Nei dintorni di Djokovic: Davor Grgic, il ragazzino croato che batté Roger Federer
Sono cinque i tennisti croati che a livello ATP possono vantarsi di aver battuto Roger Federer almeno una volta nella loro carriera. In ordine strettamente cronologico: Ivan Ljubicic, Mario Ancic, Ivo Karlovic, Marin Cilic e Borna Coric.
Quello con più “tacche” sul manico della racchetta è proprio l’attuale allenatore di FedExpress, Ivan Ljubičić, che per ben tre volte da giocatore ha stretto la mano da vincitore, a fine partita, al suo attuale allievo. A dire il vero, tutte e tre le vittorie del 41enne originario di Banja Luka sono state ottenute agli albori della carriera di Roger, tra il 2001 e il 2003. Quando non era ancora The Swiss Maestro, insomma. Sebbene l’ultima, ottenuta proprio a casa di Federer, a Basilea, arrivò proprio quando stava iniziando a diventarlo, dato che il 24enne “Ljubo” – anche lui in ascesa in quel periodo – si impose nell’occasione per 6-4 al terzo su un Roger 22enne, testa di serie n. 2, che aveva appena trionfato per la prima volta a Wimbledon e qualche settimana dopo avrebbe vinto il suo primo titolo di “Maestro” alla ATP Master Cup di Houston. Da quel momento in poi, dieci vittorie di fila per Federer, per uno score complessivo di 13-3 a suo favore. Vittorie non tutte facili però: basterà ricordare la finale di Rotterdam del 2005 in cui si impose per 7-6 al terzo, sconfitta di cui solo un anno fa Ljubicic ancora si rammaricava.
Mario Ancic vinse invece la prima sfida con Federer, il match al primo turno di Wimbledon 2002, al quale Roger si presentò con tutte le luci dei riflettori puntate addosso, dopo che l’anno prima – ancora teenager – aveva battuto Sampras negli ottavi, nel match che nell’immaginario collettivo rappresenta il passaggio di consegne tra i due fuoriclasse che più di tutti hanno dominato sull’erba londinese. Poi negli altri sei incontri (di cui quattro a livello Slam, due al Roland Garros e due a Wimbledon) lo sfortunato tennista di Spalato – che praticamente non si riprenderà mai più del tutto alla mononucleosi contratta all’inizio del 2007, dopo che l’anno prima era entrato in top 10, costringendolo al ritiro quattro anni dopo, a soli 26 anni – racimolò solo un misero set.
Ivo Karlovic tempo fa ha ammesso che “Senza tie-break posso battere Federer solo in una rissa“ , e infatti l’unica vittoria in 14 sfide contro il fenomeno di Basilea l’ha ottenuta al Masters 1000 di Cincinnati del 2008, imponendosi nei tie-break del primo e del terzo set. Nei sette incontri successivi Ivo ha perso non solo le partite, ma anche tutti e sette i tie-break disputati (e ha vinto solo un set).
Curiosamente, sinora abbiamo citato tutti i protagonisti della vittoria croata in Davis nel 2005, dato che Ljubicic e Ancic furono i titolari indiscussi, sia in singolo che in doppio, di quella trionfale cavalcata, e Karlovic scese in campo (seppure a risultato acquisito) nella semifinale contro la Russia.
Della rosa dei vincitori, manca però un nome. Nonostante si fosse ritirato da un anno, Goran Ivanisevic fu convocato per la finale di quella Davis perché potesse mettere in bacheca la riproduzione in scala dell’insalatiera che l’ITF consegna ai vincitori della manifestazione. Ecco, a differenza dei sopra citati, il più forte giocatore croato della storia non ha mai battuto Federer, sebbene l’abbia affrontato in due occasioni quando lo svizzero era ancora un teenager. C’è però da dire, a onor del vero, che in quel periodo Goran era già entrato nella parabola discendente della sua carriera.
Curioso comunque notare come con la prima vittoria, allo AXA Open di Londra nel febbraio 2000, il 18enne Federer scavalcò definitivamente in classifica il 28enne Ivanisevic (passò da n. 66 a n. 58, il croato da n. 61 scese a n. 65), entrando poco dopo nella top 50, dalla quale Goran invece era già uscito a novembre dell’anno prima. La seconda si svolse un anno dopo nei quarti del Milano Indoor, il primo torneo ATP vinto da Federer, dove Ivanisevic aveva ricevuto una wild card. Esattamente come sarebbe successo qualche mese dopo a Wimbledon, dove il tennista spalatino avrebbe realizzato una delle imprese più incredibili della storia del tennis: vincere i Championships da wild card. Un’impresa in qualche modo favorita dal ragazzino svizzero, che aveva eliminato la ‘nemesi’ londinese di Ivanisevic, Pete Sampras, che per ben due volte aveva stoppato i sogni di gloria del croato a un passo dal traguardo, nelle finali del 1994 e, soprattutto, del 1998 (oltre alla semifinale del 1995).
Nel ripercorrere le vittorie dei tennisti croati su Federer, continuiamo a seguire il fil rouge dei trionfi Davis della nazione balcanica, passando ai protagonisti di quella del 2018, Cilic e Coric. Partità più, partita meno, Marin Cilic si ritrova allo stesso livello di Ancic e Karlovic: una sola vittoria negli head to head, nel suo caso in dieci sfide con The Swiss Maestro. Sebbene quell’unico trionfo sia particolarmente dolce da ricordare per il tennista di Medjugorje e per il tennis croato in generale: era la semifinale dello US Open 2014, che lo avrebbe poi visto trionfare in finale su Nishikori, per il secondo Slam vinto da un tennista croato nel singolare maschile. Meno piacevoli per Marin i ricordi degli altri tre big match giocati tra i due: in particolare i quarti di Wimbledon 2016, dove Federer rimontò due set di svantaggio annullando tre set point nel quarto. Anche le due finali Slam – quella dell’anno successivo a Londra, dove le vesciche di fatto gli impedirono di competere, e quella di Melbourne nel 2018 , dove crollò nel quinto dopo aver rimontato due set di svantaggio – non sono proprio il massimo, ma saranno comunque tra le prime cose che Marin racconterà al piccolo Baldo quando gli spiegherà che lavoro fa il papà e fin dove è arrivato.
L’altro grande protagonista della conquista dell’insalatiera di due anni fa è Borna Coric, che è anche quello messo meglio di tutti negli scontri contro la leggenda svizzera. Noblesse oblige, è ovviamente in svantaggio anche lui, ma con un onorevole 2-4, impreziosito dal fatto che una delle due vittorie l’ha conquistata in uno dei ‘giardini di casa’ di Federer, quel Gerry Weber Open di Halle che Roger ha vinto per ben dieci volte. Nel 2018, al primo tentativo di conquistare la ‘Decima’, Federer fu però sconfitto in finale proprio dal giovane croato.
GLI ALTRI FORTUNATI
Ma i cinque campioni – tre top 10, due top 15 – citati non sono gli unici tennisti croati a poter vantare di aver battuto il giocatore che ha conquistato più titoli Slam in singolare nel storia del tennis maschile, sebbene siano gli unici contemplati dalle statistiche ATP, che non considerano i match a livello Futures e, ovviamente, a livello juniores. È già noto agli appassionati il nome di Ivan Vajda, che sconfisse un Federer 16enne in un torneo satellite (l’equivalente degli attuali Futures) a Uster, in Svizzera, nel 1997. Vajda era all’epoca un 19enne di belle speranze, ma non avrebbe mantenuto le promesse: per lui un best ranking n. 223, una semifinale Challenger in carriera e solo un paio di sconfitte al primo turno al Croatian Open di Umago a livello ATP (una con Carlos Moya e l’altra con il compianto Federico Luzzi). Ritiratosi nel 2003, ha aperto a Zagabria un’accademia per giovani tennisti.
In Croazia però, da diverso tempo, circolava con insistenza la voce che in realtà non fosse Vajda il primo croato ad aver battuto Federer. Così, cogliendo l’occasione del “Croatian Premier Tennis” di Osijek, primo torneo disputato in Croazia dopo il lockdown, il sito d’informazione croato 24sata.hr ha intervistato colui che sembra essere a tutti gli effetti il vero detentore del primato e che vive proprio nel capoluogo della regione croata di Osijek e della Baranja, sua città natale. Stiamo parlando di Davor Grgic, ex promessa croata a livello juniores, che ha abbandonato molto presto il tennis agonistico per intraprendere la carriera di allenatore.
Davor svolge la sua attività proprio ad Osijek, dove ha seguito – e ne parleremo in seguito – anche una sua concittadina ora in cima alle classifiche mondiali, l’attuale n. 24 del mondo Donna Vekic. Ma tornando a Federer e a quella vittoria, si tratta di qualcosa di cui Davor non ama vantarsi. “In realtà, non mi piace affatto parlarne o evidenziarla. Non so esattamente perché, forse perché Federer oggi è quello che tutti sappiamo, una vera leggenda, mentre io sono un uomo normale che vive in una piccola città. Siamo come il cielo e la terra. Però sì, l’ho battuto. E questo nel nostro primo scontro diretto, dei tre disputati in totale. Fu negli Stati Uniti, alla Sunshine Cup under 14. Ricordo anche il risultato, finì 6-4 6-4. A quei tempi ero tra i primi sei under 14 a livello europeo. Poi ci siamo incontrati in un torneo under 16 da qualche parte in Francia, credo a Lille, era una semifinale e c’era il pubblico. E mi ricordo che proprio per questo ero molto teso e vinse lui, credo 7-5 6-3. L’ultima partita, forse quella che è più realistico prendere in considerazione per parlare di lui e l’unica di cui immagino si sappia (in effetti è l’unica che si può trovare negli annali della ITF, ndr), l’abbiamo giocata a Milano al Bonfiglio, un torneo che è considerato ufficiosamente un campionato del mondo under 18. Roger mi batté 6-1 3-6 6-2″.
Era la seconda metà degli anni Novanta. Roger era ben lontano da diventare l’iconico RF e lui e Davor erano semplicemente due adolescenti che condividevano gli stessi sogni su un campo da tennis. Tanto che in quel periodo non erano solo avversari in campo, ma si frequentavano anche fuori. “Eravamo buoni amici. Il mio allenatore di allora, neozelandese, e il suo, australiano (Peter Carter, scomparso prematuramente a 38 anni, ndr), si conoscevano ed ero spesso con lui in viaggio. Siamo usciti spesso insieme. Ci sentivamo anche al telefono, ma poi quando è entrato nella top ten, ha cambiato numero e da allora non ci siamo più sentiti. Certo, avremmo potuto vederci l’anno scorso in Australia quando ero lì, ma non volevo disturbarlo. Ripeto, non sono uno che vuole farsi notare e poi chissà se si sarebbe ricordato di me”. Per quanto vale, avendo sentito tante volte il fuoriclasse svizzero ricordare perfettamente partite giocate ad inizio carriera ed anche da junior, chi scrive non ha dubbi: Federer se ne sarebbe ricordato benissimo.
Con Davor ci sarebbe anche l’opportunità di confermare la natura (giovanile) ribelle del giovane Federer, ma il suo vecchio amico glissa e si sofferma invece sullo svizzero fuori dal campo, confermando quello che già si sapeva: senza la racchetta in mano, il “Rogi” teenager era completamente diverso. “Era uno molto alla mano, rilassato, giocoso. Praticava anche altri sport, dal cricket ad alcuni di cui all’epoca non conoscevo nemmeno il nome, e penso che sia per questo che ha sviluppato una tale gamma di abilità. Mentre gli altri si allenavano “trecento” ore a settimana, lui diversificava“.
LA CARRIERA DI DAVOR
Proprio dopo l’ultima partita contro Roger, il 16enne Grgic ottiene il suo miglior risultato a livello di Slam juniores arrivando negli ottavi al Roland Garros, dopo aver superato le qualificazioni. “In quel periodo feci un bel salto. Raggiunsi la 24esima posizione nella classifica ITF juniores.” Sembra proprio che in quell’estate del 1997 Davor stia per spiccare il volo. Rientrato da Parigi, la settimana successiva vince il suo primo torneo ITF juniores, gli Internazionali juniores di Croazia ad Umago. Ma in realtà il volo è già finito: la vittoria in patria resterà l’unica del suo palmarès, poiché da quel momento cominciano i problemi.
“Mi infortunai al polso destro a causa del troppo allenamento e il recupero fu terribilmente difficile. Le aspettative erano alte, io stesso mi ero prefissato degli obiettivi ambiziosi, ma il mio sviluppo fisico e la mia maturazione non andavano di pari passo”. Una volta rientrato, Grgic inizia ad alternare l’attività juniores a quella a livello professionistico ITF, ma i problemi non sono finiti, anzi. “Ci furono poi i problemi in Germania, dove mi allenavo dall’età di 14 anni e dove avevo ottenuto un contratto di sponsorizzazione di sette anni dalla Gerry Weber (l’azienda tedesca di abbigliamento, main sponsor del torneo ATP di Halle, ndr), risolvendo così le preoccupazioni finanziarie dei miei genitori. L’accademia dove mi allenavo andò in rovina e così dopo quattro anni, proprio nel momento peggiore, dovetti tornare in Croazia”.
Davor continua a dividersi tra attività juniores e “pro” anche nel 1998, ma capisce molto presto che le cose non vanno per il verso giusto. Dopo i problemi personali arrivano quelli tecnici, derivanti dalle difficoltà di adattamento al passaggio da juniores a professionista, ma soprattutto ai cambiamenti che si stavano verificando nel gioco in quegli anni. E che lo stop forzato – a suo dire – non gli diede la possibilità di metabolizzare. “Il tennis in quel periodo stava cambiando drasticamente dal punto di vista della velocità di gioco e mentre altri, come Federer, svilupparono il loro gioco di conseguenza, io mi ritrovai all’improvviso in difficoltà sul campo. Ricordo una partita di doppio contro Fernando Gonzalez, che avevo battuto a Wimbledon juniores quando era seconda testa di serie: a rete mi sono sentito come un formaggio svizzero”.
Diventato maggiorenne (è nato il 25 aprile del 1981), ci prova ancora per un paio d’anni, tra il 1999 e il 2000. A settembre del 1999 raggiunge il suo best ranking, n. 845, ma l’anno dopo, quando a cavallo tra la primavera e l’estate colleziona quattro sconfitte di fila al primo turno, capisce che il treno ormai è passato. “Ero rimasto indietro in quello sviluppo, e ho realizzato in poco tempo che non aveva più senso continuare. Ho giocato ancora un po’ nei campionati a squadre, ma solo per un breve periodo: molto presto mi sono dedicato alla carriera di allenatore, iniziando a fare subito esperienza”.
Nonostante la brevissima carriera da professionista, Grgic può comunque vantare qualche head to head eccellente anche a quel livello, come Baghdatis e Ferrero. “Non sapevo nemmeno di avere battuto Baghdatis, fino a quando qualcuno non me l’ha detto una volta, ovviamente da qualche parte a Cipro. Ho anche giocato contro Juan Carlos Ferrero, poco prima che si concludesse la mia esperienza in Germania, perdendo in tre set. Sei mesi dopo è entrato nella top 50 e ricordo che ci siamo chiesti tutti come fosse possibile. Fino a ieri era lì con noi ed ora giocava nei grandi tornei”. Dobbiamo segnalare che qui i ricordi di Grgic non sono del tutto precisi. I due risultati sono confermati, sia la vittoria contro un 14enne Baghdatis, al primo turno di un Future a Nicosia nel novembre 1999, sia la sconfitta contro “Mosquito” per 6-4 3-6 6-3, nel torneo satellite di Cacais, in Portogallo, nell’autunno 1997. L’esplosione del giocatore spagnolo avvenne due anni dopo quel match, quando entrò nella top 100 a metà 1999 e nella top 50 circa tre mesi dopo. Seppur non collocata esattamente nel cassetto dei ricordi, l’osservazione di Davor ai tempi ci poteva stare, considerando che prima dei suoi diciannove anni (è nato il 12 febbraio del 1980), il vincitore del Roland Garros 2003 non si era mai nemmeno avvicinato alla 300esima posizione del ranking.
Navigando tra i risultati di Grgic abbiamo trovato un’altra piccola curiosità: a chiudere nel 2000 la sua carriera agonistica – sconfiggendolo per 6-3 6-3 al primo turno di un Future a Skopije, in Macedonia – fu proprio quell’Ivan Vajda di cui parlavamo all’inizio. Anche se in quell’inizio estate del 2000 nessuno dei due avrebbe immaginato che l’aver sconfitto anni prima quel talentuoso svizzero
– con cui Davor forse si sentiva ancora al telefono – sarebbe potuto diventare motivo di incredibile vanto per entrambi.
A proposito, diamo a Vajda quel che è di Vajda (non ci addenteremo in questioni antroponimiche e sorvoleremo sul fatto che il cognome sia lo stesso del coach di Djokovic, però nomen omen, dicevano i latini…), evidenziando come quella vittoria gli permetta comunque di fregiarsi di due primati in patria. È infatti comunque lui il primo ad aver battuto Federer a livello professionistico e, soprattutto, è l’unico croato in vantaggio negli scontri diretti con il fenomeno di Basilea. Una curiosità nella curiosità: mentre i due si sfidavano in Macedonia, il 18enne Federer aveva iniziato la terza settimana consecutiva nei top 40. Ci era entrato infatti il 12 giugno 2000, grazie agli ottavi raggiunti al Roland Garros. Non è ancora uscito. E sono passati più di vent’anni…
ORA COACH
Come dicevamo, Davor è passato presto dall’altra parte della rete, a insegnare tennis invece di giocarlo. Tra i suoi allievi il nome più famoso è quello di Donna Vekic, anche lei originaria di Osijek. “Abbiamo lavorato insieme da quando Donna aveva nove anni fino ai dodici, e poi di nuovo dopo l’interruzione della sua collaborazione con David Felgate. Ha vinto il suo primo titolo WTA con lui nel 2014 a Birmingham e un anno dopo, nei tre mesi in cui ho collaborato con lei, ha raggiunto la finale di Tashkent. In quel periodo ci siamo allenati molto bene e mentre io aiutavo lei, lei ha aiutato me: perché mi ha permesso di dimostrare qualcosa a me stesso“.
Oggi le priorità di Davor Grgic sono la famiglia e crescere giovani talenti. Ma quest’ultima non è solo una priorità perché quella di allenatore è la sua professione, ma anche e soprattutto perché è qualcosa che lo gratifica. “Sono coinvolto in una bella iniziativa, un progetto, insieme al mio amico italiano Luca Appino che ha fondato Tennis Talents (Appino, tennis coach e talent scout – quando lavorava per Babolat mise sotto contratto, tra gli altri, il 14enne Rafa Nadal – ha fondato diversi anni fa questa accademia e il relativo metodo Tennis Talent, con l’obiettivo di scoprire talenti e aiutare a crescere giocatori di ogni livello, ndr) e seguo la sede croata qui ad Osijek. Sono già sette anni che collaboriamo e la mia soddisfazione più grande è vedere il sorriso di un bambino e il suo desiderio di tornare ad allenarsi. I bambini sono fondamentali per noi, dobbiamo garantire loro un processo di sviluppo di qualità fin dalla più tenera età, e mi piacerebbe davvero avere un supporto maggiore e migliore da parte delle istituzioni”.
Ma se ci fosse di nuovo la possibilità di lavorare con un professionista, come è accaduto con Donna, Davor ci farebbe un pensierino a tornare nel Tour? “Sì lo farei. Mi piacerebbe lavorare con qualcuno che dà tutto se stesso perché sia il giocatore che l’allenatore devono sacrificarsi. Un giocatore ha successo quanto il team che lo supporta. Lo scorso anno ho collaborato per un breve periodo con Bernarda Pera (la 26enne tennista statunitense, attuale n. 61 del ranking, è originaria della Croazia, ndr), ma poi non abbiamo proseguito. Per poter lavorare con i professionisti loro devono volerlo veramente. La motivazione non sarebbe il denaro, perché la mia motivazione più grande, qui, è il sorriso di un bambino”.
E chissà se in quel sorriso Davor non cerchi di ritrovare un frammento di quel sorriso che tanti fa accompagnò un bambino di Osijek dopo aver battuto un suo coetaneo svizzero. Forse no, a giudicare dalle sue parole il tempo dei rimpianti è passato. Piuttosto, da coach, può essere invece che cerchi di trovare un frammento del sorriso di quel ragazzo svizzero che lui conosceva bene. Con la speranza che proprio quel frammento racchiuda il mistero di quella cosa che chiamiamo talento. E magari la prossima volta sarà un ragazzino di Osijek, che sorrideva quando andava ad allenarsi, a cambiare il numero del cellulare perché è diventato un top ten…