Uno contro tutti: riconquista del trono e tabù Roland Garros sfatato. Djokovic pigliatutto

Il 7 luglio 2014, per la 93° volta l’ATP cambia padrone. Il nuovo re non è nuovo sul trono, ci è già stato per 101 settimane e viene da una stagione iniziata non benissimo in Australia ma proseguita piuttosto bene con il successo in tre Masters 1000 (Indian Wells, Miami e Roma) e, soprattutto, la vittoria a Wimbledon, che gli ha permesso di superare Nadal in classifica

Forse appagato, forse semplicemente stanco, Novak Djokovic è l’ombra di se stesso nei due 1000 dell’estate americana. A Montreal, dopo aver superato a stento Monfils, viene travolto con un doppio 6-2 da Tsonga ma ancora peggio gli va a Cincinnati, dove perde sempre al secondo incontro con lo spagnolo Tommy Robredo per 7-6 7-5.  Pur non essendo uno specialista del duro (dei dodici titoli conquistati in carriera, solo uno lontano dalla preferita terra rossa), nel 2006 Robredo è stato anche n°5 del ranking e in carriera si è già preso la soddisfazione di battere un numero 1 (Hewitt, al Roland Garros 2003) ma la sua vittoria sul serbo rimane un’impresa di rilievo. I due passi falsi non sembrano avere ripercussioni su Djokovic, che inizia gli US Open perdendo appena 18 giochi in tre incontri, ma anche a New York le insidie non mancano e nelle semifinali le prime due teste di serie vengono eliminate. Mentre Federer viene preso a servizi in faccia da Marin Cilic, Djokovic lotta di più con Kei Nishikori ma alla fine perde in quattro set. Il giapponese aveva già sconfitto il serbo da n°1 (a Basilea, nel 2011) ma da questa semifinale a New York non ripeterà più il risultato e perderà in seguito tutte e 13 le partite contro il leader dell’ATP.

Venti giorni di riposo e Djokovic riparte dalla Cina con l’obiettivo di confermarsi campione nei quattro tornei che restano per chiudere la stagione. Ci riesce a Pechino (battendo Berdych in finale) ma a Shanghai in semifinale viene fermato da un grande Federer, che poi vincerà il torneo. I due si potrebbero affrontare di nuovo nell’ultimo atto delle ATP Finals ma lo svizzero, esausto e con la schiena a pezzi dopo la memorabile semifinale con Wawrinka, non scenderà in campo e per la prima – e unica – volta nella storia il Masters non avrà una finale. Prima di Londra, Djokovic aveva difeso il titolo anche a Bercy e il 2014 si chiude con il serbo sul trono e Federer al secondo posto davanti a Nadal. Sono sempre loro tre a menare la danza e l’anno che sta arrivando non sembra possa proporre valide alternative.

2015

E così è, perché Djokovic si mette fin da subito in modalità extraterrestre e, numeri alla mano, mette a segno l’impresa non semplice di migliorare quel 2011 in cui era parso inavvicinabile. Eppure, il buongiorno non è dei migliori perché a Doha, nei quarti, il serbo trova semaforo rosso con Ivo Karlovic. Il gigante croato non gli concede nemmeno una palla break e sfrutta una delle quattro che riesce a procurarsi, quel tanto che basta per ottenere il break decisivo nel terzo set, dopo che i primi due si erano conclusi al tie-break (uno per parte). Dotato di un servizio letale (sta chiudendo la carriera con appena l’8% di break subiti, 767 su 9535 turni di servizio giocati), Karlovic rappresenta la tipologia di tennista che, pur con tutti gli inevitabili limiti di mobilità dovuti ai 211 centimetri di altezza, nessuno vorrebbe mai affrontare perché non danno ritmo e spesso ti costringono a giocarti il set o la partita su pochissimi punti. 

Archiviata la parentesi in Qatar, da Melbourne Djokovic cambia marcia e in cinque mesi perde una sola partita, ovvero la finale di Dubai con Roger Federer. Dopo il deludente 2013, lo svizzero ha cambiato allenatore e il sodalizio con Stefan Edberg ha dato i suoi frutti, quantunque sulla lunga distanza il suo tennis non appaia più in grado di contrapporsi ai rivali più accreditati. Infatti, l’anno precedente Federer è tornato a vincere (5 titoli) ma negli Slam si è dovuto accontentare di una finale e due semifinali, oltre alla sconfitta nei sedicesimi al Roland Garros con Gulbis. Tuttavia, se al momento c’è uno in grado di creare grattacapi al numero uno del mondo è proprio lui e nell’emirato si impone 6-3 7-5.

Per il resto, Nole è incontenibile. Dopo gli Australian Open, il serbo fa suoi quattro 1000 consecutivi (Indian Wells, Miami, Monte Carlo e Roma) e a Parigi diventa il secondo (e finora ultimo) giocatore capace di battere Nadal nel “campionato del mondo su terra rossa”. Lo spagnolo è nel suo anno orribile e le ripetute sconfitte sulla superficie di cui è stato il dominatore per l’intera carriera lo hanno fatto scivolare al 7° posto del ranking. Così, al Roland Garros Djokovic-Nadal arriva anzitempo (quarti) ma per tutti è una finale anticipata. Tutti tranne uno, uno svizzero dal rovescio incontenibile la cui vittoria all’Australian Open 2014 era stata frettolosamente archiviata alla stregua di un exploit irripetibile. Certo, perché Stan Wawrinka – classe 1985 – è esploso tardi. Basti pensare che lo Slam australiano è stato appena il quinto titolo in carriera e i quattro precedenti erano stati Umago, Casablanca, Chennai e Oeiras. Poi, anche grazie all’incontro con Magnus Norman, la trasformazione e la consapevolezza di potersi esprimere alla pari anche con i Fab Four; non sempre, forse, ma quel tanto che basta a cambiare l’inerzia di una carriera destinata altrimenti all’anonimato o quasi.

Quindi, Djokovic deve rimandare a giorni migliori il sogno di mettere le mani sull’unico Slam che gli manca ma la delusione ha vita breve e già a Wimbledon c’è modo di rifarsi, battendo Federer in finale dopo aver passato un brutto momento negli ottavi quando si è trovato sotto 0-2 con il sudafricano Kevin Anderson. Dai due esami sul cemento americano in preparazione allo US Open, per il numero uno arrivano due piccoli campanelli d’allarme perché prima Murray (a Montreal) e poi Federer (a Cincinnati) lo battono in finale ma nello Slam di New York il campione serbo torna “RoboNole” e Federer, sempre lui, deve accontentarsi di un set in finale.

A New York, Djokovic domina anche un pubblico completamente a suo sfavore

Nella trasferta cinese Djokovic ritocca i suoi record e chiude l’accoppiata Pechino-Shanghai con numeri impressionanti: vittorie/sconfitte 10-0; set vinti/persi 20-0; giochi vinti/persi 121-43 con un solo tie-break giocato. Finalmente, si fa per dire, a Bercy qualcuno capace di strappargli un set c’è (e chi se non lo stesso Wawrinka che, sempre a Parigi, gli aveva inflitto la delusione più grossa della stagione?) ma poi viene subito punito con un 6-0 nella frazione decisiva, mentre il giorno dopo Murray nell’atto conclusivo rimedia sei giochi. Così, quando Federer lo batte per la terza volta in stagione nel round-robin delle ATP Finals di Londra, è lecito pensare che il serbo stia accusando lo sforzo sostenuto nelle ultime settimane. Illusione. Battuto Berdych, Nole si qualifica per le semifinali e mette in riga Nadal e Federer, uno di seguito all’altro.

Il suo bilancio di fine 2015 è a dir poco irreale: 15 finali (consecutive) in 16 tornei disputati, di cui 11 vinte, e un record di 82-6 nei match giocati. A questo punto l’impresa di Karlovic a Doha assume valore doppio, se non triplo. Nell’ultimo ranking dell’anno il serbo ha quasi il doppio dei punti rispetto al più immediato inseguitore (16.585 contro 8.945 di Murray, mentre Federer è terzo a quota 8.265) e non è ancora finita. 

2016

Come se non si fosse mai fermato, Djokovic inaugura il 2016 con il titolo di Doha (dove si rivede Nadal, finalista sia pur strapazzato 6-1 6-2 dal rivale) e all’Australian Open colleziona il sesto titolo imponendosi negli ultimi due turni a Federer e Murray. Costretto al ritiro nei quarti a Dubai, dopo aver perso il primo set con Feliciano Lopez, a causa di un problema all’occhio destro, Djokovic centra per il terzo anno consecutivo (altro record assoluto) il cosiddetto Sunshine-Double, ovvero la doppietta Indian Wells-Miami. Il dominio del numero uno è quasi imbarazzante; dopo aver perso il primo set al debutto in California – contro Fratangelo – ne infila ben ventiquattro consecutivi e sia Raonic che Nishikori, nelle due finali, rimediano severe lezioni. Il 4 aprile 2016 Djokovic ha 16.540 punti, più del doppio rispetto a Murray (che ne ha 7.815), e l’unica volta che non ha raggiunto la finale negli ultimi venti tornei disputati si è ritirato.

Ecco perché, quando a Monte Carlo Jiri Vesely (n°55 ATP) lo batte in tre set, quasi si grida al miracolo. Vincitore del titolo juniores agli Australian Open 2011, il mancino ceco ha un best-ranking di n°35 al mondo ma fino a quel momento ha perso tutte le otto partite giocate contro Top-10. Chi pensa (e magari spera) che quello del Principato sia l’inizio di una possibile crisi del numero uno deve subito ricredersi perché tra Madrid e Roma arrivano altre due finali, entrambe contro Murray. Alla Caja Magica vince Djokovic, al Foro Italico (dove il serbo batte Nadal nei quarti) prevale invece lo scozzese, che ottiene la vittoria complessiva n°28 in carriera nei confronti del trio Djokovic-Federer-Nadal.

I primi due della classifica si ritrovano in finale al Roland Garros, laddove per il secondo anno consecutivo il padrone di casa Rafael Nadal è costretto alla resa. Questa volta, dopo due turni tranquilli contro Groth e Bagnis, il maiorchino si ritira dal torneo a causa di un infortunio al polso sinistro. Sconfitto l’anno precedente da Wawrinka, Djokovic non può sprecare un’altra opportunità e stavolta si impone a Murray in quattro set, dopo aver perso il primo. Per la prima volta dal 1969, un tennista detiene contemporaneamente i 4 titoli del Grande Slam. Non c’è altro da aggiungere. Anzi, sì. Il 2016 è anche l’anno olimpico e a Rio il serbo cerca l’apoteosi. Quello che troverà, invece, sarà oggetto della prossima puntata.

TABELLA SCONFITTE N.1 ATP – VENTICINQUESIMA PARTE

2014 DJOKOVIC, NOVAK TSONGA, JO-WILFRIED 26 26 CANADA OPEN H
2014 DJOKOVIC, NOVAK ROBREDO, TOMMY 67 57 CINCINNATI H
2014 DJOKOVIC, NOVAK NISHIKORI, KEI 46 61 67 36 US OPEN H
2014 DJOKOVIC, NOVAK FEDERER, ROGER 46 46 SHANGHAI H
2015 DJOKOVIC, NOVAK KARLOVIC, IVO 76 67 46 DOHA H
2015 DJOKOVIC, NOVAK FEDERER, ROGER 36 57 DUBAI H
2015 DJOKOVIC, NOVAK WAWRINKA, STAN 64 46 36 46 ROLAND GARROS C
2015 DJOKOVIC, NOVAK MURRAY, ANDY 46 64 36 CANADA OPEN H
2015 DJOKOVIC, NOVAK FEDERER, ROGER 67 36 CINCINNATI H
2015 DJOKOVIC, NOVAK FEDERER, ROGER 57 26 MASTERS H
2016 DJOKOVIC, NOVAK LOPEZ, FELICIANO 36 RIT. DUBAI H
2016 DJOKOVIC, NOVAK VESELY, JIRI 46 62 46 MONTE CARLO C
2016 DJOKOVIC, NOVAK MURRAY, ANDY 36 36 ROMA C

  1. Nastase e Newcombe
  2. Connors
  3. Borg e ancora Connors
  4. Bjorn Borg
  5. Da Borg a McEnroe
  6. Ivan Lendl
  7. McEnroe e il duello per la vetta con Lendl
  8. Le 157 settimane in vetta di Ivan Lendl
  9. Mats Wilander
  10. Lendl al tramonto e l’ultima semifinale a Wimbledon
  11. La prima volta in vetta di Edberg, Becker e Courier
  12. Sale sul trono Jim Courier
  13. Il biennio 1993-1994, da Jim Courier a Pete Sampras
  14. Agassi e Muster interrompono il dominio di Sampras
  15. La seconda parte del regno di Sampras, Rios re senza corona
  16. Moya, Rafter, Kafelnikov e Agassi nell’ultima fase del regno di Sampras
  17. Le 9 settimane di Marat Safin, le 43 di Guga Kuerten
  18. L’esplosione precoce di Lleyton Hewitt, gli ultimi fuochi di Agassi
  19. E alla fine arriva Federer
  20. 2006-07, il dominio di Federer con il ‘tarlo’ Nadal
  21. Lo storico sorpasso di Nadal su Federer nel 2008
  22. Altri due anni di duopolio Federer-Nadal
  23. Il duopolio è spezzato, Djokovic irrompe sulla scena
  24. Dal 2012 al 2014, Federer, Nadal e Djokovic si passano il trono