Un giorno alla Patrick Mouratoglou Tennis Academy
Alle otto del mattino un qualsiasi bambino è sulla strada per la scuola, mano nella mano con i genitori pronto per ripetere le tabelline. A meno che questo bambino o bambina non stia cercando un futuro nel tennis, perché allora sarà già in campo nell’Accademia di Patrick Mouratoglou a colpire dritti e rovesci. I genitori sorseggiano il caffè sulla terrazza che dà sui campi mentre guardano i loro figli allenarsi duramente, il sole è ancora godibile a quest’ora della giornata in settembre. E già quando il sole sale pigramente dietro le colline della campagna nel sud della Francia, a pochi chilometri da Nizza, non c’è un campo libero dei 34 dell’accademia fondata da Patrick Mouratoglou nel 1996.
Allungando lo sguardo sui 13 ettari del complesso proprio dalla terrazza, l’accademia sembra un enorme mosaico fatto di pezzi blu, verdi e rossi, le superfici dei campi racchiusi dal generoso verde della campagna francese. Quattro sono gli edifici principali dell’accademia, escludendo i due alberghi, un bed and breakfast e un resort con tanto di Spa e piscina che ha la forma di una racchetta. C’è la foresteria per i ragazzi, l’area con le palestre e le sale per l’analisi tecnica, e un altro palazzo, di recente costruzione, che ospita i genitori dei tanti ragazzi provenienti da tutto il mondo per cercare, qui da Patrick, la loro via nel tennis.
E poi, ovviamente, c’è la scuola. “Il programma tennis school è una cosa di cui vado molto fiero. Abbiamo bambini provenienti da tutto il mondo, capiamo bene che strapparli alla loro famiglia è difficile. Per questo abbiamo costruito un compound dove, dopo gli allenamenti, la famiglia può riunirsi di nuovo. Questo fa bene ai ragazzi”. Patrick quantifica in “circa 200 i ragazzi che frequentano il programma Tennis and School”.
Messa così, sembrerebbero spacciati quei futuri tennisti che non possono permettersi la retta dell’accademia. Proprio per questo, Mouratoglou ha creato una fondazione “che aiuta i giovani talenti che non possono permettersi allenamenti o gli aerei per viaggiare per giocare nei tornei fino a quando non diventano economicamente sostenibili, uscendo quindi dal programma per lasciare posto ad altri”. Coco Gauff, Stefanos Tsitsipas e Alexei Popyrin sono alcuni degli atleti che hanno usufruito di questo aiuto.
Patrick ci guida per una buona mezz’ora per tutta l’area del complesso, che sembra non trovare mai limiti tanto è grande. Impressiona la grandezza della struttura che copre gli otto campi indoor, quattro in terra e quattro in cemento, costruzione che però è aperta ai lati. Fatichiamo a credergli quando ci dice che “non serve coprire i lati perché qui, a Nizza, il tempo è buono anche a dicembre quando possiamo stare anche in maglietta se c’è il sole”. Più che altro sono altri otto campi utilizzabili anche d’estate.
L’accademia come è ora è molto cambiata rispetto a quando, nel 1996, Mouratoglou la rilevò da un giocatore francese famoso per essere stato il coach di Yannick Noah. “Infatti si deve a lui la piscina a forma di racchetta da tennis, non è stata una mia idea ma avrei voluto che lo fosse”. I primi 13 anni di vita hanno visto Patrick accompagnarsi a un grande brand internazionale per quanto riguarda la sponsorizzazione tecnica. Ora però è tempo di aprire una nuova pagina. “Siamo stati per moltissimi anni con un altro marchio, che all’epoca aveva le caratteristiche che ci servivano. Adesso però è giunto il momento di sposare un partner molto più allineato con i nostri obiettivi: innovare, essere più dinamici per migliorare conquistando così nuovi mercati. Vogliamo crescere insieme per diventare più grandi, Asics condivide la nostra stessa filosofia”.
Camminando nei viali ordinati dell’accademia lo sguardo si sofferma spesso su chi è sulle tribune a vedere i professionisti del domani o su chi incrocia il nostro passo. Guardano tutti Patrick, e sono sguardi di ammirazione come se fosse una star. Lui sorride, saluta tutti e si concede agli immancabili selfie. Soprattutto negli occhi del suo staff, si vede che è veramente lui l’uomo al comando. Per questo, quando gli chiediamo come fa a districarsi fra impegni televisivi, allenamenti con Serena e supervisione delle attività dell’accademia, lui non può che elogiare “il mio eccellente staff. È tutta gente iper preparata su cui conto al 100%; ci sono due scelte che puoi compiere quando devi scegliere le persone che devono aiutarti: prendere persone peggiori di te per far risaltare meglio la tua figura o scegliere i migliori, la mia scelta”.
Facciamo quindi la conoscenza proprio dello staff e dei metodi di allenamento andando in campo. Dopo il riscaldamento d’obbligo, una buona mezz’ora di ginnastica quando non sono neanche le 9 del mattino, è tempo di entrare in campo e fare gli stessi esercizi dei campioni. Ci sono i bambini che prendono di già la via degli spogliatoi, pronti per andare a scuola per tornare ad allenarsi nel pomeriggio. Giocatori e giocatrici in cerca di punti WTA o ATP picchiano durissimo sotto un sole oramai molto caldo, le piccole tribune si riempiono facilmente per guardarli squartare la pallina ad ogni colpo.
Giochiamo dignitosamente con i coach, allungando l’occhio nel campo di fianco dove riconosciamo Mary Pierce dare indicazioni a due allieve. Quando una di questa sbaglia ripetutamente la volée di dritto, Mary non esita ad andare a rete e mostrarle come eseguire il gesto.
Noi, intanto, seguiamo i consigli dei coach: mirare sempre al bersaglio grosso e non alle righe, portare subito la racchetta indietro (“early opening”) mentre ci si muove in direzione della palla, chiudere per bene il colpo con un finale prolungato (“follow through”). Gli allenatori ci spiegano le diverse tipologie di drill, gli esercizi, “organizzati a seconda di specifiche parole chiave”. In un campo, infatti, ci esercitiamo su servizio e risposta, i primi due colpi di gioco cercando centrare i coni piazzati negli angoli strategici del rettangolo del servizio e di rispondere cercando sempre di mettere la palla in campo. Poi tocca ad un’esercitazione per approccio a rete, aspettando il momento giusto per andare in lungolinea dopo una sequenza di scambi incrociati, un’altra infine per imprimere un cambio di velocità nello scambio dopo aver trovato la regolarità da fondo.
C’è grande attenzione per tutte queste componenti, che però sarebbero vane senza un’adeguata preparazione fisica. I tennisti hanno una palestra dedicata, con le fasce per gli allenamenti TRX in bella mostra e le aree dove si può invece scattare agli ordini di Gerald Cordemy, il capo della parte fitness che ha lavorato anche con Serena Williams e Benoit Paire. E qui ci passano i professionisti come anche quelli dei programmi intensivi della settimana o del weekend, tennisti di tutti i livelli, dal giocatore di club che vuole migliorare il suo gioco al manager che vuole sudare sotto un piacevole sole di settembre per poi trascorrere il pomeriggio in piscina o nella grande spa del resort.
Infatti, il bello di quest’accademia è che non è un posto riservato solo ai migliori. Il tennista di club in sovrappeso che vuole diventare terza categoria può giocare nel campo adiacente a quello dove Andy Murray si prepara per la stagione su terra battuta o dove Novak Djokovic si reca per allenarsi con Stefanos Tsitsipas.
Il trait d’union, oltre al luogo, è anche ASICS, Anima Sana In Corpore Sano. A spiegare la filosofia dietro la scelta di questo acronimo è Gary Raucher, Head of Product and Marketing di Asics Europa. “Vincere è una questione di forza mentale, tanto per il professionista quanto per l’amatore. Lo stress sta diventando una piaga a livello mondiale, per questo il tennis consente di affermare la mission del nostro brand e cioè offrire un sollievo tramite la performance sportiva a tutti i livelli con l’attrezzatura migliore, seguendo il pensiero del fondatore Kihachiro Onitsuka che, in Giappone, pensò bene di alzare il morale il morale di una nazione a terra per i postumi della guerra attraverso lo sport”.
E se la cura e l’efficacia dei prodotti Asics è nota a qualsiasi praticante di tennis, è interessante conoscere tutto ciò che c’è dietro, un team di oltre cento scienziati che lavorano tutti i giorni per migliorare quello che per noi è banale, una semplice scarpa da tennis.
Rene Zandbergen, Senior product developer per il footwear, ci ha raccontato della collaborazione con Novak Djokovic. “Lo abbiamo incontrato con il capo degli ingegneri per capire che tipo di scarpa volesse. Cercava leggerezza ma anche stabilità, e ovviamente protezione del piede. Abbiamo capito, quindi, che bisognava rivoluzionare la Court FF, e infatti la Court FF 2 recepisce tutti i suoi suggerimenti: è una scarpa leggera che favorisce la torsione interna del piede, ha il battistrada ampio nell’interno che prolunga a presa sul terreno per i giocatori che scivolano molto anche sul duro, e poi è molto leggera”. Gli chiediamo come hanno adattato sul mercato la scarpa finale. “È praticamente quella che ha Djokovic tranne per un paio di accortezze, quella che ha Nole ad esempio è leggermente più leggera”. Al tennista serbo sono state recapitati ben sette prototipi della Court FF2 prima di scegliere quella definitiva.
Da Djokovic come dai giovani atleti dell’accademia, oltre che dai coach che li allenano, arriveranno i feedback principali per migliorare, innovando insieme quindi, i prodotti Asics. E, allo stesso tempo, questa partnership rappresenta una vera e propria attività di scouting dei potenziali futuri campioni. “Invece di avere molti talent scout in giro per il mondo, pensiamo che nella Mouratoglou Academy possiamo scovare tante piccole promesse che potrebbero diventare i nostri testimonial nel futuro”, ci dice ancora Gary Raucher.
Ci sperano molto, sia Asics che Patrick, che fra i giovani che intanto sono usciti da scuola e stanno riprendendo la via degli allenamenti, ci sia qualcuno capace di raccogliere l’eredità dei Djokovic, Monfils e Goffin. I compiti, li faranno dopo essere usciti dal campo. Per studiare c’è sempre tempo, per diventare un campione no.