Il crollo di Serena e la scenata inspiegabile (Clerici, Audisio, Piccardi, Semeraro, Azzolini), Immenso Djokovic è lui il re di New York (Piccardi, Lopes Pegna)

Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

 

La Williams sconfitta dopo una furibonda lite con l’arbitro, sotto accusa per averla discriminata.

 

Gianni Clerici, la repubblica del 10.09.2018

 

“Te l’aspettavi la sconfitta di Serena?” mi chiede un appassionato. “No. Nemmeno che perdesse un set. Se non fossi stato impedito dal regolamento dell’Iwta (Associazione Internazionale Tennis Scrittori) avrei scommesso su di lei”. “Perché credi che abbia perso?”. “Perché, vieni, devo essere sottovalutato la sua avversaria.” Perchè non è aspettava la lite con l’arbitro Carlos Ramos. “Com’è andata infatti? Mai visto qualcosa di simile?”. “Mai visto”. “Vuoi ricordarla?” Ci provo. Serena ha infatti perduto il primo set, 6-2, facendo apparire Naomi un fenomeno dei tiri veloci, come contropiede. Non in gran serata, questa Williams non meno sorprese di me,inizia una sceneggiata – non voglio chiamarla altrimenti – con l’arbitro, Carlos Ramos. Serena infatti riceva un “avvertimento” che sii ammonizione, per coaching, che chiamerei “suggerimento”. Un che vedo in televisione, mi pare che il suo coach greco-francese, Patrick Mouratoglou non le abbia suggerito niente. Ho solo fatto un gesto con gli avambracci, vieni a dire una “forza”. Furiosa per l’ammonizione, Serena spacca vistosamente la racchetta, per poi iniziare, da sotto il seggiolone, una discussione con l’arbitro che sembra, da parte sua, mantenere la calma. «Non sono un’imbrogliona, non faccio queste cose, ho una figlia. Non c’è stato coaching. Sei un bugiardo, mi manchi di rispetto.Frase a cui segue la solidarietà di Billie Jean King: «Quando una donna si lascia alle emozioni del momento diventa subito una” isterica “e viene penalizzata. Quando lo fa un uomo, diventa invece “schietto” e non ci sono ripercussioni. Grazie, Serena, per aver portato alla luce questo doppio standard ». Va detto, al riguardo, che, dopo la partita, è stato detto diversamente che il suo gesto «potresti ritenersi coaching». Forse è stato troppo onesto, perché con la stessa sicurezza ha giustificato il comportamento disumano di Ramos. Intanto alla parola “bugiardo” è scattato il terzo avviso, che Serena vede apparire sul tabellone luminoso, e che consegna una Naomi addirittura un gioco, mandandola a 5-3.Serena fuori di sé continua a chiamare ladro l’arbitro Ramos, e non troverà più il modo di reagire nel gioco. Che cosa ne penso, mi chiedo amico. Interpretazione priva di umanità, di un tipo che si è sentito offeso, ha vietato a se stesso di intuire che il “coaching” non era stato bello, e che aveva, lui stesso, provocato l’esplosione di Serena. Credo che una situazione normale abbia avuto le sue chances di rimontare e vincere Ma come chiamare normale ciò che sfugge a regole grave, ma obiettiva? II coaching Inizio 2 ° set: Serena riceve un richiamo per consigli dal suo allenatore in tribuna, proibiti dal regolamento La prima infrazione vale come avvertimento 4 Le proteste Serena chiama Earley, il giudice del torneo.Su Twitter ha il sostegno di Billie Jean King e Azarenka La premiazione Ramos non è stata una partecipazione alla cerimonia. Durante il discorso Williams, esorta il pubblico ad applaudire la vincitrice a cui fa i complimenti 2 Abuso di racchetta Sul 3 a 2 Serena rompe la racchetta “intenzionalmente”.

 

La battaglia dei sessi di Serena

 

Emanuela Audisio, la repubblica del 10.09.2018

 

Giochi di potere. Quando Serena Williams urla all’arbitro Ramos non è solo un’atleta imbestialita che lotta per il diritto alle donne a manifestare la propria rabbia. È molto oltre la battaglia del sessi. Infatti Serena ha incassato subito l’appoggio di Billie Jean King, ex campionessa, sindacalista, fondatrice della Wta, ispiratrice del film “La battaglia dei sessi”, ricordo dello storico incontro da lei e vinto nel 1973 contro Bobby Riggs, prima volta di una femmina contro un maschio. E anche dell’attrice americana Ellen DeGeneres: «Hai cambiato il mondo in meglio, questo per me vale più di una partita». Quando Serena, in una versione femminile di Buffon in Coppa Campioni, pretende le scuse del giudice, forse più fiscale che sessista, e gli urla: «Io non frego per vincere, preferisco perdere», è perché vede la sua carriera per il primo allenatore, si considera indignamente macchiata di una lettera scarlatta che non merita. Gliela hanno dati perchè donna? Difficile provarlo: quest’anno gli uomini hanno ricevuto 23 multe per violazione del regolamento contro le 9 delle donne. Segno che l’ira maschile non viene condonata. McEnroe, molto cattivo, nel ’90 agli Open d’Australia è squalificato al quarto turno per i suoi eccessi, Fabio Fognini l’anno scorso è stato multato e cacciato dagli Stati Uniti per insulto sessista all’arbitro donna. È vero che il giudice Ramos, abituato ad arbitrare gli uomini, è uno che guarda troppo al regolamento, che la Wta ammette il giudice di coaching (ma non nei tornei del Grande Slam), e che Alizé Cornet agli Us Open ha un avvertimento per essersi cambiata la maglietta in campo, cosa che fanno normalmente i maschi, ma il giorno dopo ha ricevuto le scuse e la regola (sessista) è stata cambiata. Ma è anche vero che se dal del ladro all’arbitro, spacchi la racchetta, e perdi la testa perché una ventenne ti sta cacciando dal tuo regno, non puoi venirne fuori immacolata. Resta che Serena Williams non è più solo una grande tennista. A 37 anni è una regina d’America che pranza con Oprah Winfrey, partecipa al matrimonio di Harry e Meghan, balla con Michelle Obama. Nessuno può venire da giocare, nessuno può accusare di barare dopo quasi un ventennio di trionfi sportivi. Questo lei pensa nel momento del tono. E in uno sport che ormai non è un momento della vita, che passa e va, ma un posto di lavoro da mantenere e dove le valere gerarchie, pretese, e nuovi diritti per le donne. All’organizzatore Ion Tiriac che l’anno scorso aveva espresso dubbi sul fatto che Serena «a 36 anni e con 90 chili» sta tornando numero uno, lei ha detto che la ciccia era sua e le piaceva . Quando il presidente Obama nel 2016 diede l’addio alla Casa Bianca, chiuse il suo ultimo discorso lasciando cadere un microfono. Chi l’aveva fatto quel gesto qualche settimana prima? Kobe Bryant, campione di basket, alla sua ultima partita Nba. Ora non è mai capitato che io predecessori di Obama copiassero il gesto di uno sportivo nero, anzi diciamo che a Jesse Owens anno scorso avevo espresso dubbi sul fatto che Serena «a 36 anni e con 90 chili» sta tornando numero uno, lei ha detto che la ciccia era sua e le piaceva e glielo avrebbe detto di persona a quel maleducato. Quando il presidente Obama nel 2016 diede l’addio alla Casa Bianca, chiuse il suo ultimo discorso lasciando cadere un microfono. Chi l’aveva fatto quel gesto qualche settimana prima? Kobe Bryant, campione di basket, alla sua ultima partita Nba. Ora non è mai capitato che io predecessori di Obama copiassero il gesto di uno sportivo nero, anzi diciamo che a Jesse Owens anno scorso avevo espresso dubbi sul fatto che Serena «a 36 anni e con 90 chili» sta tornando numero uno, lei ha detto che la ciccia era sua e le piaceva e glielo avrebbe detto di persona a quel maleducato. Quando il presidente Obama nel 2016 diede l’addio alla Casa Bianca, chiuse il suo ultimo discorso lasciando cadere un microfono. Chi l’aveva fatto quel gesto qualche settimana prima? Kobe Bryant, campione di basket, alla sua ultima partita Nba. Ora non è mai capitato che io predecessori di Obama copiassero il gesto di uno sportivo nero, anzi diciamo che a Jesse Owens Quando il presidente Obama nel 2016 diede l’addio alla Casa Bianca, chiuse il suo ultimo discorso lasciando cadere un microfono. Chi l’aveva fatto quel gesto qualche settimana prima? Kobe Bryant, campione di basket, alla sua ultima partita Nba. Ora non è mai capitato che io predecessori di Obama copiassero il gesto di uno sportivo nero, anzi diciamo che a Jesse Owens Quando il presidente Obama nel 2016 diede l’addio alla Casa Bianca, chiuse il suo ultimo discorso lasciando cadere un microfono. Chi l’aveva fatto quel gesto qualche settimana prima? Kobe Bryant, campione di basket, alla sua ultima partita Nba. Ora non è mai capitato che io predecessori di Obama copiassero il gesto di uno sportivo nero, anzi diciamo che a Jesse Owens

 

Serena, gli insulti al giudice, la sconfitta «Io vittima di una decisione sessista»

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 10.09.2018

 

“Ci sono uomini che in campo di tennis sono ben di peggio. Perché sono una donna mi stai rubando la partita. Non è giusto! “. Ambientata sul palcoscenico della finale dell’Open Usa nell’epoca del #MeToo, amplificata dal tam tam dei social e dal vocione delle pasionarie di Hollywood, la crisi isterica di Serena Williams è diventata un manifesto del femminismo. Con lo Slam di casa, la più grande di ogni tempo ha sempre un rapporto controverso: sei dei 23 titoli maggiori sono stati vinti a New York ma parecchie delle sue sconfitte sono entrate in archivio alla voce «contenzioso con i giudici». Nel 2004 contro la Capriati, nel 2009 con la Clijsters (quando Serena minacciò la giudice di linea Shino Tsurubuchi di farle ingoiare la pallina: kappaò e multa di 82.500), nel 2o in finale con la Stosur e nel 2015 in semifinale con Roberta Vinci, la tarantina che fa deragliare la fuoriclasse dai binari del Grande Slam (quello vero). Sabato, sul centrale di Flushing, sembra semplicemente una giornata storta. La giustizia della folla, l’ansia di eguagliare Margaret Court nel numero di Slam vinti, l’obbligo di aderire alla strepitosa campagna di marketing avviata a Wimbledon («Sono arrivata in finale per tutte le mamme!») E vicina al perfezionamento a York: ritorna un ruggito un anno dalla nascita, travagliata e piena di complicazioni post partum, della piccola Olimpia. Ma dall’altra parte della rete la leonessa rauca si è ritrovata una 2oenne fresca e coriacea, la giapponese Naomi Osaka cresciuta nel suo mito, e sulla sedia del giudice un inflessibile portoghese, Carlos Ramos, abituato alle intemperanze degli uomini. Nel secondo set, quando Serena già perdeva 6-2, Ramos ha applicato alla lettera il regolamento: richiamo per coaching (ammesso da Patrick Mouratoglou, allenatore della divina; nota a margine: tutte si fanno consiliare dalla tribuna ma finche c’è una regola punto di penalità per aver spaccato la racchetta, gioco di penalità per «insulto udibile» all’arbitro («Sei un ladro!»). Volata sul 5-4 grazie all’incredibile zuffa tra l’avversaria nobile e il giudice pedante, l’incredula e la mortificata di Osaka non si è fatta più riprendere. Un match passato alla storia per i motivi sbagliati, ha titolato il New York Times, smontando le tesi di sessismo di Serena: gli interventi per violazione del codice di comportamento ai danni degli uomini tutti Open Usa sono stati 23, contro gli appena 9 delle donne (Williams inclusa, più di 17.000). Difficile sostenere che a New York gli arbitri ce l’hanno con le tenniste in un torneo che, storicamente, ha punito McEnroe, Connors, e, più modestamente, Fabio Fognini, espulso da Flushing l’anno scorso per insulti sessisti alla giudice di sedia. Ma l’evidenza dei fatti non ha fermato la crociata della Williams, che ha ottenuto l’applauso per la Osaka (bel gesto doveroso) è sfogata in conferenza stampa: «Non ho mai barato in vita mia: preferisco perdere. L’arbitro mi ha rubato un gioco. Ho visto gli uomini dire le cose senza essere sanzionati: con un maschio non l’avrebbe fatto. Mi sono battuto per la parità delle donne e continuerò a farlo ». Bilie Jean King, la prima sindacalista del tennis, (“Quando una donna è emotiva, diventa isterica.”), insieme a Ellen DeGeneres («Serena ha cambiato il mondo in meglio: vale più di una partita »), Shonda Rhimes, potente creatrice di Grey’s Anathomy (« Ha ragione. Punto ») e molte colleghe. «Mi sono chiesta cosa ha pensato Olympia di me …» ha mormorato Serena in lacrime. 

 

Mamma Serena, lacrime e nervi

 

Stefano Semeraro, la stampa del 10-09-2018

 

Nel giorno dopo la finale femminile degli Us Open è una guerra di Secessione del tennis, uno scontro di cultura e di slogan. E dal fumo dei social e dei comunicati, come è prassi, stenta a emerge il buonsenso. Serena Williams e la sua polemica sanguinosa con l’arbitro Carlos Ramos, reo di averle affibbiato prima un avvertimento, poi un punto (racchetta spaccata ) e infine un gioco di penalità dopo essersi sentito definire «ladro», «bugiardo» e «sessista» in mondovisione. Dall’altra chi crocifigge la ex n. 1 per una sceneggiata, indegna di una campionessa che vuole proporsi come modello. «I suggerimenti per essere permessi nel tennis», tuona Billie Jean King, pasionaria (in epoca non sospetta) dell’uguaglianza. «Se una donna mostra le emozioni è isterica, se lo fa un uomo ha carattere. Grazie Serena, per aver svelato che ci sono due pesi e due misure ». Pericolo New York Post la Williams «è solo una cattiva perdente», secondo un altro ex n.1 vieni Andy Roddick «è stato il peggiore arbitraggio che abbia mai visto» e anche la grande Chris Evert sta con Serena. Il premio testa nella sabbia va alla Wta: «Serena gioca sempre con classe e con grande sportività». Ha vinto 1,8 milioni di scatti Tirare in ballo Weistein e Asia Argento si sbizzarrisce, dopo il match Serena ha però riacceso il lanciafiamme: «Io sono qui a combattere per le donne, le madri e le pari opportunità. Non ho visto mai uomini per aver dato del ragazzo all’arbitro: per me questo è sessismo ». Con buona grazia di chi credeva che Serena sabato si sta combattendo – anche solo per 3,8 milioni di copie del montepremi (ne ha vinti solo 1,8) e il record di 24 Slam. E di chi ricorda la semifinale del 2009, sempre agli Us Open, in cui la Pantera in crisi isterica è una punizione di piede: «vorrei ficcarti in gola questa pallina fino a soffocarti». Sessismo anche quello? Allora la multa fu di 82.500, stavolta solo di 17 mila. Coaching, regola da rivedere Come ha sottolineato l’ex arbitro e opinionista Richard Ings, il coaching era tutto (lo vedo io video), il resto lo ha fatto la Williams spaccando la racchetta e perdendo la testa. Ramos del resto è giudice di sedia esperto e rispettato, se vogliamo un filo pignolo: Nadal pensa, «con rammarico», Grazie per averlo, e Djokovic, un Wimbledon lo ha rimproverato di aver usato due metri diversi (oplà), il suo avversario è solo il suo lancio di racchetta e non quello del suo avversario Nishikori. È vero, come ha detto Mouratoglou commentando il warning per i consigli incriminati, che «tutti i coach lo fanno», e che la regola è da rivedere. Ma per il momento è ancora una regola. Mamma Serena potrebbe invece convenire che i rimetterci di più nella faccenda è stata una giovane donna: la dolce naomi, che ha stravinto ma si è vista rovinata la festa proprio dal suo mito d’infanzia. Vatti a fidare, dei modelli. – John McEnroe, 1981 A Wimbledon nel primo turno contro Gullikson, McEnroe contesta l’arbitro James: «Non puoi essere serio» (non puoi essere serio). Poi dà dell ‘ idiota al supervisore Fred Hoyles e presenta gli arbitri «la feccia del mondo». Due punti di penalizzazione e 750 sterline di madrid John McEnroe, 1990 Australian Open: semper McEnroe, che può riempire un trattato in materia, contrari alla concorrenza, del figlio di … » capellone »al supervisore (calvo). Dopo tre infrazioni squalificato ed esce dal torneo Serena Williams, 2009 Agli Us Open, in semifinale con la Clijsters, Serena perde la testa e minaccia il giudice di linea giapponese, che ha fatto un fallo di mano, di farle ingoiare una pallina da tennis «fino a farti soffocare» … .. dà del «figlio di …» al giudice di sedia e di «capellone» al supervisore (calvo). Dopo tre infrazioni squalificato ed esce dal torneo Serena Williams, 2009 Agli Us Open, in semifinale con la Clijsters, Serena perde la testa e minaccia il giudice di linea giapponese, che ha fatto un fallo di mano, di farle ingoiare una pallina da tennis «fino a farti soffocare» … .. dà del «figlio di …» al giudice di sedia e di «capellone» al supervisore (calvo). Dopo tre infrazioni squalificato ed esce dal torneo Serena Williams, 2009 Agli Us Open, in semifinale con la Clijsters, Serena perde la testa e minaccia il giudice di linea giapponese, che ha fatto un fallo di mano, di farle ingoiare una pallina da tennis «fino a farti soffocare» … ..

 

Si, c’è un caso arbitri

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 10.09.2018

 

Alla fine, che colpa ne ha la giovane? Nessuna, ovvio, ma se sta sta in disparte, fuori dalla festa che festa non è. ll pubblico rumoreggia, fischia, la tempesta non si è ancora placata, e Naomi Osaka piange, non di gioia, ma di avvilimento. Anche Serena Williams piange, è spesso una guida lungo la strada della rivendicazione, che spesso procede a un così tanto dal baratro della maleducazione. Eppure, punteggio alla mano, non c’è risultato più limpido: Naomi ha giocato meglio, uno sforzo dal servizio devastante. Ha dominato il primo set, ha ripreso il secondo in rimonta. Si è compiuto, nel frastuono della protesta, un passaggio di consegne che ha bisogno di ulteriori conferme, ma che è già possibile individuare nelle cifre del match, nei gesti tecnici delle due, nei modi di fare: tra le tante che ci provano, l’erede di Serena è proprio lei, Naomi Osaka La più diretta discendente. Una figlia. Se ne accorge anche Serena, che alla fine l’abbraccia «Lei non c’è», la multa che Serena deve pagare. Nel 2009 la semifinale le costò 10.500 pubblico, «lei ha vinto il suo primo Slam con merito. Applauditela. Io mi rifarti. Lo sapete tutti che mi rifarti ». Sessismo, accusano Billie Jean King e Vika Zarenka, il giorno dopo. E puro James Blake, ex n. 4 affermazioni «Se quelle parole che ha detto Serena le signore dette un uomo, nessun provvedimento sarebbe stato preso». Ce del vero, poco da fare. Nel tennis maschile volano parole più sanguinose, e tutti zitti. Anche l’arbitro Carlos Ramos, che sabato è stato uno dei tre protagonisti sbagliati della finale. Tre, pert), non uno solo. Non solo l’arbitro … Gli altri due sono Serena e il suo allenatore, Patrick Mouratoglou, e tutti assieme hanno rovinato la prima vittoria di una tennista giapponese nello Slam. È stato sul 2-1 del secondo set, e nel primo Naomi aveva travolto Serena Lì Mouratoglou ha inviato un messaggio alla Williams, perché Serena – ha ragione a dirlo, anzi, a urlarlo – non bara, non l’ha mai fatto. Perb il consiglio è stato lanciato, e l’arbitro l’ha visto. Scatta il waming per coaching. Serena non c’è stato e ho messo La posta mondiale di Naomi Osaka oggi. Pure lei ha una sorella tennista col papà che le ha lanciato LA PRIMA GIAPPONESE IN TRIONFO IN UNO SLAM HA LE QUALITÀ PER ESSERE LA FUTURA N.1 sul piano personale: «Lo sai che non faccio cose del genere, mi stai dando dell’imbrogliona davanti a tutto il Paese. Se guardo il mio box è per vedere le facce di chi mi vuol bene, non per ricevere consigli ». Sul 3-1 Naomi fa scattare la rimonta Serena commette due doppi falli e spacca la racchetta Altro avviso ed è punto di penalizzazione: il gioco successivo comincerà da 0-15 per la Osaka Serena torna a lamentarsi: «Dovevi togliermi quel primo avvertimento sai che non sono colpevole. Ora mi hai tolto anche un punto, sei tu l’imbroglione, sei tu il ladro, non io. Fai così perché sono una donna, con un uomo non ti saresti permesso ». Scatta il terzo warning e il penalty game. 114-3 della Osaka diventa 5-3. Serena chiede il Supervisor, è una furia, piange. Mala partita è persa Niente 24 ° Slam, Mente prima vittoria da mamma Tre colpevoli: il coach per aver dato un consiglio inutile, un beneficio delle telecamere. Serena per le esagerazioni di cui è competente. Ma anche l’arbitro, che da regolamento ha preso tutte le decisioni giuste. E ‘il punto più spinoso della vicenda Sta al giudice capire quando si fa strada è un passo di confine, e quando – prendere la decisione che deve prendere – è giusto preoccuparsi che la gara non vada in frantumi. Sarebbe bastato spiegare, lontano capire una Serena che cosa era accaduto, tranquillizzarla. Questi open hanno mostrato un colpo dal seggiolone per rincuorare un giocatore (Lahyani e Kyrgios). Troppe differenze inconcepibili per uno sport e alta professionalità: questo Slam, vedrete, aprirà la porta a un tennis governato pervia elettronica, non più da arbitri. Serena, in conferenza stampa, ha ribadito che Ramos è sempre stato un ottimo arbitro,

 

Immenso Djokovic è lui il re di New York

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 10.09.2018

 

New Djoker a New York. La città che non dorme mai incorona il tennista che non molla mai. Nemmeno nel secondo set, quando la finale dell’Open Usa sembra rapita dal fascino latino di Juan Martin Del Potro, capace di riaprire un incontro che s’innalza su vette d’intensità notevoli. Ma c’è troppo Djokovic in campo per lo spilungone argentino, sbucato sul centrale di Flushing, anni dopo il primo e ultimo titolo Slam (Us Open 2oo9), anche grazie al rimborso di Nadal e costretto dal muro serbo a una partita ad inseguimento, sfinente ea tratti bella, ripagante del piccolo spettacolo delle donne, condizionato dalla crisi isterica della Williams. Novak Djokovic è di nuovo Djoker, secondo Major stagionale e terzo a New York, il record di Pete Sampras (14 titoli Slam) è eguagliato e adesso gli Immortali tremano davvero: Federer una quota 20 e un maestro con dati di scadenza incorporati, apparso improvvisamente vecchio sia a Londra che negli Usa; Nadal che ha una quota 17 è tenuto insieme dai cerotti: ogni volta che s’infortuna (cartilagini del ginocchio Open) non sai quando – e se – lo rivedrai. Dietro, affresco dei suoi 31 anni e di un’usura per forza inferiore, incalza l’uomo di Belgrado, definitivamente uscito dalla crisi crisi personale e tecnica, di Wimbledon e dell’Us Open in una stagione che ha distribuito ai tre grandi ( Federer in Australia, Nadal a Parigi per l’undicesima volta) i suoi quattro tesori più preziosi. Del Potro ci mette cuore, guidare, borotalco usato in profusione per tenere salda nella mano della pietra con cui martellare il rivale però Djokovic è di gomma e arriva dappertutto: 6-3 cono break dolorosissimo (nell’ottavo game l’argentino era 40-0), senza esagerare. Vendita la torcida per Del Potro, vendita il suo tennis. Il Djoker s’innervosisce, sbaglia un dritto e regala il break del 4-3 nel secondo, poi quell’ottavo eterno gioco (22 punti) che decide la partita: il serbo annulla tutte le palle break e rimane agganciato, 4-4, sarà il legame spezzare l’equilibrio. E li Del Potro è tradito dal suo colpo migliore, il drive, due errori fatali mandano il serbo 5-4 e 6-4, chiudere il secondo 7-6 è una passeggiata. Delpo è stanco, avvilito, trascina il corpaccione di due metri per il campo arrancando dietro a un Djokovic ormai imprendibile che rimanda tutto, fa il break sul 3-1, subisce il controbreak, chiude sul 6-3 e vola a prendersi uno Slam meritato che, ancora una volta, respinge l ‘ arrembaggio della Next Gen per mettersi nelle mani dell’usato sicuro. Una furia di inseguire, copiare, imitare le sue nemesi, Federer e Nadal, il Djoker (da oggi n.3 del ranking) rischia davvero di agganciarle e, forse, superarle. Legioni di discepoli del guru e del nino tremano. Il nuovo Djoker fa più paura del vecchio. 

 

Djokovic sbrana Delpo: New York è sua

 

Massimo Lopes Pegna, la gazzetta dello sport del 10.09.2018

 

Novak Djokovic raddoppia e dopo Wimbledon porta a casa anche gli Us Open, il suo terzo titolo qui a Flushing con cui Ivan Ivan Lendl e Rafa Nadal. Era sceso in campo carico di energie e d’amore, grazie alla dedica via Twitter che gli aveva inviato la moglie Jelena: «Crediamo in te, Amore». Questa era finale anche per lei, madre dei suoi due figli e finalmente tornata tifosa numero 1 del Djoker. Ecco allora il suo 14 ° Slam con cui affianca Pete Sampras e si alle spalle degli altri due Big, Federer e Rafe. Conquista dovuta allo stesso anno solare non gli riesce dal 2016, mentre nel 2015 aveva addirittura centrato una tripletta. Insomma, sono bei tempi. Prima che arrivassero quei cupi dell’amaro ritiro nei quarti di Wimbledon, l’anno scorso con conseguenze lunghe convalescenza causa infortunio al gomito. Perché questo trionfo è come se fosse il simbolo della sua resurrezione: dopo l’erba inglese, il cemento Usa. Djoko non ha pietà del suo grande amico Juan Martin Del Potro («Come si fa un non voglio bene a un gigante buono 14 i titoli del Grande Slam conquistati da Novak Djokovic in carriera. lo siamo aperti vieni Delpo »), lui pure una sorta di superstite, con una lista di malanni lunga nove anni. Ma alla vigilia aveva smorzato la tensione: «Non avrei mai creduto di poter tornare a un’altra finale di un grande torneo. Anche se dovessi perdere tempo a casa felice: è stato un anno straordinario ». Nulla gioca in trasferta dentro l’Arthur Ashe, con il tetto chiuso per la pioggia, camuffato da Bombonera con i canti degli ultrà venuti da Tandil al seguito dell’idolo Delpo. E il serbo gradisce poco, perché spesso si sbraccia verso chi lo disturba. Però conquista il primo set di prepotenza per 6-3 in 42 ‘. C’è equilibrio, ma Djoko sembra sempre padrone del campo, come gli scambi si allungano. L’equilibrio resiste fino al 7 ° gioco. La svolta di questo secondo è all’8 ° e psicologicamente pesa molto nella testa dell’argentino. Perché Delpo va 40-0 e si fa rimontare con una serie di errori, l’ultimo dei quali è un dritto in rete proprio dopo un palleggio interminabile. Il secondo sembra destinato a essere la replica del primo, perché il ragazzone argentino, che da bambino si avvicina al vedere per l’amato calcio e le dirette da Flushing, si salva da due errore del rivale. Ma continua a essere eccessivamente falloso e infatti al terzo gioco capitola nuovamente. L’aveva detto alla vigilia Nole: «Lui è un grande battitore, sarà fondamentale rispondere in modo efficace al suo servizio. Anche per non subire pressioni sul mio ». E sul tema, Djoko si è preparato bene: fino a quel momento al 97% delle palle di servizio di Delpo. Ma poi Juan Martin estrae dal cilindro il suo tennis migliore con cui ha abbattuto in carriera un bel drappello di numeri uno e si procura le prime palle break incontro e pareggia. E ‘ancora l’ottavo gioco a ruotare il destino della sfida: dura 17’ e 22 scambi. Juan Martin fallisce tre palle break, mentre Meryl Streep si mette le mani sugli occhi come fosse un horror. Nole resiste e va sul 4-4: tira un sospiro di sollievo, mentre continua una litigare con gli ultrà albiceleste. Poi s’impone al tie-break. Nel terzo parziale l’argentino va in campo con la pressione addosso e tanta stanchezza, Nole gli strappa il servizio nel 4 ° gioco e vola 3-1 ma Juan Martin recupera il break subito. Non basterà, il trofeo lo alza Djokovic ….