Caso Serena-Ramos, giudici di sedia pronti a scioperare?

Dal match point della finale femminile degli US Open, se non addirittura da qualche game prima, hanno aperto bocca tutti. Per prima, e tra le peggiori, Serena Williams, protagonista di una scenata che aveva molto poco a vedere con i diritti delle donne da lei tirati in ballo e tanto in comune con il “lei non sa chi sono io” dei prepotenti. Poi dietro di lei si è accodato tutto il carrozzone di colleghe, ex-tennisti, giornalisti, opinionisti della domenica. Nella maggior parte dei casi, come spesso purtroppo capita, le voci più rumorose si sono rivelate anche quelle più ignoranti riguardo le regole del tennis.

Chi ha taciuto, in tutto questo, è stato proprio l’involontario protagonista: Carlos Ramos. Il giudice di sedia Golden Badge – il livello più alto della categoria – ha dovuto abbandonare l’Arthur Ashe Stadium addirittura sotto scorta. In seguito, per non peggiorare ulteriormente il clima all’interno di uno stadio ululante, gli è stata sconsigliata la presenza alla premiazione, da anni una consuetudine per il chair umpire della finale di uno Slam. Finale per la quale, stando all’ex arbitro e vicepresidente dell’ATP Richard Ings, Ramos ha guadagnato la miseria di 370£ (contro la cifra record di 1.850.000$ per la finalista, decurtata dei 17.000 della multa).

Ai giudici del tennis, così come agli arbitri di numerosi altri sport, è proibito rilasciare interviste riguardanti la propria professione. Ramos però tornerà sulla sua sedia già questo weekend, per arbitrare la semifinale di Coppa Davis tra Croazia e Stati Uniti allo Sportski centar Visnjik di Zara. Un segnale importante da parte della International Tennis Federation, che dà seguito all’unico comunicato sensato da parte degli organi ufficiali del tennis sull’episodio di sabato sera. “Il signor Ramos ha adempiuto ai suoi doveri in concordanza con il regolamento e ha agito per tutto il tempo con professionalità e integrità” chiarisce la necessaria nota resa pubblica lunedì.

Poche parole ma doverose, di segno opposto a quelle rilasciate da USTA e WTA attraverso le parole della presidentessa Katrina Adams e del CEO Steve Simon. Le due associazioni hanno aggirato la questione principale, schierandosi a difesa della loro tennista più celebre (e monetizzabile). “Serena sul podio si è comportata con classe e sportività, è una ispirazione”. Già, ma in campo? Il secondo comunicato, e questo è il peggio, metteva in dubbio l’integrità dell’arbitraggio. “Non dovrebbero esserci disparità negli standard di tolleranza delle emozioni espresse da uomini e donne” si legge, “pensiamo che questo non sia stato fatto l’altra sera.”

È probabilmente a causa di queste velate accuse di sessismo, in grado di compromettere la credibilità di una intera categoria professionale, che gli arbitri di tennis sembrano vicini alla loro prima class action pubblica nella storia di questo sport. Stando a quanto appreso dal quotidiano britannico ‘The Times‘ tramite una fonte interna anonima, ci sarebbe un crescente consenso tra i giudici di sedia e di linea nel boicottare le assegnazioni per i prossimi incontri di Serena Williams fino a quando la statunitense non porgerà scuse ufficiali a Ramos per averlo chiamato “bugiardo” e “ladro”, le offese che sono risultate nella terza code violation e quindi nella game penalty.

La racchetta rotta da Serena – credit to USTA/Darren Carroll

Secondo la fonte ciò che è stato particolarmente sgradito è la “mancanza di supporto” della USTA, la cui organizzazione dell’evento sembra fosse stata già oggetto di critiche da parte degli arbitri. “Ramos è stato gettato in pasto ai lupi” e “non si trovava di certo lì per subire abusi di quel tipo per questo.” Alla categoria degli arbitri, divisa in gruppi che fanno capo alle varie associazioni ATP, WTA e ITF, manca in effetti un corpo di tipo sindacale che ne rappresenti gli interessi in modo unitario nelle sedi ufficiali. Che lo sciopero selettivo abbia davvero luogo o meno, forse finalmente quella dei giudici diventerà una categoria tutelata quanto merita.