Panatta dice che Berrettini è il suo erede. E svela perché ha perso tutte le partite nel 1975
L’indimenticabile campione azzurro Adriano Panatta si racconta a Gaia Piccardi in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. L’occasione è la prossima uscita del suo ultimo libro ‘Il tennis l’ha inventato il diavolo’, in libreria dal prossimo martedì.
Il mitico Adriano ritorna sull’anno d’oro, il 1976, che lo ha visto trionfare al Foro Italico, al Roland Garros e in Coppa Davis, ma, soprattutto, ci ricorda quanto sia “diabolico” lo sport del tennis: “È un gioco maledetto perché non sai mai quando finisce, puoi essere 6-0 5-0 40-0 e perdere. Il tennis è fatto di momenti in successione: miracolosi o mefistofelici“. E la partita più “diabolica” per Adriano è stata senza dubbio quella persa ai quarti di Wimbledon, nel 1979, contro Pat Du Pré: “La classica partita maledetta che dovevo vincere e invece ho perso. A quarant’anni di distanza mi do ancora della testa di…“.
LE FINALS DI MATTEO – Manca una settimana all’inizio delle tanto attese ATP Finals di Londra e Panatta spende parole di grande elogio per Matteo Berrettini. Il tennista romano ha infatti riscritto la storia del tennis italiano, diventando il primo tennista azzurro a qualificarsi al Masters di fine stagione dopo lo stesso Panatta (nel 1975) e Corrado Barazzutti (nel 1978). “Se lo merita” afferma l’ex campione, “da n. 54 del mondo a n. 8 in dieci mesi, nemmeno io e Corrado abbiamo avuto periodi così felici. Il grande valore di Matteo è il gap che ha colmato. Mi piacciono la sua educazione e il rispetto che ha per gli avversari. Gioca un tennis moderno. Presenza fisica imponente, servizio e dritto”.
Matteo è il degno erede di Panatta? “Sì, è Berrettini. Se recupera energie prima di Londra, stacca con il tennis per un paio di giorni e si presenta a Londra senza nulla pretendere, farà bella figura“. In fondo gli basta una vittoria per migliorare lo score di Panatta, che a Stoccolma nel 1975 raccolse tre sconfitte in altrettante partite. Ma a distanza di 44 anni, rivela una circostanza attenuante rispetto alla quale non nasconde anche un certo imbarazzo: “Ebbi un attacco micidiale di emorroidi! Una sofferenza atroce. Contro Ashe, Nastase e Orantes fu già un miracolo scendere in campo“.