Thiem confessa: “Non sarebbe stato furbo giocare altre tre ore oggi”
La sconfitta contro Berrettini
da Londra, il nostro inviato
Hai risentito delle fatiche del match contro Djokovic oppure è Berrettini che ti ha messo in difficoltà oggi?
Un po’ ero stanco per le due precedenti partite e un po’ è dovuto al fatto di essere già qualificato. Quindi ero a corto di adrenalina e di attenzione. Volevo sicuramente vincere ma al tempo stesso nella mia mente sapevo di dover fare attenzione in vista del match di sabato, perché è di gran lunga il più importante sino a qui. Devo preservare il mio corpo dopo una lunga stagione e non sarebbe stato furbo giocare altre tre ore oggi.
Che cosa ci dici di Matteo. Come ha giocato oggi?
Nell’ultimo mese e mezzo abbiamo fatto tre grandi incontri. Penso che quello di oggi sia stato il più modesto dei tre. Ne abbiamo disputato uno stupendo a Shanghai, uno a Vienna e uno qui anche se quest’ultimo è stato un po’ condizionato dalla situazione di classifica nel gruppo.
Sappiamo che hai combattuto tutto l’anno contro dei virus. Ti sei ripreso? Sembri un po’ febbricitante a vederti. Stai bene oppure no? (Thiem si è presentato in sala stampa infagottato in un piumino e con un cappello di lana in testa)
Sto così da prima dell’inizio del torneo. Questo periodo dell’anno è sempre un po’ rischioso. Quando fa freddo fuori, poi entri nel palazzetto e fa caldo, tutti questi sbalzi di temperatura. Quindi, non sono al 100% ma questo non mi ha condizionato nelle tre partite che ho disputato. Comunque devo fare molta attenzione perché spero di avere ancora due match da disputare nei quali dare il massimo.
Che cosa significherebbe per te vincere questo torneo?
Forse è il più difficile da vincere perché devi superare uno dopo l’altro i migliori giocatori del mondo, anche se ti è concesso perdere una volta almeno. Penso che se vinci questo sei in grado di vincere qualunque cosa. Penso che la vittoria qui dia grandissima fiducia soprattutto in vista dell’Australian Open ma in generale per tutto il resto dell’anno.
In un’intervista hai dichiarato che metteresti la mano sul fuoco sul fatto che tutti i giocatori che conosci non facciano uso di doping. Cosa ti dà tanta sicurezza in materia?
Prima di tutto perché io per primo faccio un mucchio di test antidoping. Ne ho sostenuti quattro o cinque solo nell’ultimo mese, poi perché vedo che li fanno anche gli altri. Gochiamo con una pallina e quindi, oltre a dovere essere veloce e in forma, devi saperla colpire e sapere giocare bene quello e queste cose non puoi migliorarle con i farmaci. Se si potesse sarebbe bello ma una sostanza così non esiste.
DMolti giocatori hanno delle routine o compiono determinate azioni prima di battere. Zverev si alza la maglietta, per esempio, mentre tu giocherelli con la palla. Ricordi quando hai iniziato a farlo e cosa credi che succederebbe se non facessi più quel rituale?
Non credo sia più possibile per me smettere di farlo, è parte del mio sistema nervoso ormai, un automatismo che scatta prima di ogni singolo servizio. Non ricordo neppure quando non lo facevo, quindi deve essere stato almeno 4 o 5 anni fa. Ognuno di noi ha qualche rituale semplicemente perché aiutano. A volte è dura là fuori sul campo per la solitudine; la durata delle partite. Quindi è bello avere questi piccoli automatismi.