Federer come l’Edberg del ‘96, segnali di declino

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da Londra, il direttore

Avevo incontrato Gentleman Tim Henman, “true Brit” (non come Greg Rusedski!), quattro volte semifinalista a Wimbledon (e altre quattro nei quarti) e lui, classe 1974, ex n.4 ATP che aveva giocato 13 volte con Roger Federer perdendo le ultime 6 prima di ritirarsi nel 2007, pareva non avere il minimo dubbio.

Ora che sono fuori Djokovic e Nadal, il favorito naturale del torneo, anche per come ha giocato contro Djokovic, servendo due prime palle su tre (il 73% complessivamente, dopo un primo set addirittura all’83%) è certo Roger Federer. Dirò anzi – aggiungeva a Stuart Fraser del Times – che ero un po’ deluso dei nostri stessi commenti in TV, perché per il fatto che Nadal e Djokovic si sono divisi quest’anno i quattro Slam, ci siamo esposti troppo presto a considerarlo fuori gioco per una sua affermazione finale in queste ATP Finals, non appena lo abbiamo visto perdere da Thiem… e per la terza volta quest’anno. Invece, su una superficie indoor veloce come questa, avremmo dovuto essere più prudenti e…rispettosi nei confronti di un campione del suo smisurato talento ed orgoglio. Il modo in cui ha giocato contro Djokovic è stato impressionante sotto tutti i profili… la qualità straordinaria dei suoi servizi, la consistenza. Batteva costantemente 6 o 7 miglia più veloce di Novak (10 km circa) mettendone molte più dentro, sembrava decisamente perfino più veloce di uno dei giocatori più veloci che esistano, e pur prendendo sempre l’iniziativa, correndo grandi rischi, non ha fatto che pochissimi errori gratuiti (cinque!). È stata una delle migliori performance che io abbia visto. E ora, raggiunte nuovamente le semifinali (per la sedicesima volta su 17! N.d.UBS) avrà la fiducia alle stelle”.

Sic dixit Tim Henman. E sembrava proprio difficile non essere d’accordo con lui.

Così mi ritrovavo poi al tavolo del media restaurant della 02 Arena ieri mattina, un’oretta prima che scendessero in campo Roger Federer e Stefanos Tsitsipas in quella che era certamente la semifinale più attesa, a condividere quelle sensazioni espresse da Henman. A quel tavolo erano seduti un bel po’ di svizzeri, dall’ex campione olimpico di Barcellona ’92 Marc Rosset, all’ex capitano di Davis, ex giocatore e capitano di Davis Claudio Mezzadri, al giornalista di un gruppo editoriale svizzero Mathieu Aeschmann, all’inviato de l’Equipe, il francese Julien Reboullet, a Hervè Borsier di Radio Swiss.

Strafavorito adesso Roger?” provocavo un po’ i commensali, tutti federeriani iper-convinti dai piedi alla punta dei capelli. E lì, ma non so quanto fosse per scaramanzia, Mathieu Aeschmann, ex giocatore junior di buon livello coetaneo di Roger, mostrava inattesa cautela: “Attenzione Ubaldo, se Roger ha perso qui il Masters del 2017, quando gli altri tre semifinalisti erano Sock, Goffin e Dimitrov, tutto può succedere”.

Effettivamente quella era stata una clamorosa sorpresa: Roger vantava 6 vittorie a zero contro il suo avversario di semifinale Goffin e 6 vittorie a 0 anche con Dimitrov, probabilissimo finalista dovendo il bulgaro affrontare il mediocre Sock. Ebbene, Roger perse del tutto inopinatamente da Goffin 6-4 al terzo. Ancor più incredibilmente, perché aveva dominato il primo set 6-2.

Beh, ormai sapete come è andata fra Federer e Tsitsipas (6-3 6-4). E ricorderete che un anno fa Federer aveva perso in due set anche la semifinale con Zverev (7-5 7-6). Insomma per tre anni di fila Roger ha perso qui in semifinale, quando i più lo davano favorito. Del match e del torneo. Un caso? Sospetto di no. Addolorandomene.

Stefanos Tsitsipas e Roger Federer alle Nitto ATP Finals 2019 (foto Roberto Zanettin)

Immagino che basti pronunciare questo mio “sospetto di no, temo non sia un caso” per suscitare la ripulsa dei tifosi di Federer. “Ecco il direttore di Ubitennis che un giorno descrive Roger Federer come un fenomeno intramontabile che non finisce di stupire… e il giorno dopo, perché Federer perde da un ottimo Tsitsipas, adombra ipotesi di un suo declino, sottolinea i suoi 38 anni e mezzo ben diversamente dal giorno prima”. “I 38 anni gli stanno cadendo addosso tutti in una volta – eccetera eccetera – i soliti giornalisti del senno del poi”. Ecco, sì, mi sono immaginato che un fan sfegatato di Federer ragioni così.

Poiché però ci sono anche fan di Federer, fra i milioni, anche più distaccati, sereni, mi rivolgo a loro ricordando quel che da sempre ho potuto osservare sui campioni, quelli davvero grandi, dei numeri uno, che non sono più ragazzini. E faccio un esempio che considero significativo: Stefan Edberg classe 1966, all’inizio del ’96 – quando celebra appena il trentesimo compleanno che per una dozzina d’anni ha sempre compiuto durante l’Australian Open con tanto di torta in sala stampa – annuncia, che basta così. Quello sarà il suo ultimo anno di tennis.

Saranno 12 mesi con una passerella d’addio dopo l’altra, una più commovente dell’altra, da una città all’altra, per un grandissimo campione del serve&volley, un numero uno sul campo e fuori, ‘mister Fair Play’ ammirato da tutti, perfino dai beckeriani cui lui ha procurato tanti dolori, in particolare con le due finali di Wimbledon 1988 e 1990. E coach per un paio d’anni proprio di Roger Federer.

Ancora top-10 nel febbraio ’95, dopo essere stato n.1 del mondo per 72 settimane, l’Agnolo Biondo comincia il 1996 da n.23. Non ha dimenticato di come sa giocare, non ha perso il suo talento, può fare e vincere ancora partite straordinarie e perderne di orribili. Scivola al n.54, ma poi risale fino a n.14. Ma al di là della classifica, sono gli avversari che batte e quelli da cui perde, che spiegano benissimo secondo me quanto sta accadendo a Roger Federer che resta un fenomeno perché vive fra alti e bassi, da un giorno all’altro, quanto Edberg e decine di grandissimi campioni hanno vissuto con otto anni di meno.

Se non vi va di ripercorrere il dettagliato 1996 di Edberg con tutti i suoi alti e bassi passate pure al successivo paragrafo.

Il 1996 di Stefan Edberg

Stefanello, come lo chiamava vezzosamente Clerici, nell’anno del canto del cigno biondo va a Melbourne, batte il n.30 Novak (non Djokovic!) per perdere dal n.154 Fleurian. A Doha perde da Prinosil, che non è una pomata ma il n.50. A Scottsdale lascia 7 games a Todd Martin n.17 in due set, ma poi perde da Sandon Stolle n.125. Dopo qualche torneo senza infamia e senza lode, a Monaco di Baviera lascia 5 game a Berasategui n.32 e due anni prima finalista al Roland Garros, per cedere al turno successivo al modestissimo Karbacher, n.59. Eccolo a Roma: batte Pioline 19 e Ivanisevic 6, ma perde contro Krajicek 25. A Parigi, lui che aveva perso sorprendentemente con il miracolato Chang nella finale dell’89, lascia 4 game a Moya 20 e si vendica con Chang 4, per perdere da Rosset 15. Al Queen’s Edberg trova modo di battere due erbivori come Ivanisevic 7 e Martin 18 (che due settimane dopo sarà in semifinale a Wimbledon) prima di rimontare Muster n.2, sempre scherzato da Edberg (10-0 negli scontri diretti a fine carriera). Arriva a Wimbledon sulla scia di quei successi e che fa? Perde da Tillstrom n.58. A Stoccarda dal recentemente scomparso Volkov, 87. Riesce a fare peggio: ko con Caratti 141 a Cincinnati, con Roux 112 a Indianapolis.

Dai, ormai è finito! Macchè! All’US Open Stefan batte Krajicek n.8 due mesi prima campione di Wimbledon, Hharhuis 26, Henman 39 in ottavi. Batte Korda e Vacek in Davis, ma a Basilea cede a Goellner 79. Gioca il suo ultimo Masters 1000 (non si chiamava ancora così) centrando i quarti: batte Stich 17, la solita vittima Muster 6, per cedere di misura al connazionale Enqvist. Le ultime due sconfitte in carriera arriveranno in casa, contro il connazionale Kulti (71) sull’indoor di Stoccolma e nel match di apertura della finale di Davis contro Pioline (21), perso come l’intera sfida di Malmö dagli svedesi, che si arresero 3-2. In quell’ultima partita Stefan si fece anche male alla caviglia destra in un tentativo di serve&volley, ma riuscì comunque a completare l’incontro.

Stefan Edberg a terra dopo l’infortunio nel suo ultimo match contro Pioline

Federer come Edberg?

Che cosa volevo dimostrare in dettaglio? Che quel che manca a una certa età è la continuità. Può giocare e servire da favola contro Djokovic e due giorni dopo mettere soltanto poco più di una prima su due (56%) e così il rampante Tsitsipas che non aveva avuto alcun timore reverenziale a Melbourne, ma che non aveva saputo conquistarsi una sola palla break contro Rafa Nadal il giorno prima, gli strappa tre volte il servizio e rischia di farlo una quarta.I tifosi di Federer devono rassegnarsi. Il suo tennis varrà sempre il prezzo del biglietto, anche a 40 anni e oltre, ma quando affronterà avversari fra i primi 10/15 oggi, fra i primi 20/25 fra un anno, potrà sempre perdere, pur dando spettacolo.

Il game che ha dato il primo set a Tsitsipas sul 5-3, 22 punti e con il settimo set point che è stato quello buono dopo che Roger aveva mancato 2 palle break, è stato ricco di suspence, di scambi spettacolari, di punti magnifici (anche se c’è stato pure qualche errore). Ma se poi nel secondo set Roger gioca un game di battuta osceno contrassegnato da quattro errori proprio gratuiti, a cosa si può attribuire la colpa se non all’età che ti rende discontinuo? Reagisce con la fiammata del campione e si riprende il break, ma nel game successivo cicca due smash “Come non credo mi sia mai capitato” – dirà poi – e un secondo break a un Tsitsipas sempre più gasato non lo recupera neppure Federer nonostante le due palle break per il 5 pari che avrebbero potuto riaprire la partita.

Insomma i rimpianti per il Federer che era stato due giorni prima, che poteva essere e non è stato, non finiranno mai, ma si ripeteranno nell’anno a venire. Sempre di più. È triste ma è inevitabile. Federer non crollerà mai, almeno per un bel po’, perdendo un primo turno dopo l’altro. Ne sono sicuro. Anche perché a quel punto sarebbe lui per primo, orgoglioso com’è a voler smettere. Ma ora a smettere non ci pensa nemmeno. E perchè ancora si diverte. E perché guadagna ancora una montagna di soldi ogni piè sospinto. Non fosse così non andrebbe a fare cinque/sei esibizioni in Sud America con Zverev la prossima settimana ed altre quattro a fine anno in Cina. Probabilmente sono i suoi manager a spremerlo come un grappolo d’uva. Io al suo posto – sentite cosa vi dico! – starei più con Mirka. Non credo se la porti dietro con i bambini in Sud America, dove ogni giorno giocano in un posto diverso. E in Cina…mah!

Sia chiaro: lungi da mancare di rispetto a un grande campione come Roger che ha tutto il diritto di non arrendersi all’età per essere stato due volte a un punto dal trionfare ancora a Wimbledon – chissà per quanto li rimpiangerà! Lui e i suoi tifosi – ma anche per essersi appena preso qui a Londra una bellissima rivincita con Djokovic impedendogli di tornare n.1 del mondo per la sesta volta… credo però che i segnali di declino di Roger ci siano e siano anche abbastanza evidenti, anche se vince per la decima volta il torneo di Basilea.

Negli scambi da fondocampo, sulla spettacolare diagonale dei due rovesci a una mano, Roger era quasi sempre in affanno, in ritardo. Tsitsipas giocava molto più profondo, con maggiore potenza, prima di lasciar partire un tracciante lungolinea che lasciava secco Federer. E quando Roger, quasi disperato per l’impossibilità di trovare una via d’uscita nei palleggi, ha provato a buttarsi a rete, il greco d’Atene l’ha infilzato come un tordo. Poi c’erano quei lampi di genio tipicamente federeriani che ti facevano sperare nel terzo set, un paio di smorzate che parevano messe di là dalla rete con la mano, però erano fuochi di paglia.

Diciamo la verità: il miglior Federer avrebbe saputo trasformare qualche palla break in più – ne ha avute ben 12, ma gli è riuscito un solo break – soprattutto quando Tsitsipas (solo 6 ace, ma diversi prime battute efficaci) ha dovuto far ricorso alla seconda di servizio. A quelle Roger rispondeva peggio che alle prime. Perché i riflessi c’erano ancora, le gambe per gli spostamenti meno. Vedendogli mancare tutte quelle opportunità per un break, mi sono tornati a mente i match point falliti a Wimbledon. Stessa sindrome? Non casuali? Mah, si dice male quando un paio di centimetri decretano un verdetto. Però se a mancare quei due centimetri è sempre più spesso Federer…

Insomma, per finalmente concludere, augurando a me stesso, prima ancora che a lui e ai suoi tifosi, che mi smentisca, io credo che un Federer ancora vincente negli Slam, nei grandi tornei, non lo vedremo quasi più. Vero che lo pensavamo tutti già nel 2016, ma il tempo che passa non gioca a suo favore.

E Tsitsipas? Beh lui invece lo vedremo ancora, sempre più forte, sempre più deciso. Può anche benissimo perdere stasera dall’ottimo Thiem che sta accorciando in modo considerevole l’apertura del dritto e sta facendo progressi un po’ dappertutto, ma – e non solo perché Stefanos ha cinque anni di meno rispetto a Dominic e si ripropone lo stesso gap anagrafico esistente fra Nadal e Federer (mi si passi il doppio confronto, ma nei prossimi anni questa è una rivalità che vivrà parecchi episodi) – io ho l’impressione che Tsitsipas abbia il potenziale per diventare il n.1 del mondo. Soprattutto appena Djokovic, che ho rivisto parzialmente spento, gli darà anche lui via libera. Fra due anni? Secondo me ci sta. Ed è anche augurabile perché è un bel personaggio, come tennista e anche no. Francamente più di Thiem e Medvedev. Ciò detto però – e qui sono d’accordo con Zverevche tutti i quattro Slam nel 2020 vadano a finire nella bacheca dei soliti quattro non lo credo proprio.