoghi dell’età evolutiva lanciano l’allarme sui disturbi crescenti della capacità di attenzione, che affliggono sempre più bambini delle nostre scuole elementari, incapaci di restare concentrati su un argomento per più di qualche minuto, una disciplina come la nostra, che acuisce naturalmente la capacità di concentrazione, può rappresentare un autentico toccasana.

Purtroppo, queste cose non si sanno. E proprio per iniziare a farle conoscere, si è tenuto in data 6 maggio, nella sala conferenze del centro stampa dei Campionati Internazionali d’Italia, il convegno “Minitennis e salute dei bambini”, organizzato della FIT con il patrocinio dell’Istituto di Scienza e Medicina dello Sport del CONI e della Società Italiana di Pediatria.

Gli interventi, moderati dal dr. Gianni Daniele, sono stati tenuti da insigni esperti di medicina sportiva (Pierfrancesco Parra, Sergio Mignardi, Renato Manno), nonché da alcuni dei migliori tecnici federali (Michelangelo Delledera, Simone Sbardellati).

Nel corso dei lavori, è emerso con chiarezza che con l’adozione di un corretto sistema di addestramento e con l’utilizzo dei moderni materiali (mini racchette, palline depressurizzate), la pratica del tennis non presenta alcun rischio per la salute dei bambini di età scolare e che, anzi, questa disciplina ha grandi benefici per lo sviluppo psichico, motorio, coordinativo e sociale dei bimbi, già dai 4-5 anni di età. Inoltre la dr.ssa Marcolini, esperta di psicopedagogia dello sport, ha sottolineato come il tennis aiuti la capacità di concentrazione, e risulti quindi utilissima nella cura dei deficit di attenzione, attualmente una delle più diffuse patologie dei bambini. Il dr. Pietro Ferrara, Pediatra dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha constatato in chiusura una grande (e rassicurante) coerenza fra i concetti teorici espressi dagli accademici e i concreti contenuti didattici presentati dai tecnici federali.

In sostanza: il minitennis, così come viene insegnato oggi nei Circoli che aderiscono al programma federale Fit Ranking Program, è perfettamente rispondente, nelle metodologie di insegnamento utilizzate, alle linee di indirizzo che emergono dalla più avanzata ricerca scientifica in tema di medicina e psicopedagogia dello sport.
Dal convegno scaturirà una campagna di informazione atta a rimuovere nell’opinione pubblica il vecchio pregiudizio sulla presunta nocività del tennis per i bambini: saranno ricavati dagli atti congressuali dei depliant illustrativi che verranno distribuiti nelle scuole e, con la collaborazione della Società Italiana di Pediatria, nelle sale di attesa dei medici pediatri.

Il tutto, nella speranza che in un futuro non troppo lontano il nostro paese possa aggiudicarsi, oltre che tante medaglie olimpiche nel nuoto, anche qualche titolo del Grande Slam.

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