Djokovic è una furia: il suo Roland Garros procede senza intoppi

[1] N. Djokovic b. [LL] H. Laaksonen 6-1 6-4 6-3 (dal nostro inviato a Parigi)

Dopo l’agevole vittoria contro Hurkacz, Novak Djokovic supera con facilità anche l’ostacolo Laaksonen. Era prevedibile che il tri-campione Slam in carica si imponesse in tre set sul lucky loser svizzero, n. 104 ATP, ma non che lo facesse con tale veemenza. Nole è rimasto concentrato ed aggressivo per tutto il match, sfoderando in molte occasioni il meglio del suo repertorio (risposte anticipate, rovesci lungolinea chirurgici, palle corte millimetriche e soprattutto tutto il marchio di fabbrica, i recuperi in allungo da Mr. Fantastic dei Fantastici Quattro) e in alcuni frangenti anche una grinta forse addirittura eccessiva tenuto conto dell’impegno odierno. Non crediamo sia stato perché temesse di perdere nuovamente al secondo turno, come qui gli era capitato solo una volta nelle sue precedenti 15 partecipazioni (consecutive), al debutto nel main draw da qualificato nel 2005, quando si ritirò contro Coria per problemi di respirazione e di crampi.

Il pubblico aveva percepito sin dall’inizio che il match sarebbe stato un monologo del campione serbo, tanto da incoraggiare il 27enne svizzero già nel secondo game, quando si è trovato ad affrontare la prima palla break dell’incontro. Ma non è servito, come non è servito neanche due game dopo: doppio break e Nole volava sul 5-0. Game della bandiera per Laaksonen e poi, dopo nemmeno mezz’ora, Djokovic era già avanti di un set.

Il secondo parziale era un po’ più interessante, perché Laaksonen – che oltre alla furia di Djokovic aveva forse anche subito un po’ l’emozione di sfidare il numero uno del mondo su un campo importante come il Lenglen – decideva di adottare la classica tattica utilizzata in questi frangenti dal giocatore più debole: giocare al limite e tirare a tutto braccio, tanto peggio di così non può andare (“Nel primo set sono stato troppo passivo, falloso con il dritto. Nel secondo perciò ho cambiato qualcosa, ho spinto di più. Ma Djokovic è il n. 1 perchè non ti regala neanche un punto, niente ti arriva gratis con lui“). E per metà del secondo set la cosa ha funzionato. Ma quando nel quinto gioco dopo aver servito otto prime palle di fila (e poi 10 su 11) ha dovuto cedere il servizio alla quarta palla break del game, Laaksonen si è forse reso conto che neanche giocare al limite serviva contro quel “muro umano” (definizione data stamane da McEnroe durante l’evento Eurosport per la stampa con i commentatori di Eurosport).

Qui c’era l’unico passaggio a vuoto di Djokovic, che forse pagava un po’ di testa lo sforzo fatto per voler strappare a tutti i costi il servizio al suo avversario e incredibilmente perdeva il servizio a zero, dopo che fino a quel momento lo svizzero solo in una occasione era arrivato a 30 alla risposta. Applausi del pubblico, che vedeva la partita prolungarsi un po’, mentre Nole si arrabbiava, a dimostrazione del fatto che ci tenesse in modo particolare a tenere alto il suo livello di gioco oggi (“L’arrabbiatura? Mi conoscete, ogni tanto “attraverso” le mie emozioni. In quella fase gli ho permesso di essere più aggressivo, non ero soddisfatto di me“). Ed infatti il game dopo tutto tornava alla normalità: altro break per Djokovic – con il pubblico che, forse per farsi perdonare l’applauso di poco prima intonava un timido “Nole, Nole” – che poco dopo si aggiudicava il set per 6-4.

Il terzo e definitivo set aveva poco da dire, anche perché il n. 1 del mondo conquistava subito un break di vantaggio, dominava i suoi turni di servizio e chiudeva 6-3 strappando nuovamente il servizio all’avversario (Rimpianti? No, è troppo forte per me” il realistico commento dello svizzero nel post match), dopo solo 1h e 33’ di gioco. Ora per lui un altro giocatore non classificato tra i primi centro, Salvatore Caruso, siciliano proprio come quel Cecchinato che l’anno scorso qui gli giocò un brutto scherzo. La sensazione perciò è che il fuoriclasse prenderà terribilmente sul serio anche il prossimo match: “Non lo conosco, ma farò come sempre i compiti in casa e preparerò bene il match. Ha superato le qualificazioni, è in fiducia, non avrà niente da perdere. Ma se gioco come oggi credo di avere molte possibilità di vittoria.” E che stamattina, nel citato evento Eurosport per la stampa, avesse ragione Boris Becker nel sostenere che “Djokovic, Nadal e Federer hanno vinto tanto, ora si concentrano solo sugli Slam. Sì, devono giocare anche gli altri tornei – Madrid, Roma – ma l’immortalità tennistica è data dalle vittorie Slam. Ed ora puntano a questi quattro tornei“.

GLI ALTRI BIG – Tra i primi ‘umani’ in seconda fila, a sperare di raccogliere le briciole lasciate dai tre campioni, figurano sicuramente Dominic Thiem e Alexander Zverev. Entrambi hanno passato il turno ma a soffrire di più è stato l’austriaco, teorico terzo favorito del torneo, che dopo aver lasciato un set a Tommy Paul è stato altrettanto generoso con Alexander Bublik, tennista kazako capace di raggiungere livelli di follia tennistica sconosciuti ai più. Irretito dagli attacchi all’arma bianca di Bublik, Thiem ha rischiato di lasciargli anche il quarto set prima di destarsi giusto in tempo per evitare l’ulteriore dispendio di energie. Due ore con pochi rischi invece per Zverev, che ha ceduto solo una volta il servizio al poco consistente Mikael Ymer, 20enne svedese che fatica a mantenere le promesse di primissima gioventù. A entrambi toccherà in dote un discreto terraiolo al terzo turno: Thiem affonterà Cuevas, Zverev se la vedrà con Lajovic.

Quando la giornata deve ancora concludersi, si registrano già un altro paio di cadute ai piani medio-alti oltre a quella di Simon contro Caruso. Il ritiro della 28esima testa di serie Kyle Edmund, proprio contro Cuevas, a match quasi compromesso (era sotto 7-6 6-3 2-1), e la sconfitta del 17esimo favorito Schwartzman per mano del connazionale Mayer, che ha saputo chiudere con successo la partita interrotta ieri.

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