ITF difende il World Tennis Tour: “Vogliamo aumentare il numero di chi guadagna col tennis”
Non accennano a placarsi le polemiche sollevate dall’introduzione dell’ITF World Tennis Tour, la nuova struttura che la Federazione Internazionale ha lanciato all’inizio del 2019 per tentare di migliorare la situazione economica dei tennisti che gravitano intorno al circuito professionistico minore. In realtà, fino a questo momento ci sono state solamente lamentele su lamentele da parte di decine se non centinaia di giocatori che si sentono tagliati fuori da questo nuovo sistema che non assegna più punti ATP alla maggior parte dei tornei ITF, soprattutto quelli di livello minore, e limita in maniera severissima l’accesso ai tabelloni degli eventi esistenti.
Dopo l’esternazione del vice presidente della DTB tedesca Dirk Hordoff, che ha suggerito un rapporto di causa-effetto tra la vendita del live score dei tornei ITF alle agenzie di betting e il rifiuto dell’ATP ad attribuire punti ai tornei ITF di livello più basso (fatto questo contestato sia dall’ITF sia dall’ATP), la Federazione Internazionale ha voluto far sapere la propria posizione in una media conference call alla quale ha partecipato anche Ubitennis.
“Questa riforma è iniziata nel 2012 – ha spiegato Jackie Nesbitt, Executive Director ITF Circuits – quando il Board dell’ITF ha deciso di agire sul fatto che i prize money dei tornei di più basso livello (Livello 1 e Livello 2) non erano stati aumentati per parecchi anni (precisamente dal 1998 per il circuito maschile e dal 2011 per il circuito femminile). Tuttavia, invece di un semplice aumento dei montepremi, si è deciso di effettuare una revisione completa di tutto il circuito che ha portato alla luce ciò: nonostante la presenza di notevoli risorse economiche nel tennis professionistico (282 milioni di dollari di montepremi globale), solamente 336 tennisti e 253 tenniste erano in grado di arrivare a pareggio in un’annata standard, e questo escludendo i costi per un eventuale coach”.
La realizzazione di questa situazione ha portato l’ITF a commissionare una serie di simulazioni basate sull’analisi dei dati disponibili per determinare quale fossero i ritocchi più opportuni da apportare ai montepremi (che per il Livello 1 sono comunque passati da 10.000 a 15.000 dollari mentre per il Livello due sono passati da 15.000 a 25.000 dollari), e questo esercizio ha constatato come “non c’era nessun sostenibile aumento di prize-money che avrebbe migliorato in maniera sensibile il numero di tennisti al di sopra del break-even, e ciò a causa dell’enorme numero (quasi 14.000 tra uomini e donne) di giocatori che ogni anno competevano per suddividersi il montepremi”.
In altre parole, non era sufficiente aumentare la dimensione della torta: per poter far sì che un numero congruo di tennisti potesse portare a casa una fetta sufficientemente grande di quella torta da poterci campare, era necessario ridurre il numero delle fette. Da qui l’esigenza di trovare un meccanismo che evitasse di distribuire poche migliaia, se non centinaia, di dollari ad una miriade di giocatori semi-professionisti e concentrare i guadagni nelle tasche dei migliori, in modo tale che questi possano rendere economicamente sostenibile la loro attività e riescano a salire di livello arrivando ai circuiti professionistici maggiori dell’ATP e della WTA.
“La nostra visione è quella di sostenere i migliori tennisti e tenniste nella loro attività professionistica e di far sì che i migliori tra loro possano arrivare nei due Tour professionistici” ha detto Nesbitt.
“Già nei primi mesi in cui la nuova struttura è stata in vigore si è assistito ad un abbassamento dell’età media dei partecipanti ai tornei ITF – è stato trionfalmente annunciato – da 24,3 a 23,2 anni per gli uomini e da 22,1 a 21,4 per le donne”.
Inoltre è stato creato un percorso privilegiato per i migliori giocatori junior che ora hanno un posto riservato nei tabelloni dei tornei ITF e nelle qualificazioni dei Challenger. “Finora non vi era alcun incentivo per i giovani atleti a competere nelle competizioni Junior – ha spiegato sempre Nesbitt – e chi lo faceva era costretto a sobbarcarsi il doppio lavoro per poter anche iniziare a costruirsi una classifica pro. Ora grazie a questo percorso privilegiato possono concentrarsi sulle competizioni contro i pari età, che forniscono un ambiente più sicuro e nel quale possono maturare e imparare a conoscere i vari aspetti della professione di tennista”.
Uno dei KPI (Key Performance Indicator), ovvero i parametri principali che verranno utilizzati per misurare il successo di questo intervento sarà la misurazione del numero di tennisti che, in base ai dati disponibili, riusciranno ad andare in pareggio alla fine dell’anno (esclusi i costi per il coach), così come era stato misurato durante la revisione del 2012. “Se quel numero di 336 più 253 dovesse iniziare a salire – dicono all’ITF – allora vuol dire che la riforma avrà avuto successo“.
Se lo spirito della riforma è certamente condivisibile, sembra comunque altrettanto certo che il modo in cui è stata implementata lasci parecchio a desiderare, considerando la mole di proteste che stanno arrivando da tutte le parti. “Siamo certamente disposti a rivedere alcuni aspetti del sistema, purché si tratti di una revisione basata sui dati e sul feedback ricevuto da tutti i componenti del circuito. La riforma è stata decisa congiuntamente da ATP, WTA e ITF e le tre organizzazioni sono equamente impegnate nel raccogliere i risultati di questo cambiamento, analizzarli e renderli pubblici. Se si dovesse arrivare alla decisione di aggiustare il tiro lo si farà dopo un’accurata analisi delle informazioni ottenute e delle opinioni di tutte le organizzazioni coinvolte”.
C’è dunque apertura da parte dell’ITF a promuovere qualche ritocco a questa nuova architettura del tennis professionistico di base, anche se sembra improbabile che si vedranno cambiamenti a breve termine, dato che sono passati appena due mesi da quando questo nuovo assetto è stato varato. Gli aspiranti professionisti tagliati fuori in maniera piuttosto brutale da questa riforma sembrano essere sul piede di guerra e da più parti si sentono voci di possibili reazioni drastiche da parte loro. C’è da sperare soltanto che qualunque soluzione verrà trovata alla fine si agisca tutti per il bene del tennis e non per tutelare gli interessi di qualcuno che ne gestisce solo una parte.