Cecchinato, profondo rosso. Berrettini, esame superato (Crivelli)
Cecchinato, profondo rosso “Ciao Parigi, è solo colpa mia” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Com’e triste Parigi, soltanto un anno dopo. Le luci adesso sono spente e la magia di due settimane in paradiso diventa d’improvviso un ricordo lontanissimo e sanguinante, spezzato da una sconfitta brutale e inattesa. Da una semifinale da sogno alla bruciante eliminazione al primo turno, questa non è più la casa di Cecchinato. In dodici mesi il favoloso mondo di Marco crolla senza attenuanti, sventrato dalla tensione e da un avversario di 37 anni in tabellone grazie a una wild card, l’ineffabile Mahut, numero 253 Atp, che verrà perennemente ricordato per la partita più lunga della storia in coabitazione con Isner (a Wimbledon nel 2010) e per tutti e quattro gli Slam vinti in doppio, ma che nei Major, in singolare, aveva superato il match inaugurale appena 4 volte su 16. Un tonfo pesante, prima di tutto nelle convinzioni che Ceck aveva maturato passo passo da quelle splendide giornate parigine del 2018, e poi nella classifica, con 720 punti evaporati in un solo pomeriggio che significano una discesa attorno al 40° posto (attualmente è 19). Malgrado tutto, ancora un piazzamento da palcoscenici di lusso, ma nei prossimi mesi Cecchinato, più che il ranking, dovrà pensare a ricostruire se stesso, a ritrovare le certezze tecniche e mentali che l’hanno portato lassù, senza più le pressioni di un risultato gigantesco ma ingombrante come quello di un anno fa. Per un perfido gioco del destino, la caduta contro il francese replica al contrario l’inizio di quella splendida avventura: allora Marco recuperò da due set sotto contro Copil, stavolta si fa rimontare dopo aver dominato i primi due parziali con la tranquillità del più forte.
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Il nuovo campo Mathieu, raccolto e palpitante, diventa il primo alleato dell’arrembante Nicolas, ma quell’italiano è troppo brutto per essere vero: «Sono molto deluso, inutile aggiungere altro. La pressione? Onestamente avevo solo bei ricordi, all’inizio ho giocato due set di buon livello. Poi è diventata una giornata pessima, ho sprecato troppo e nel quinto non ho spinto come dovevo, è l’aspetto che più mi fa male. Io di solito lotto, in quei momenti le situazioni le giro a mio favore». Sono quelle tre palle break non sfruttate nel settimo game dell’ultimo set a rimanere sul gozzo a un Cecchinato sull’orlo di una crisi di pianto: «Ho molte responsabilità in questa sconfitta, mi brucia molto. Scendere in classifica non è un dramma, nessuna tragedia, nessuna morte. Ora devo staccare completamente, superare questa delusione e ripartire dall’erba». Ma sono le ultime parole a dare il senso vero all’incubo: «Da Montecarlo in poi per tante ragioni non mi sono allenato bene e a questi livelli se non stai sul campo ore e ore tutti i giorni le partite non le vinci. Per fortuna d’ora in avanti non ho punti da difendere». (…)
Berrettini, esame superato (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
(…) Il match di Berrettini contro il veterano Andujar, 93 al mondo, si attorciglia attorno a complicazioni impreviste, soprattutto dopo il tie break del primo set che prende la direzione spagnola. Eppure alla fine Matteo supererà il test, spaccando il duello a forza di dritti vincenti (36) che compensano un rovescio troppe volte balbettante.
(…) la maturazione dell’allievo di Santopadre conosce una tappa importante. E se un anno fa «Berretto» affrontava le insidie parigine con lo spirito leggero del ragazzo appena arrivato alla dispensa delle delizie, adesso ci sono una classifica (32) e un blasone (ad aprile vittoria a Budapest e finale a Monaco) da difendere: «Ovvio che le aspettative ora sono differenti, l’asticella si è alzata e c’è più tensione. Ma se vuoi arrivare sempre più in alto fa parte del gioco. Sono cresciuto nel tennis e nella mentalità: in questa partita sono stato lucido nei momenti importanti e il tennis al meglio dei cinque set è tutta un’altra cosa». Sente di potersela giocare con tutti Matteo, e per questo è esigente con se stesso: «Mi sono sentito abbastanza in difficoltà in tutta la partita anche se dopo ll terzo set è andata meglio. Per fortuna sono stato bravo a tirarmi su con le armi migliori, servizio e diritto. Mi ha aiutato anche la pausa in bagno dopo il terzo set, mi sono guardato negli occhi e mi sono convinto che era il momento di spingere. Vincere anche quando non mi esprimo al massimo è un obiettivo fondamentale nel progetto che mi sono dato con il team, anche se sono consapevole di dover giocare meglio». Prossimo step il norvegese Ruud, figlio d’arte (il padre Christian fu numero 39 Atp), già numero uno juniores nel 2015 (ora ha vent’anni) e in decisa ascesa (numero 63 del mondo), ma lo sguardo non può che fissarsi oltre, al possibile incrocio di terzo turno contro Federer (…).