(Anche) Kevin Anderson e Ana Konjuh si preparano al rientro. Rientro?
Andreescu, Nishikori, Pironkova… Gente che si dice pronta per tornare a giocare proprio adesso che non c’è dove tornare. Eppure, il loro timing dovrebbe essere di livello superiore. Sembrano quelli che dopo vent’anni di divano si scoprono runner non appena spieghi loro che bisogna restare a casa. Escono a correre e lo chiamano footing perché così si chiamava in Italia l’ultima volta che ci hanno provato. Che poi è stata anche l’unica o quasi. Vengono fermati dopo duecento metri da un dolore lancinante alla milza. Non sarà invece un’appendicite acuta? Quale delle due è da questa parte?
Eccolo, allora, l’ultimo rotto del circuito, il buon Kevin Anderson sofferente al gomito per tutta la scorsa stagione. Infine si è operato. Al ginocchio. Tra l’altro, nemmeno si è operato lui: ha delegato il compito a un medico. Un chirurgo, addirittura. Non quello di Rafa, che da una carriera permette al maiorchino di giocare per grossa parte della stagione nonostante il problema al ginocchio. Oppure, che non è riuscito a risolvergli quel problema nell’arco di una carriera. Punti di vista di chi vede la questione da fuori pur dovendo restare dentro. Del Potro, anche lui era andato sotto quei ferri cantabrici. Dopo altri mesi fuori dal circuito (uno dei maggiori specialisti dell’amaro settore), il dolore non passava e Delpo è tornato in sala operatoria. Con un altro chirurgo.
Ma dicevamo di Anderson e della moglie Kelsey, che circa sei mesi fa ha dato alla luce la piccola Keira (la vedete nella foto in testa al pezzo, raggiante tra le braccia del babbo). Mamma Kelsey, bella senza essere barbie e pure parecchio in gamba, è laureata in contabilità ed è già avviata a una promettente carriera: ora amministra il bilancio di famiglia, è scrupolosa organizzatrice delle trasferte, arguta scrittrice… e amante del golf, perché sa che è sempre meglio avere almeno un difetto. Probabilmente non è per quello che smazzola abilmente le piccole sfere sfaccettate, anche se ci piace pensarlo. Torniamo a parlare di Kevin. Il duemetriezerotré di Johannesburg, inevitabilmente sceso al n. 123 della classifica, si sta preparando per l’uno-due-tre-via in campo. Ce lo ha comunicato un paio di settimane fa con una sorridente foto di squadra in un cinguettio che non può non accennare al noto problema globale, ma senza nominarlo direttamente (un plauso per ciò).
“Sto continuando a impegnarmi per diventare più forte sul campo proprio adesso con il mio team durante questi tempi incerti che stiamo attraversando. Spero che restiate tutti al sicuro”
Col proposito di rafforzare il contingente balcanico, anche Ana Konjuh si è accodata ai citati colleghi. Nel rispetto della distanza interpersonale, ci mancherebbe. Certo che questo “io (non) torno a giocare” sta davvero diventando the new black. Molto meglio che starsene appostati per fotografare la gente che non resta a casa. Ana, quindi. Ora ventiduenne, la palindroma di Dubrovnik era arrivata a occupare il 20° posto WTA nel 2017, ma da allora ha giocato appena sette tornei. Perché anch’ella ha collezionato diversi infortuni. Senza contare le quattro operazioni chirurgiche al gomito destro. Nel frattempo ha cambiato racchetta (per un po’), corde, lancio di palla e tecnica del dritto che, invero, sembrava terreno fertile per l’epitrocleite.
“Pensavamo di rientrare a maggio-giugno, ma ora non so cosa succederà con questa situazione” ha detto in croato all’emittente HRT. “Siamo tutti un po’ spaventati, non è una situazione innocua. Cerco di non uscire con gruppi numerosi, mi alleno con il team ridotto ed evitiamo le palestre”. Eccola appunto impegnata in un allenamento alla vecchia maniera:
Non ci resta che augurarvi di tornare in campo al più presto, Ana, Kevin, Bianca, Kei, Tsvetana… Ci perdonerete, però, se il nostro desiderio è rafforzato dal fatto che rivedervi competere significherà anche il ritorno alla normalità per tutti.
P.S. Anche noi, come lo stimato Kevin, abbiamo omesso di nominare il noto problema globale che ci auguriamo di poter dimenticare presto. E sapete? Ogni tanto fa anche bene così.