Podoroska da record: prima qualificata in semi al Roland Garros. Collins va ai quarti e alza la voce
L’estenuante martedì di questa seconda settimana del Roland Garros, dedicato allo svolgimento di ben cinque match sul Philippe Chatrier, si è aperto con le vittorie contro pronostico di Danielle Collins e Nadia Podoroska, che faranno il loro esordio rispettivamente ai quarti di finale e in semifinale dello Slam francese. Il match vinto da Collins era infatti il recupero dell’ottavo non disputato ieri contro Ons Jabeur, e la statunitense (che un quarto Slam l’ha già giocato e vinto lo scorso anno a Melbourne) si è guadagnata il derby con Sofia Kenin; Podoroska, argentina di 23 anni, farà invece il suo esordio assoluto in semifinale.
Si tratta di un traguardo storico per l’Argentina, che non arrivava così in fondo a Parigi dal 2004 (Paola Suarez perse in semi contro Dementieva), e più in generale di un risultato da record perché Podoroska viene dalle qualificazioni – e in Era Open mai nessuna qualificata era stata capace di spingersi in semifinale al Roland Garros. Finora era successo soltanto all’Australian Open grazie a Christine Dorey (nel 1978) e a Wimbledon per merito di Alexandra Stevenson (nel 1999).
DANIELLE, GRINTA E POLEMICA – “Ho appena vinto 6-4 al terzo set, e ancora non ho ricevuto da te una domanda sulla partita. Sono un po’ sconcertata“. Nel mezzo della sua conferenza stampa, un po’ stufa di dover rispondere a domande sulla presunta bolla parigina – spoiler: non c’è né doveva esserci, fidatevi del nostro inviato Vanni Gibertini – Danielle si è rivolta così alla giornalista del New York Times, sperando di interrompere lo stillicidio di domande non inerenti al tennis. “La gente che guarda lo sport cerca qualcosa con cui passare il tempo che non sia relativo al virus, che non sia politico. Non farò altri commenti sulla situazione nella bolla (ma abbiamo detto che non c’è una bolla, ndr), sui protocolli o su quello che succede a Parigi. Credo che questo evento stia portando positività ai giocatori e a chi lo guarda, e vorrei concentrarmi sul gran tennis che si sta giocando qui. Sul serio, queste domande sono piuttosto frivole“.
Nei fatti, è stata proprio questa personalità un po’ ‘bitchy‘ come direbbero in Florida (dove Danielle è cresciuta), a consentirle di prevalere sull’estro di Ons Jabeur. Certo, ha fatto la differenza anche la capacità di mettere grande peso sulla palla in condizioni di gioco in cui la palla proprio non cammina, ma Jabeur ha chiuso il match con un bilancio ampiamente positivo (42 vincenti e 30 errori): non sarebbe stato possibile batterla senza gestire meglio i momenti cruciali della partita. Qualcosina da recriminare, Jabeur, ce l’avrebbe anche, perché nel game che ha regalato a Collins la vittoria (si era sul 5-4 nel terzo set) ha commesso un doppio fallo sul 30-30 che ancora gronda sangue; l’ultimo quindici è stato invece una polaroid più o meno perfetta dei due stili di gioco, con Collins capace di mettere sulla riga una risposta in allungo e Jabeur, ingolosita dalla prospettiva di tirare il 43° vincente, a spedire sulla rete un missile col dritto.
NADIA, ORGOGLIO ALBICELESTE – Dev’essere un fatto curioso per Nadia Podoroska, che è nata a Rosario in Argentina ma eredita il cognome dai nonni ucraini, aver battuto (6-2 6-4) proprio una giocatrice ucraina – Elina Svitolina – per conquistare la prima semifinale Slam della sua carriera. In verità Nadia non parla una parola della lingua dei suoi antenati e fa base ad Alicante assieme al suo coach Juan Pablo Guzman, pur conservando un paio di membri del suo team in terra argentina (un fisioterapista e un trainer). La scelta di andare a vivere in Spagna è stata dei suoi genitori, che volevano consentirle l’accesso a un maggior numero di tornei. “In Sud America non abbiamo molti tornei ed è molto complicato giocare a tennis“, ha raccontato Nadia in conferenza.
Podoroska non era mai stata neanche vicina a entrare in top 100 (best ranking al numero 130) e tra qualche giorno farà addirittura irruzione in top 50, per dare la misura di quanto sia sorprendente il suo risultato. Eppure, a vederla giocare, ci si domanda come mai non abbia ottenuto prima risultati sulla terra battuta: sul rosso si muove che è una meraviglia, conosce i trucchi della superficie e gioca assai bene la palla corta, che su questi campi è più che un’arma letale. Elina Svitolina ha pagato la cronica difficoltà a spingere la palla, che ne fa un’eccellente ribattitrice ma la rende una giocatrice appena normale se deve essere lei a fare ritmo. Ogni inquadratura alle spalle di Elina ha tradito il suo sforzo sovrumano, ben poco produttivo, sintetizzato al meglio dalla statistica dei colpi vincenti (8) al cospetto degli errori non forzati (22).
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