Le finali ripetute: un viaggio allucinante
Centotrenta, se l’aritmetica non inganna e se non ci siamo persi troppi tornei. La metà esatta, sessantacinque, nell’Era Open. Sono le ‘finali ripetute’, ovvero tutte le volte in cui un torneo maschile si è risolto con la stessa finale per (almeno) due anni di fila. Dati emersi da un ‘viaggio allucinante’, ispirato come il libro di Isaac Asimov dalla sceneggiatura di un film – quello del tennis, in questo caso – e più precisamente dall’edizione 2018 del BB&T Atlanta Open, vinto da John Isner contro lo stesso avversario – Ryan Harrison – battuto in finale dodici mesi prima. Al torneo statunitense era già capitato di poter riciclare i biglietti della finale nell’edizione 2011, quando lo stesso Isner aveva raccolto la seconda targhetta da runner-up consecutiva al cospetto di Mardy Fish.
Quante altre manifestazioni condividono con il torneo di Atlanta questa particolarità? Quarantanove, sebbene in diciannove casi si tratti di tornei dismessi. Nell’elenco dei trenta tornei ancora in vita compaiono tutti gli Slam e tutti i Masters 1000 – presenti e passati – ad esclusione di Shanghai, creatura giovane che avrà probabilmente tempo di mettersi al passo, e del vecchio Eurocard Open di Essen/Stoccarda, che ha fatto parte appena per sette stagioni del novero degli ATP Super 9 (gli antenati dei mille).
La presenza di tutti gli eventi più prestigiosi non sembra affatto una casualità. Per quanto sia necessario l’incastro di diverse circostanze perché un torneo riproponga la stessa finale in due edizioni consecutive, il trend è evidente e i nomi degli eventi che guidano questa speciale graduatoria sono esattamente quelli che ci si aspetterebbe. Nessun torneo può vantare tante ‘finali ripetute’ quante le 14 di Wimbledon (6 in Era Open), statistica certo agevolata dalla presenza del Challenge Round che è rimasto in vigore fino al 1922. Di queste quattordici sfide, quattro si sono addirittura ripetute più di due volte. W. Renshaw-Lawford dal 1884 al 1886 e Baddeley-Pim per quattro volte dal 1891 al 1894, in regime di challenge round; da quando i campioni in carica hanno cominciato a disputare il torneo per intero come gli altri sfidanti, è accaduto ancora tra il 1988 e il 1990 (le tre finali tra Edberg e Becker, con due successi dello svedese) e nel triennio 2006-2008, quello dominato quasi ad ogni latitudine da Federer e Nadal.
Nelle tre stagioni i due monopolizzarono anche le finali del Roland Garros e di Montecarlo (impietoso 6-0 in favore di Nadal), e sarebbe probabilmente finita nello stesso modo anche ad Amburgo se nel 2006 non avessero entrambi disertato il torneo, prima di spartirsi i titoli del 2007 e del 2008. Aggiungendo le finali del biennio 2009-2010 a Madrid (bilancio 1-1), si arriva a cinque tornei in cui la finale Federer-Nadal si è ripetuta per almeno due anni di fila: ça va sans dire, nessuna coppia di sfidanti ha saputo fare tanto ad eccezione di Rosewall-Laver (anche loro a 5 finali ripetute), rivalità agevolata in modo consistente dalle sfide nel circuito professionistico.
Vi si sono avvicinati Federer e Djokovic, capaci di darsi appuntamento e ritrovarsi dodici mesi dopo in quattro tornei: Indian Wells, Wimbledon e Finals nel biennio 2014-2015, quando il serbo si è sempre riconfermato, in aggiunta alle due finali di Basilea nel 2009 e nel 2010. A quota quattro figura anche la coppia Lendl-McEnroe, mentre a tre ci sono Borg-McEnroe e Becker-Edberg. Non è un caso che compaiano praticamente tutte le rivalità più significative della storia del tennis, a testimonianza del fatto che una statistica che a prima vista può apparire casuale, in realtà depone tanto in favore della competitività del torneo quanto di chi se lo va a contendere (e ri-contendere) in finale. Il fanalino di coda tra le rivalità più famose è Sampras-Agassi, edita – e riedita – solo a Key Biscane tra 1994 e 1995.
50 i tornei incriminati, sono 23 quelli in cui le finali ripetute sono più d’una. Tutti gli Slam, ma anche tornei di grande tradizione come Barcellona, Queen’s e Amburgo, sebbene quest’ultimo non se la stia passando benissimo: sembra evidente che laddove un torneo eserciti grande attrattiva sui tennisti, è più facile che due avversari si ritrovino dai lati opposti della rete a distanza di un anno per contendersi il titolo. Il Torneo Godó di Barcellona è anche l’unico, in Era Open, nel quale una stessa finale sia stata replicata in due bienni non consecutivi: Nadal-Ferrer, andata in scena nel 2008 e nel 2009 e poi ancora nel 2011 e nel 2012, con il valenciano capace di vincere appena un set.
Tra i tornei con finali pluri-ripetute c’è spazio anche per l’angolo nostalgia, con otto tornei scomparsi. Il SAP Open, o Pacific Coast Championships, quello di maggior tradizione: parliamo del secondo torneo più vecchio degli Stati Uniti dopo l’US Open, con ultima sede a San José – dove è ricomparso ora un evento femminile – sino al 2013. Tutti e tre i vecchi ‘Major’ del circuito professionistico, sfaldatosi nel 1968: l’U.S. Pro Tennis Championships di Boston, teatro della tripla sfida tra i Pancho (Segura e Gonzales) nel triennio 1955-57, il French Pro Championship di Parigi, dove Rosewall e Laver si sfidarono quattro volte di fila dal ’64 al ’66, e il Wembley Championship, che si disputava sull’indoor di un arena londinese – l’Empire Pool.
Tornando all’attualità e detto del primato di Wimbledon (14), segue l’Australian Open a 9 lunghezze. La prima finale a ripetersi fu Crawford-Hopman nelle stagioni 1931 e 1932, quando ancora il torneo era un affare esclusivo per autoctoni, l’ultima è stata Djokovic-Murray nel biennio 2015-2016. Al Roland Garros è accaduto 7 volte, solo due delle quali in Era Open, mentre l’US Open è fermo a 6 finali ripetute ma tutte abbastanza significative. Tilden-Johnston si è giocata ben quattro volte di fila tra il 1922 e il 1925 con il medesimo esito (4-o Tilden), Parker-Talbert è stata a tutti gli effetti l’unica finale vista in un Major nel biennio 1944-1945, con il tennis europeo cristallizzato dagli orrori della guerra. Le altre quattro finali sono tra le pièce teatrali più viste della storia di questo sport: Emerson-Laver (1961-1962), McEnroe-Borg (1980-1981, gemelle delle due finali di Wimbledon), Connors-Lendl (1982-1983) e Djokovic-Nadal (2010-2011), la partita più giocata di sempre.
Esaurito l’argomento dei grandi tornei e delle grandi rivalità, la raccolta delle finali ripetute non è esente da bizzarrie più difficilmente spiegabili. Come quel Moya-Srichapan andato in scena nel 2004 e poi ancora nel 2005 a Chennai, con identico esito in favore dello spagnolo, numero di set e addirittura punteggio del tie-break decisivo (sette punti a cinque); senza trascurare Schalken-Clément che ha deciso il torneo di ‘s-Hertogenbosch nel 2002 e nel 2003 (doppietta del primo, olandese) e più di recente il bis regalato da Cilic e Bautista Agut nelle edizioni 2014 e 2015 della Kremlin Cup di Mosca, anche qui con stesso esito (vittoria di Cilic) e stesso punteggio (6-4 6-4). Non saranno Lendl e McEnroe ma provateci voi a rifarla uguale (ma proprio uguale!), una finale.