Tanti auguri a ‘Bisteccone’ Galeazzi, cantore inimitabile del tennis e dello sport italiano
È tradizione di Ubitennis ricordare i grandi campioni e le campionesse del nostro sport nel giorno del compleanno, con articoli o piccole flash che ne ripercorrono la carriera. Questa volta abbiamo voluto omaggiare con un’intervista uno dei giornalisti sportivi italiani che più è entrato nel cuore degli appassionati grazie alle sue telecronache ricche di pathos e di passione.
Parliamo di Giampiero Galeazzi, nato a Roma il 18 maggio 1946, che oggi compie 74 anni. Giampiero, una vita in Rai, viene spesso ricordato per il racconto delle medaglia d’oro dei fratelli Abbagnale alle Olimpiadi di Seul o per quelle di Beniamino Bonomi e Antonio Rossi a Sydney, ma nella sua carriera è stato anche inviato sui campi di calcio per La Domenica Sportiva e 90° minuto e voce del tennis italiano prima come spalla di Guido Oddo e poi da solo.
Con l’obiettivo di ripercorrerne la carriera e conoscerlo meglio anche nel privato abbiamo realizzato un’intervista di cui vi proponiamo qui l’audio integrale.
Di seguito un’ampia trascrizione di quello che ci ha raccontato Giampiero, con le indicazioni dei minuti in cui l’argomento è stato trattato.
GRANDE CANOTTIERE, IL CRUCCIO DI MESSICO ’68 (Primi 3 minuti) – Giampiero si dichiara disponibile, ma il “dai, ho 10 minuti liberi” prima di iniziare ci fa pensare che abbia semplicemente voglia di togliersi il pensiero. Le cose sembrano peggiorare quando gli chiediamo se possiamo dargli del “tu” e ci risponde “no, meglio il Lei”. Cala un po’ di gelo, passano venti secondi e viene fuori il vero Galeazzi. “Stavo scherzando, puoi darmi del tu”: l’intervista comincia e anzi alla fine Giampiero ci confesserà di aver accettato con molto piacere la proposta, nonostante il suo interlocutore – il sottoscritto – non lo conoscesse.
Si parte dal Galeazzi canottiere di buon livello (con la Canottieri Roma, ndr), campione italiano nel singolo nel ’67 e nel doppio con Giuliano Spingardi nel ’68, anno nel quale mancò la qualificazione alle Olimpiadi di Città del Messico. E Giampiero fa capire che quello è uno dei suoi crucci più grandi: “La qualificazione non solo era meritata ma era praticamente cosa fatta. Solo che il canottaggio allora era considerato uno sport figlio di un Dio minore. Partirono ben 171 atleti e noi del canottaggio pagammo per tutti perché furono esclusi quelli quelli dell’otto, del doppio e del “4 con” e credo sia stata una grandissima ingiustizia. Mentre gli altri sport portarono anche gli infortunati e le fidanzate”.
E’ palese che Giampiero, sia pure a distanza di anni, non sia ancora riuscito a passarci sopra. Del resto, come dargli torto? Anche il padre Rino era stato campione di canottaggio (oro europeo nel ’32) e Galeazzi ne traccia un breve ricordo: “Lo sport era nel sangue della famiglia Galeazzi, io ho sempre vissuto questa conflittualità con mio padre che era stato un grande campione e che a un certo punto si trasformò anche nel mio allenatore. Perché il suo hobby principale era diventato far l’allenatore di canottaggio, mentre il suo lavoro era quello di funzionario dell’Acea (l’azienda municipalizzata romana fornitrice dell’energia elettrica, ndr)”.
Per capire quanto Giampiero e il padre abbiano fatto la storia del Circolo Canottieri Roma va detto che in occasione dello scorso compleanno di Galeazzi lo stesso circolo gli ha organizzato una festa, dedicando a lui e al padre uno dei galleggianti del circolo.
L’ENTRATA IN RAI, LA NASCITA DI “BISTECCONE”, GLI INIZI AL FORO ITALICO (dal 3° al 6° minuto) – Giampiero entra in Rai agli inizi degli anni ’70 dopo la laurea in economia e una esperienza lavorativa a Torino che però non lo aveva soddisfatto. Proprio in quell’occasione nasce il soprannome “Bisteccone”. “In Rai mi portò un amico che già ci lavorava e Gilberto Evangelisti mi diede questo soprannome. Bisteccone in romano indica un ragazzo giovane alto, forte, che vive la vita. Appena mi videro in compagnia del mio amico gli chiesero… e chi è ‘sto bisteccone?”.
Arriva così la prima Olimpiade da giornalista (Monaco ’72) nella quale Giampiero per una casualità esordisce anche come telecronista proprio con il canottaggio e poi inizia la sua esperienza al Foro Italico come spalla di Guido Oddo.
GUIDO ODDO, L’EPOCA D’ORO DEL TENNIS ITALIANO E LA VITTORIA IN CILE TRA LE POLEMICHE (dal minuto 7 al minuto 13) – Che tipo era Guido Oddo?
. “Dopo gli inizi alla radio passai alla televisione e conobbi prima Guglielmo Moretti e poi Guido Oddo. Oddo era una persona molto corretta, un signore di campagna a cui piaceva la musica lirica, la bella vita, le belle cose..”.
Davvero Oddo ti faceva iniziare le telecronache al Foro perché lui amava andare a Fregene per abbronzarsi prima di raggiungerti?
Giampiero conferma: “Non era proprio così, ma lui vedeva a che ora poteva rientrare per permettersi di prendere un po’ di sole. Era uno attento al vestiario, al peso, uno dei primi personaggi televisivi degli anni ’50-’60”.
Come è stato vivere da vicino l’epoca d’oro del tennis italiano?:
“Beh, essere nella “buca” (lo spazio dietro ai tennisti del vecchio Centrale del Foro dove si sedevano gli allenatori e i membri del clan dei giocatori) mi ha consentito di respirare la vera atmosfera del tennis. Quello era il regno di Belardinelli, c’era un continuo gioco di sguardi, si era superstiziosi, si viveva un super agonismo, quella è stata la vera scuola dove ho appresso cosa fosse veramente il tennis”.
Giampiero traccia un rapido profilo dei quattro uomini d’oro del tennis italiano dell’epoca ma soprattutto riconosce i meriti di Pietrangeli nel voler a tutti i costi giocare la finale in Cile: “Quella era la squadra di Belardinelli, il merito di Pietrangeli fu quello di andare contro tutto e tutti e portarci in Cile per la finale dove nessuno voleva andare. Era diventata una finale politica. Lui fu bravissimo a tenere il punto, sapeva di avere una squadra che poteva vincere la Coppa, che non era riuscito a vincere da giocatore. La Rai non ci mandò in Cile, fece un compromesso, facevamo le telecronache dall’Italia in differita”.
IL RICORDO DI BITTI BERGAMO, LE ALTRE 3 FINALI, IL PASSAGGIO DI CONSEGNE (dal minuto 13 al minuto 16) – Cosa ci dici di ‘Bitti’ Bergamo che sostituì (tra mille polemiche) sulla panchina azzurra Pietrangeli e che purtroppo perì in un tragico incidente stradale? Ricordiamo il tuo collegamento in studio con lo stesso Pietrangeli che scoppiò in lacrime. “Una gran brava persona, un ex giocatore dal tratto aristocratico. Si faceva ben volere da tutti. Perse una sola volta la testa, a Varsavia, quando nel singolare tra Barazzutti e Fibak il polacco cancellò volutamente un passante vincente di Barazzutti. Disse, questo non è uno sportivo, è una gran brutta persona (questo è un episodio riportato a suo tempo nel pezzo dedicato proprio a Bitti Bergamo, ndr).”
Giampiero poi descrive le altre finali giocate e perse da quella nazionale, soffermandosi soprattutto sull’atmosfera calda di Praga e ricorda velocemente i giocatori che si sono succeduti dopo quegli anni in Davis, mai capaci di andare oltre i quarti in un uno Slam.
IL CRUCCIO PIU’ GRANDE E LE TRASFERTE INFERNALI DELLA DAVIS (dal minuto 16 al minuto 19) – “Non aver mai potuto commentare un italiano vincitore in uno Slam è stato il mio cruccio più grande. Ho commentato il tennis per 30 anni e non ho mai avuto questa fortuna. Nel ’76 vidi Panatta vincere Parigi ma non c’erano le telecronache”.
Poi si passa alle trasferte infernali di Coppa Davis: “Ho fatto trasferte durissime, tipo a Calcutta (contro l’India)…”.
E se ti dico Maceiò? (trasferta del ’92 in Brasile in un ambiente a dir poco ostile)..
E qui Giampiero parte lancia in resta:”Ho vissuto un inferno, ore e ore sotto il sole. Le sabbie mobili del campo, il pubblico che non conosceva nemmeno il regolamento, i crampi di Pescosolido, la voleé sulla rete sbagliata da Nargiso nel doppio. Insomma, se tu mi chiedi qual è stato in tanti anni il momento più difficile della mia carriera, sicuramente Maceiò. Lì ho veramente fatto un’esperienza che ha arricchito tantissimo la mia professione”.
Galeazzi è un fiume in piena, una lucidità che fa spavento nel ricordare tanti piccoli aneddoti, e pazienza se gli sfugge qualche nome.
A pagina due, i ricordi del tennis internazionale e le dediche a Ubaldo e Rino Tommasi