L’acuto di Caruso, emozione parigina (Crivelli). Staffetta siciliana. È l’ora di Caruso (Grilli). Serena, questione di moda (Azzolini)

L’acuto di Caruso, emozione parigina (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Avola, Italia. Mandorle, vino rosso e adesso perfino un tennista. Un bravo ragazzo del Sud legatissimo alla famiglia, alle tradizioni e al concetto più nobile di educazione: prima si studia, poi magari ci si diverte a giocare. Per questo di Salvatore Caruso, 27 anni a dicembre, fin qui si avevano notizie solo nel mondo dei Challenger. Il circuito dei big lo aveva solo e sempre sfiorato di passaggio, pur con un’apparizione da qualificato agli Australian Open del 2018. Caruso, da numero 147 del mondo (best ranking) ha superato le qualificazioni anche a Parigi, regalandosi il secondo Slam in carriera e la possibilità di giocare l’ottava partita Atp. Da siciliano orgoglioso, l’ha trasformata in un piccolo miracolo, domando in tre ore e 5 minuti il Next Gen Munar, 53 della classifica, pupillo di Nadal a Maiorca, che alla fine non ha più capito nulla delle smorzate e degli angoli di quell’avversario tenacissimo: «All’inizio avvertivo un po’ di tensione – racconta Caruso – ma poi mi sono sciolto: sapevo di dover tenere il palleggio, sono diventato più aggressivo e ho sicuramente risposto meglio». Il successo fin qui più importante della vita, matura sulla superficie meno sensibile ai suoi colpi piatti: «In realtà mi piace pensare di essere un giocatore completo: sulla terra sono nato, ma per il mio stile e le impugnature sono sempre stato più adatto al veloce e anche l’erba mi diverte». […] Da dieci anni si allena con Paolo Cannova, e tutti i giorni telefona alla sorella Vera che lavora a Milano, perché i legami familiari sono la bussola che l’ha portato fin qui: «Mio padre gestisce uno storico negozio di intimo e corredi a Avola, mia madre è professoressa e con loro avevo fatto un patto: mi avrebbero aiutato nel tennis solo dopo il diploma, perché se non fossi riuscito a diventare un giocatore di livello, poteva servire il pezzo di carta». Si spiega così l’approdo ritardato verso lidi più prestigiosi. Eppure Salvatore non ha mai perso il sorriso: «Ho sempre cercato di essere costruttivo, di capire cosa mi mancava per arrivare al top e di non piangermi addosso. I soldi non sono mai stati un’ossessione, in famiglia siamo abituati a trattarli con rispetto, userò quelli vinti con il passaggio del turno come sempre, per migliorare la mia carriera». E poi cosa può valere il vil denaro se un giorno, mentre sei con gli amici, ti telefona Federer e ti chiede di allenarti con lui? Correva il 2013: «Era la settimana di Ferragosto, stavo a Avola e, lo ricordo perfettamente, tenevo in mano un bicchierino di vodka. Mi chiama un importante coach italiano e mi dice che Roger sta cercando uno sparring per la preparazione in Svizzera, chiedendomi se sono disponibile. lo guardo il bicchiere e penso di essere ubriaco. Sono stato con lui tre giorni. un’esperienza meravigliosa, mi ha perfino rubato per scherzo una racchetta dopo l’ultimo allenamento: un fenomeno che non ti fa pesare il suo blasone». […]

Staffetta siciliana. E’ l’ora di caruso (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)

Prima immagine di un trionfo a sorpresa: dopo aver chiuso il match con uno smash imprendibile, Salvatore Caruso si sdraia sulla terra parigina, stremato ma felice. Secondo fotogramma: è il momento dei complimenti dei tanti italiani presenti sul campo 4 del Roland Garros, degli abbracci, dei selfie, ed anche gli ultimi irriducibili tifosi dello sconfitto Munar chiedono al nostro una foto ricordo. Terza immagine: lui che rincorre quel tifoso a cui ha regalato l’asciugamano sbagliato. «Per favore, restituiscimelo, te ne regalo uno nuovo. Quello della partita me lo tengo come ricordo…», e se ne va con un gran sorriso. Da un palermitano a un siracusano, da Cecchinato che domenica ha lasciato il torneo con troppo anticipo a Caruso, 26 anni, che al secondo tentativo (dopo gli Open d’Australia del 2018), è riuscito finalmente a vincere – dopo aver superato le qualificazioni – la sua prima partita in un torneo del Grande Slam, la Sicilia resta protagonista in terra francese. Una gran bella soddisfazione per Caruso, che si è sempre definito “tennista per caso”: «Mio padre appassionato di motori e vela, mia madre insegnante, la racchetta non interessava a nessuno. Poi, un giorno, avevo 5 anni mezzo, ho raccolto nella piazza di Avola un volantino cine pubblicizzava un corso di tennis ed è tutto cominciato così», ripete spesso. Quel bambino è diventato un tennista professionista ed anche apprezzato, se è vero che qualche anno fa fu chiamato da Roger Fededer per qualche allenamento in Svizzera. Contro il pubblicizzatissimo Munar, 20enne maiorchino, quasi cento posizioni davanti a lui in classifica (53 contro 147), Caruso ha vinto un gran match, prendendo sempre l’iniziativa, sbattendo di qua e di là il suo avversario, stordendolo nei momenti decisivi con l’arma della smorzata. Caruso è piaciuto, perché ha retto fisicamente e mentalmente per oltre tre ore una partita sempre giocata sul filo dell’equilibrio. Ora, lo aspetta il francese Simon, testa di serie numero 26 e si preannuncia un’altra battaglia. […]

Serena, questione di moda (Daniele Azzolini, Tuttosport)

C’è un tennis di alta moda, da ieri è ufficiale. Una press release potrebbe presentarlo cosí… Tessuti scelti da sapienti mani specializzate, morbide volute misteriose, arditi plissé a indicare i tormenti e gli slanci della vita, un brillio di lamé che sottolinea la svolta che ogni donna attende e l’eterno ma sempre sottile distinguo fra l’essere e il dover essere. Serena Williams scende in campo in un fruscìo di pregiate stoffe disegnate a mano, nero e bianco che danno all’insieme un che di elettrico, ha una giacca svolazzante sopra il top elastico che tiene a bada il seno. È un impegno faticoso l’alta moda, dunque deve essere forte l’ispirazione che la guida. Lo fa per sentirsi più bella? Per indicare una nuova via al tennis delle donne, paladina del “non rinunciate mai a niente” ormai diventato il suo slogan? Vuole catturare l’invidia delle sue avversarie? Oppure punta dritta a una mise che la identifichi, e la rappresenti, con i suoi stati d’animo e le sue voglie inesauste? Quest’ultima sembra la chiave giusta, tanto più se nell’insieme degli “stati d’animo” si inserisce anche la voglia di sbeffeggiare per vie dirette il presidente della federazione francese che l’anno scorso protestò per la mise scelta da Serena, fino a chiedere un regolamento che impedisca simili “sortite” da parte delle giocatrici. Un’alzata di scudi che la Wta respinse senza pensarci due volte, per poi dar vita a una nuova regola nella quale si invitano le atlete, nei limiti del necessario buon gusto, a sentirsi libere di fare come meglio credono. L’anno scorso Serena si presentò con una mise che di “alta moda” aveva poco. Catsuit il nome con cui veniva indicato il vestito, ispirato al film Black Panther e più simile a un mascheramento da Super Eroina. Più avanti, a New York, prima di chiudere il torneo dando in escandescenze contro l’arbitro, aveva mostrato la veste-tutù. Ora la nuova mise misteriosa, inaugurata con un set di paura contro la russa Diatchenko, prima di scatenarsi nel secondo e terzo lasciando un game appena all’avversaria. La Serena di sempre. Quella che il pubblico di Parigi ama di più.