Rafa nel club dei millenari, da 18 anni sa solo vincere: “E non mi fermo certo qui” (Cocchi). Toni, zio coach: “Disordinato ma unico… Il mio orgoglio” (Gazzetta dello Sport)
Rafa nel club dei millenari, da 18 anni sa solo vincere: “E non mi fermo certo qui” (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)
Vincere mille partite. Mille, o 1000 se è più chiaro. Quadrupla cifra, per dirla in un altro modo ancora. Cose da fenomeni, da campioni leggendari, da atleti sovrumani. Traguardo alla portata di pochissimi. E tra questi, da oggi, c’è anche Rafael Nadal da Maiorca. Imperatore del Rosso, Re di Parigi per 13 volte. Il mancino ieri ha dovuto faticare contro l’amico del cuore Feliciano Lopez sul veloce indoor di Bercy per raggiungere la millesima vittoria di una straordinaria carriera. […] «È stato davvero molto complicato – ha detto dopo la partita – anche perché da tantissimo tempo non giocavo su questa superficie. Però mi sento molto più soddisfatto quando porto a casa match difficili e combattuti che non quando chiudo 6-3 6-3». La sponda parigina indoor non è mai stata ben digerita da Rafa, che non è ancora riuscito ad aggiungere alla sua collezione il titolo del Masters 1000 di fine stagione. Una motivazione in più per partire col piede giusto iscrivendosi al “club dei minenari”. Un circolo molto esclusivo e ristretto che, compreso lui, conta soltanto quattro giocatori. Bastano giusto giusto per un pokerino, ma sono tutti assi: oltre a Rafa, fanno parte del gruppo Jimmy Connors, Ivan Lendl e, ovviamente, l’amico e rivale di sempre Roger Federer. Il più alto in grado della compagnia è Connors, che in carriera ha vinto 1274 partite perdendone 283, con una percentuale di successo dell’81,82%. Meglio di lui ha fatto Federer che con 1242 match vinti e 271 persi ha una media dell’82,08. La statistica di Lendl dice 81,53% con 1068 successi contro 242 sconfitte. Ma è Nadal ad avere la percentuale più alta. Le sue 201 sconfitte a fronte di mille vittorie lo proiettano all’83,2 per cento. «Mille vittorie sono un numero che fa una certa impressione. Sono felice di aver fatto anche una piccola celebrazione in campo. Peccato che mancasse il pubblico. Ringrazio la mia famiglia, il mio team e tutti quelli che mi hanno accompagnato in questo lungo viaggio. Ogni vittoria è speciale, scendiamo in campo per questo. Ma non possiamo fermarci, è già ora di concentrarsi sulla 1001». Sono cifre incredibili, che raccontano di una vita passata sul campo. La prima tessera di questo incredibile mosaico risale al 2002, nella sua Maiorca. Rafa aveva appena 15 anni e 10 mesi. E nell’Atp 250 di casa aveva sorpreso, e battuto, il paraguaiano Ramon Delgado, che qualche giorno fa ha raccontato alla stampa del suo Paese come visse quella giornata. Essere battuto da un adolescente non deve essere stato piacevole, ma Delgado ha capito che in quel ragazzino mancino che picchiava forte c’era la scintilla del genio: «Mi ricordo la sua intensità nel gioco fin dall’inizio del match – è la sua testimonianza -. Mi aveva colpito come fosse sempre molto all’attacco e propositivo, e quanto continuasse a darsi la carica. Si capiva che in lui c’era qualcosa di speciale ma non avrei immaginato che avrebbe fatto la storia vincendo 13 volte il Roland Garros. Mi è capitato di incontrarlo qualche volta e scherzare con lui sul fatto che, grazie alla fiducia che gli ha dato vincere con me, poi è diventato una leggenda e quindi sarebbe carino condividere parte dei guadagni…». La voglia di lottare, di resistere e affrontare ogni difficoltà in campo e fuori, dove ha dovuto superare tanti troppi problemi fisici, è la caratteristica che ha fatto di Nadal il più grande combattente che il tennis abbia mai conosciuto. […]
Toni, zio coach: “Disordinato ma unico… Il mio orgoglio” (f.co., Gazzetta dello Sport)
Zio Toni c’era quella prima volta, e c’è stato sempre, centinaia di volte. Ieri sera il trionfo numero 1000 della sua creatura lo ha seguito dal divano di casa. […] Toni, sono passati 18 anni dalla prima vittoria Atp di Rafa. Se la ricorda? «Me la ricordo bene, me le ricordo tutte. Ma le prime sono speciali. Rafael (non lo chiamerà mai Rafa come noi comuni mortali, ndr) non aveva ancora 16 anni e superò uno esperto come Ramon Delgado. A nessuno piace perdere con un ragazzino, ma Rafael giocò davvero bene». E non ha più smesso di vincere. Cosa c’è di quel ragazzino nell’uomo maturo di adesso? «La voglia di lottare, di dare il massimo sempre. Tutti i giocatori vogliono vincere, ma alla fine ce la fa solo chi dei due in campo ne ha più desiderio. E mio nipote questo ce l’ha ancora». […] C’è un insegnamento che lei ha trasferito a Rafa di cui va particolarmente fiero? «Fin da bambino gli ho sempre detto di impegnarsi al massimo in allenamento. Colpendo sempre la palla al meglio possibile. Mai buttarla di là senza sentimento. Perché se ti impegni tanto in allenamento allora riesci ad alzare il tuo livello al massimo anche in gara». Pensa che potrebbe avvicinare il record di Connors? «Difficile. Per arrivare oltre le 1200 bisogna giocare tantissimi tornei, anche quelli meno importanti. E Rafael ormai gioca quasi esclusivamente i 1000 e gli Slam. E in quelli può vincere ancora. Soprattutto al Roland Garros. Però occhio ai giovani come Tsitsipas e Sinner, tra poco tocca a loro». Suo nipote in campo sembra una macchina da guerra, ma ci sveli il suo più grande difetto. «Fuori dal campo è sempre stato disordinatissimo. In partita invece qualche volta ha l’abitudine di complicarsi un po’ troppo la vita, ma sa anche tirarsi fuori dai guai altrettanto bene. In questo è davvero unico».