Video intervista all’oriundo che giocò da azzurro in Davis e scovò Bjorn Borg
Almeno due storie sarebbero incomplete senza citare Martin Mulligan (o Martino, come all’epoca lo chiamava Gianni Clerici), australiano di nascita ma anche italiano di passaporto: la storia degli Internazionali d’Italia, vinti da Mulligan tre volte (ogni due anni) a partire dal 1963, e la storia del marchio Fila che Mulligan ‘scelse’ a scapito di Diadora nel 1973. Già ritiratosi dalle competizioni, lavorava per Diadora promuovendone le scarpe da tennis e per Fila promuovendone i completini. A un certo punto i due marchi iniziarono a produrre ciò che prima non producevano e Mulligan fu costretto a scegliere: come detto scelse Fila, per seguire il cui mercato statunitense si trasferì a San Francisco – dove vive tuttora, e ancora collabora con il marchio sportivo nato a Biella nel 1923.
Abbiamo detto ‘almeno’ due storie, perché l’ex tennista nato a Marrickville quasi ottant’anni fa (li compirà il 18 ottobre) occupa un posto di primo piano anche nel secondo Grande Slam della storia del tennis, realizzato in era pre-Open da Rod Laver (che avrebbe poi bissato nel 1969). Non solo Mulligan è stato uno dei quattro tennisti sconfitti dal suo connazionale in finale, a Wimbledon (con la regina Elisabetta per la prima volta sugli spalti!), ma nello Slam precedente era arrivato a un centimetro dal fermarne la corsa: sul 5-4 30-40 del quarto set, in risposta a una seconda di servizio molto coraggiosa di Laver, Martino scelse di passare lungolinea come aveva fatto per quasi tutto il match e si ritrovò a osservare una volée incrociata vincente. Mulligan avrebbe perso 10-8 quel set, senza poter giocare altri match point, e 6-2 quello decisivo: ‘Ma che hai combinato su quel match point, Martin!‘ gli dice scherzando Ubaldo. Il resto dello scambio lo potete scoprire nella video-intervista realizzata dal Direttore (prima della cancellazione di Wimbledon).
I nonni materni di Mulligan nacquero a Orsago, in provincia di Treviso, per poi trasferirsi in Australia all’inizio del secolo scorso. Nella patria d’origine dei nonni Martin sarebbe ritornato per allenarsi e per cercare un posto da Davisman, poiché in Australia nonostante gli ottimi risultati non era mai riuscito a ritagliarsi uno spazio nella selezione capitanata da Harry Hopman. Ci riuscì, disputando da protagonista l’edizione 1968 in cui l’Italia fu sconfitta dalla Spagna di Gisbert, Sanatna e Orantes nella finale zonale (3-2, i due punti italiani furono firmati entrambi da Mulligan: un singolare a risultato acquisito e un doppio con Pietrangeli, sconfitto invece in entrambi i singolari, da Santana e Gisbert che fu l’uomo del match perchè in prima giornata aveva sopreso anche Martin). L’unico grande oriundo del tennis italiano.
Nell’intervista sono poi riaffiorati i ricordi dei suoi inizi con Fila, quando con Bjorn Borg già ‘assoldato’ l’azienda tentò di assicurarsi anche le prestazioni del giovane McEnroe. Il piano era spedire una racchetta di prova a Mulligan, perché la controllasse e la passasse poi a John, fedele alla sua Wilson, ma ‘un ritardo in alcune consegne‘ – racconta Martin – ‘ci costrinse a spedirla direttamente a Mac senza passare da me a San Francisco‘. E quello fu il patatrac, perché sulla racchetta il cognome di John era scritto con una ‘a’ di troppo: non solo McEnroe non avrebbe mai firmato per Fila, ma secondo l’aneddoto raccontato da Ubaldo il tennista statunitense tuonò che ‘non c’è verso sappiano fare bene le racchette, se non sanno scrivere il mio nome!‘. Nel video, potete ascoltare la versione originale della frase… che è un po’ più colorita.
Qualche stoccata anche ai tennisti di oggi – ‘fanno un ace e prendono l’asciugamano, ma non ce n’è bisogno!‘ – e agli organi di governance: ‘ITF dovrebbe controllare il tennis ma purtroppo sono stati incapaci tanti anni fa e questo ha prodotto la crescita di ATP e WTA. Dovrebbe esserci al massimo un grande torneo al mese, e poi ci sono troppi tornei di seconda categoria‘. Nostalgia di tempi in cui i ritmi erano molto più compassati, ma gli spalti del centrale del Foro Italico erano comunque pienissimi per incitare il non ancora italiano Martin Mulligan, capace di battere niente meno che Manuel Santana in quattro set. Era il 1965.