“Milanesi, popolo di tennisti”: in Lombardia aumentano le tessere FIT agonistiche
Non ci potrà essere il tennis sotto l’albero in zona rossa, nei giorni in cui sarà consentita solo la corsetta per smaltire gli eccessi a tavola. Ma la racchetta ha innegabilmente alleviato negli ultimi mesi il peso delle restrizioni, per tanti appassionati che hanno deciso di non mollare lo sport praticato in sicurezza. All’aperto, dove possibile, specie al Sud; anche se le temperature invernali non aiutano, pensando complessivamente alla Penisola.
L’espediente per tenere in vita il movimento, soprattutto dal punto di vista lavorativo, è stato quello di consentire l’attività al coperto nei circoli e nei centri sportivi ai tesserati agonisti FIT. Che, fisiologicamente, si sono moltiplicati. L’operazione è alla portata anche per il tennista della porta accanto: un centinaio di euro complessivi tra la tessera e la visita medico-sportiva di idoneità agonistica (gratuita dove è prevista convenzione con il servizio sanitario regionale). Così si diventa eleggibili per i tanti tornei nazionali a cui ci si può iscrivere, senza che poi sia effettivamente obbligatorio parteciparvi scendendo in campo.
Il Fatto Quotidiano nei giorni scorsi ha provato ad analizzare il fenomeno focalizzandosi sulla Lombardia in un articolo che parla di “Milanesi popolo di tennisti. Agonisti, per di più“. Secondo dati non ufficiali, a Milano e nelle altre province ci sarebbe stato un boom di tremila nuovi agonisti, con un benefit economico stimato in circa 100.000 euro di ricavi per il “sistema” tennis. La ratio della regola è anche, tra le righe, quella di tenere in vita il settore economico garantendo un introito a circoli e maestri. Quelli che di tennis ci vivono.
Enrico Cerutti, neo eletto presidente della FIT Lombardia, è stato intervistato sul tema da Il Tennis Italiano e ha espresso una posizione cauta. “Le cifre non le conosco – le sue parole – , andrò a controllarle nei prossimi giorni. Per quanto riguarda la sostanza ci sono due possibili approcci: nulla da dire dal punto di vista delle regole, è stata fatta una norma che va rispettata. Certo, ne ha approfittato anche chi in teoria non avrebbe dovuto, ma questo è un altro discorso…“.
“Il lato positivo è la visita agonistica a cui bisogna sottoporsi – ha proseguito Cerutti nella sua analisi -, consiste in esami molto scrupolosi e io, a 70 anni, non la passerei. Un modo per tutelare tutti, anche i presidenti dei circoli, altrimenti con un ‘liberi tutti’ la responsabilità sarebbe diventata personale e sarebbe ricaduta su di loro“. La questione rimane scivolosa sul piano interpretativo: “Se la norma prevede che per allenarsi e giocare si sia ‘partecipanti’ a un torneo, vuol dire che quel torneo si gioca ora e non tra tre mesi“. In questo senso la lista dei tornei ‘di interesse nazionale’ diramata dal CONI pone un freno agli eccessi, poiché la versione disponibile ad oggi include soltanto tornei la cui disputa è prevista nel 2020.
“È giusto che giocatori e presidenti conoscano i rischi che corrono” , conclude Cerutti, “le forze dell’ordine nell’effettuare i controlli devono verificare che chi gioca sia in possesso della tessera agonistica, ma non si possono incrociare i dati con quelli di tutti i tornei che si stanno effettuando“.