Dusan Lajovic, il serbo che non ti aspetti

Ormai da una decina di anni il tennis è diventato uno sport molto popolare in Serbia. Il merito naturalmente è stato soprattutto di Novak Djokovic, 15 volte campione Slam e attuale n.1 del mondo. Ma non solo. Inizialmente Nole era circondato da una serie di compagni di ottimo livello, ovvero Janko Tipsarevic, Viktor Troicki e il doppista Nenad Zijmonic, con i quali ha conquistato la prima e unica coppa Davis nella storia del tennis serbo nel 2010, alimentando l’interesse per questo sport in patria e la sua leggenda. E quando Djokovic è entrato nell’olimpo dei migliori giocatori della storia di questo sport è partita la naturale caccia all’erede. Prima Filip Krajinovic e poi Laslo Djere si sono ritrovati addosso quest’etichetta da adolescenti. 

Mentre il fenomeno di Belgrado continuava a fare incetta di trofei, i suoi compagni di Davis subivano l’inevitabile avanzare dell’età e gli eredi facevano fatica a reggere il peso delle aspettative. Dusan Lajovic, belgradese classe 1990, zitto zitto, cominciava ad affacciarsi al tennis che conta. I suoi progressi nel ranking raccontano di una crescita lenta ma inesorabile: vicino ai primi 400 nel 2010, dentro i primi 200 nel 2011, sfonda il muro dei top 100 nel 2014. Grazie agli ottavi di finale del Roland Garros, in quello che rimane ancora il suo miglior risultato a livello Slam. Battè Federico Delbonis, Jurgen Zopp e Jack Sock, tre avversari ostici ma non di certo dei fenomeni, e poi rimediò quattro giochi contro Rafa Nadal.

Dopo quel risultato, Lajovic si è fermato nel limbo dei giocatori che sono troppo forti per il circuito challenger (6 i titoli in carriera al piano di sotto) ma non abbastanza forti per sfondare in quello ATP, dove infatti non ha mai raggiunto una finale. La qualità di gioco c’era sicuramente, con un dritto abbastanza incisivo e un rovescio ad una mano che dal punto di vista stilistico si lascia apprezzare. Ma mancava qualcosa. Forse un po’ di pesantezza di palla, con quella corporatura da normotipo (1,83 di altezza) che di certo non aiuta. Forse un po’ di personalità che quell’aria da giocatore di circolo capitato lì per caso.

Dusan Lajovic – Montecarlo 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)

Che stesse qualcosa si stesse muovendo lo si poteva già intuire. Nella scorsa stagione ha ottenuto risultati di rilievo: quarti al Masters 1000 di Madrid, quarti a Pechino e semifinale a Lione e ancora. Aveva anche messo alle strette Alexander Zverev al secondo turno del Roland Garros, andando in vantaggio di due set a uno. “Sono cresciuto tanto mentalmente in questo ultimo anno. Grazie soprattutto al mio allenatore Javier Perlas (ex coach di Fognini, ndr), ha raccontato. E i suoi progressi si sono visti tutti questa settimana a Montecarlo, dove finalmente è balzato all’onore delle cronache, con la sua prima semifinale in un Masters 1000, conquistata peraltro senza perde un set.

La sua avventura monegasca è cominciata con un duplice 6-4 all’esordio sul tunisino Malek Jaziri. Ma dal secondo turno, Lajovic ha messo il turbo. Prima ha battuto comodamente David Goffin e, nel turno successivo, è riuscito nell’impresa di eliminare Dominic Thiem, vincitore del titolo ad Indian Wells e secondo tanti esperti il miglior giocatore su terra rossa al mondo dopo Nadal. Per il belgradese si è trattata della prima affermazione contro un giocatore classificato tra i primi cinque del mondo in carriera. Ottenuta con una prova a dir poco perfetta.  

Poi, ahinoi, è arrivato il successo nei quarti finale contro il nostro Lorenzo Sonego, anche lui protagonista di un grande torneo, col punteggio di 6-4 7-5. Lajovic è stato più bravo nella gestione del forte vento che spirava forte sul campo centrale del Country Club del Principato. “Le condizioni erano difficili per entrambi. Era difficile trovare il timing sulla palla. Alla fine, ha pagato la strategia di insistere sul suo rovescio, con il quale lui andava ancora più in difficoltà”, ha sottolineato il serbo a fine match. Nonostante un piccolo passaggio a vuoto nel secondo parziale, in cui Sonego ha avuto anche un set point. Ma alla fine è riuscito a portare a casa l’incontro. “A metà del secondo set ho perso il focus per tre game. Un po’ troppo. Lui è anche salito di livello. D’altronde ha giocato bene per tutta la settimana. Sono stato bravo a riprendermi subito e a chiudere con il servizio”, ha affermato.

E ora dovrà scendere in campo per la sua prima semifinale in un Masters 1000, a 28 anni, e dopo 12 da professionista. “Meglio tardi che mai”, ha commentato il serbo. Affronterà il lanciassimo 23enne russo Daniil Medvedev, n.14 del ranking ATP, giustiziere proprio di Djokovic ai quarti. Tra le mura amiche di Mosca sul finire della scorsa stagione, nel loro primo e unico scontro diretto, Medvedev aveva lasciato appena tre game a Lajovic. “Cercherò di farne quattro”, ha ironizzato il serbo. Ma anche lui sa di avere molte più chance di fare partita pari sulla lenta terra rossa monegasca rispetto a quell’incontro sul tappeto indoor. Inoltre, anche il russo è alla prima semifinale in un appuntamento così prestigioso e potrebbe pagare la tensione. Insomma, Lajovic parte sfavorito ma non battuto.

Dusan Lajovic – Montecarlo 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)

A prescindere da come vada a finire, dalla prossima settimana ritoccherà considerevolmente il suo best ranking, diventando il secondo giocatore serbo nel ranking ATP. E tutto ciò non potrà di certo passare per inosservato, finalmente.