Pronti, via: la bolla delle regole (Chinellato). Pella e Dellien esclusi: è bufera (Zanni). E’ Felix nel destino (Azzolini)
Pronti, via: la bolla delle regole (Davide Chinellato, La Gazzetta dello Sport)
Il tennis nella bolla di Flushing Meadows, ora che sono cominciate le partite, non sembra così diverso dal solito. Si lotta ancora sotto rete, ci si dà battaglia, si vince e si perde. In realtà è cambiato tutto, attorno ai due atleti sul cemento newyorkese. Il numero dei giudici, quello dei raccattapalle, i protocolli da seguire prima e dopo l’ingresso in campo. È il tennis nella bolla, quello senza tifosi che dal 31 agosto celebrerà il primo Slam post pandemia. Quello che da ieri osserva il Western e Southern, il Masters 1000 che normalmente si disputa a Cincinnati, e che in questo insolito 2020 è stato spostato nella Grande Mela, «accorpato» per ragioni di sicurezza agli US Open. Quello che ha bisogno dei Social Distance Ambassador, persone incaricate di vigilare sul rispetto del distanziamento sociale. «So che ci sono tanti nel mondo che pensano che non dovremmo giocare. E li capisco perfettamente – ha detto Novak Djokovic -. Penso però che ci siano anche tante persone felici di rivederci giocare». I giocatori sono a New York da Ferragosto. Il primo passo è stato superare due tamponi in 48 ore. Poi il protocollo prevede test per il Covid ogni 4 giorni. I giocatori alloggiano principalmente in hotel scelti dall’organizzazione: ognuno di loro ha due camere, e ogni stanza può contenere al massimo due ospiti. L’alternativa è una casa privata, dove sono ammesse anche le famiglie, con costi completamente a carico del giocatore. È una soluzione scelta da tre uomini e cinque donne, tra cui Djokovic, Viktoria Azarenka e Serena Williams. «Non volevo alloggiare negli hotel ufficiali perché ho problemi ai polmoni e sentivo che sarebbe stato un rischio troppo grande per me – ha spiegato la 38enne che a Flushing Meadows andrà a caccia del 24° slam della sua leggendaria carriera -. In casa mi sento più in controllo, anche perché non ci sono cameriere o simili. Avevo bisogno di stare mentalmente tranquilla da quel punto di vista per potermi concentrare sul campo». Al National Tennis Center le mascherine sono obbligatorie, tranne quando si gioca e si mangia (seduti a tavola). L’accesso agli spogliatoi, sanificati dopo ogni uso, è consentito ai soli giocatori. In campo niente giudici di linea, con l’occhio di falco usato come nella NextGen, ridotto il numero dei raccattapalle, i giocatori sono i soli a poter toccare l’asciugamano, che mettono su una colonnina a fondo campo. E ovviamente a fine partita niente abbracci e strette di mano. […]
Pella e Dellien esclusi: è bufera (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)
Non si placano le polemiche in seguito all’esclusione di Guido Pella e Hugo Dellien dal Wester e Southern Open che ha preso il via ieri nella bolla di Flushing Meadows a New York, e che farà da warm up, nello stesso impianto, per gli U.S. Open in programma dal 31 agosto. «In una Zoom call di poche settimane fa – ha sottolineato Novak Djokovic nella conference call di presentazione dei due tornei – dal capo medico dell’USTA siamo stati informati che se un giocatore non avesse condiviso la camera con coach, fisio o qualcuno del suo staff eventualmente trovato positivo al Covid-19, avrebbe potuto continuare a giocare. Una domanda che abbiamo posto un paio di volte. Ecco perché tanti giocatori, io compreso, sono rimasti sconvolti quando hanno visto il trattamento riservato a Pella e Dellien. Le cose sono cambiate molto in fretta. Forse non dipende dall’USTA, dall’ATP e dagli altri organismi, ma dal dipartimento della sanità di New York». Dopo l’attacco, Nole si è dovuto difendere negando fermamente di essere agli U.S. Open solo perché Rafa Nadal aveva deciso di restare a casa. «Non sono qui in seguito all’assenza di Rafa se è questo che la gente vuole sentire – la risposta piccata – avevo già deciso mesi fa. Non ero sicuro al cento per cento fino a quando non si sono chiariti alcuni aspetti a cominciare dall’esenzione dalla quarantena una volta rientrato in Europa, era cruciale». Ma non è tutto per Djokovic, infatti tantissimi fan sui social lo hanno definito ‘arrogante’ per aver scelto la residenza privata (dal costo di oltre 40.000 dollari) piuttosto che l’hotel-bolla creato dall’USTA: l’albergo, a dire del numero 1 al mondo, sarebbe stato troppo soffocante. […]
E’ Felix nel destino (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Nato nel giorno di Roger Federer, solo un po’ dopo, Felix Auger-Aliassime può convenire di non avere un cognome da titolo (il nome sì, però) ma è certo che il suo destino sia già scritto, da qualche parte. Forse nei muscoli che sono lunghi e forti, o nel cuore che ha già dovuto subire le necessarie riparazioni per via di un battito irregolare che si presentava di rado, ma sempre nei momenti meno opportuni. Di certo nel nome, un elogio alla spensieratezza consegnatogli da una famiglia formatasi in Canada, a Montreal, dove lui è cresciuto. L’animismo che fa da collettore alle molteplici religioni presenti nel Togo, il Paese di papà Sam, offre sotto questo aspetto molteplici possibilità, attribuendo proprietà spirituali alle realtà fisiche. Dunque Felix può starsene tranquillo, il seguito dell’avventura promette bene, gliel’hanno detto in tanti, compreso coach Mouratoglou che l’ha accolto nella sua Academy in Francia: vincerai degli Slam e sarai numero uno. Quanti, e quanto a lungo non si sa. «Non sono come mio padre. Lui ha l’estemporaneità di chi ha imparato a vivere giorno per giorno, come si fa in Togo, dove tutto può cambiare da un momento all’altro», racconta Felix. «Ha prevalso il carattere di mamma Marie nella mia formazione. È un’insegnante, sempre efficiente e attenta. Io sono come lei. Devo scrivermi giorno per giorno le cose da fare, e cerco di farle tutte. Tre ore di preparazione e tennis sul campo, un’ora di lettura, due di pianoforte. Mi stimola sapere che riesco a portare avanti i compiti che mi sono dato, ma per i consigli sul tennis ascolto mio padre». Vent’anni compiuti l’8 agosto, Felix inquadra al meglio alcune domande che questa ripartenza del tennis d’alto bordo porta inevitabilmente con sé. La prima, e più insolita, è se questo lungo periodo di “non tennis” abbia assorbito parte delle distanze fra il gruppo dei ragazzi all’inseguimento e quello dei giocatori più esperti e organizzati. La risposta al momento appare solo accennata, ma favorevole ai giovani. Il tedesco Struff ha stordito di pallate il ventunenne De Minaur, ma il pareggio è giunto dal diciannovenne Sebastian Korda, figlio d’arte sia per padre (Petr) sia per madre (Regina Marsikova), che ha preso il sopravvento su Gilles Simon non appena il francese ha esaurito i minuti immagazzinati con gli allenamenti dell’ultimo periodo. Lo stesso ha fatto Borna Coric con il francese Paire, che da quando ha capito di avere un buon talento, non gioca due palle allo stesso modo. Punizione severa, sei-zero, uno-zero e ritiro. Felix aveva invece il compito più arduo, dovendo tenere a bada le ansie scellerate di Nikolaz Basilashvili, il georgiano che vuole giocare da solo. Uno che colpisce tutto alla massima potenza, senza un perché, e il più delle volte finisce per battersi da solo. Subito sotto, Felix è stato bravo a non dare segnali di cedimento. Ha aspettato il suo momento e ha affondato il rivale non appena Basilashvili, con il quinto doppio fallo, ha auto-annullato il punto del 5-3. Da lì s’è visto in campo solo il canadese. Prossimo avversario il vincente tra Lorenzo Sonego e Teenys Sandgren. «Sono uscito bene da questo lungo stop», fa sapere Felix. «Sono rimasto due mesi a Montreal, allenandomi come se non ci fosse un domani. I miei, oggi separati, si sono ricongiunti in quelle settimane per starmi vicino».