L’umanità dell’arbitro che sprona il pigro Kyrgios (Clerici). Nadal, urlo da campione. Che paura con Khachanov (Lopes Pegna). La secchiona punta al bis (Zanni). Un’amicizia con veleno. È il duello tra Kyrgios e Federer (Azzolini)

L’umanità dell’arbitro che sprona il pigro Kyrgios (Gianni Clerici, Repubblica)

Questo US Open non verrà forse ricordato per i risultati, ma per il Moralismo, scritto maiuscolo, anche se la M dovrebbe essere piccolissima. È infatti accaduto che, mentre il francese Pierre Herbert stava conducendo 1 set e 5-4 contro un Kyrgios che non aveva voglia di giocare – ormai quasi quotidiana caratteristica – l’arbitro nordafricano Mohammed Lahyani, ora svedese, sia sceso dal seggiolone e, paternamente scoraggiato dal comportamento dell’australiano, gli si sia rivolto, dicendogli che non si fa così se si ha avuto in dono talento, che non si deve essere il peggio di sé stessi. Kyrgios ha ascoltato, poi ha tentato di giocare, come sa benissimo, e Herbert ha perduto. In questi anni dominati da Twitter e da Facebook la vicenda, che a me pareva umana, è divenuta pubblica, e più di un moralista si è indignato. Si è indignato con qualche spirito Herbert, che ha affermato: «La federazione americana potrebbe dare a me il prize-money del vincitore». Mentre la federazione ha trovato una scusa: «Lahyani dev’essere sceso dalla sedia per verificare la situazione». Si è indignato Federer, «Lahyani andava subito tolto dal seggiolone e sostituito». Si è schermito Kyrgios, con una dichiarazione umoristica: «Lahyani non mi ha aiutato, ha solo detto che gli piaccio». Federer ci ha inoltre fatto sapere che «una conversazione può cambiare il tuo stato mentale, spetta al dottore o ai fisioterapisti». Si devono ora attendere varie smentite, a quello che a me è parso un intervento solamente umano, di una persona che avrebbe istintivamente assunto il ruolo del papà o di uno zio di Kyrgios. Ma anche Kyrgios, dio buono, non potrebbe alfine capire che il tennis è un giuoco, e che ora addirittura si viene remunerati per giocare, mentre di solito ci si limita a divertirsi, nei girotondi da piccoli o con le carte o il biliardo da grandi?


Nadal, urlo da campione. Che paura con Khachanov (Massimo Lopes Pegna, Gazzetta dello Sport)

Puoi avere appuntate sul petto 33 medaglie di Masters 1000 (record) e 17 di Slam conquistati in una carriera che gronda gloria, ma anche quando affronti un giovanotto di 22 anni come Karen Khachanov (n° 26 del ranking) tutte quelle onorificenze non ti fanno vincere le partite né ti spianano la strada. Perché questo gigante moscovita di quasi due metri della Next Gen manca poco che il suo futuro luminoso lo anticipi a oggi. Almeno per una buona fetta di match, Kachanov mette brividi di paura a Rafa Nadal. Sì, al numero uno del mondo e campione in carica di questo torneo: mica semplice. Ha una bella testa il ragazzone russo, perché con Nadal non solo aveva sempre perso nelle quattro sfide disputate (le ultime due, quest’anno al terzo turno di Montecarlo e più recentemente alle semifinali di Toronto), ma non aveva mai raccattato un set. Ci vogliono «pelotas» e sfacciataggine, dunque, per sfidarlo sul suo stesso terreno come ha fatto ieri con quel fisico da giocatore di basket che ha praticato da ragazzino. Forse si rifà alla tattica degli scacchi, sua grande passione, per infilzare Nadal nel primo set e poi andare al servizio sul 5-4 per conquistare la seconda partita. Fosse successo, il match per il maiorchino sarebbe diventato duro come il Mortirolo.  Invece non succede. Con il burrone sotto i piedi e appeso a una sola mano, Rafa inizia a estrarre dal suo repertorio i colpi migliori, quelle traiettorie che la maggior parte dei suoi colleghi non riescono neppure a immaginare. Si mette anche a piovere, un bene per chi deve recuperare, perché i 12′ netti che servono per la chiusura del tetto consentono di tirare il fiato. Il russo sbanda e da 40-15 sul gioco che lo porterebbe al tie-break (dopo essersi fatto rimontare e superare) commette due doppi falli: fino a quel momento se l’era cavata con appena uno. E così Nadal pareggia il conto dei set. Saranno proprio i doppi falli a fregare il russo: ne commetterà altri tre nel tie-break della terza partita, che come spesso accade fa girare il match. Fino a quel momento, però era stato tutto in salita il cammino di Rafa. Aveva perso il servizio al terzo game del primo set, aveva rimontato sul 4-4, pensando di aver ripreso in mano lo scettro del comando e invece, il ragazzino gli combinava un altro scherzetto all’undicesimo; e al quarto tentativo esorcizzava la macumba dei set mai vinti. È quando Rafa tentennava: costretto a fasciarsi il ginocchio ad altezza tendine rotuleo. Ma qualcosa non funzionava già alla vigilia, perché nei minuti prima dell’ingresso in campo faceva esercizi specifici per quel ginocchio, che da anni (insieme all’altro) gli procura problemi… [SEGUE]. Il tie-break è epico. Lo aiutano i tre doppi falli di Khachanov e conquista il punto decisivo con la «garra» al 39° scambio. Si toglie un peso dallo stomaco. Vede finalmente il traguardo, ma il giovanotto non molla: se ne va combattendo fino al tie break nel 4° set e 4 ore e 22′. Con la consapevolezza di possedere un talento in grado di battersi con i grandi.


La secchiona punta al bis (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

«Abbiamo visto Serena dominare per così tanto tempo e lei rappresenta una parte enorme del tennis femminile, ma è bello che tutti possano vincere, non una persona sola». È Sloane Stephens l’anti-Serena dopo che l’avevano definita la sua erede? Lo è stata quando nel 2013 ha battuto la più giovane delle Williams agli Australian Open, rivelando poi che la regina degli Slam, per quello sgarbo, le aveva tolto il saluto. E lo è anche oggi agli U.S. Open (numero 3, ma 1 virtuale) dopo che Halep e Wozniacki, le prime due del ranking Wta, al primo e secondo turno sono state buttate fuori eguagliando, per uno Slam, un record che aveva un solo precedente: Parigi 2014, quando lo stesso capitò proprio a Serena (1) e Li Na (2). In realtà la Stephens è solo virtualmente “number 1” per i bookmaker; che almeno fino a ieri la consideravano seconda: 7/1 contro i 4/1 di Serena. E se in nottata si è giocata la 30a edizione del Williams Sister Act, ieri Sloane Stephens, disputando un gran match, ha cancellato la voglia di rinascita di Vika Azarenka, che non è riuscita a fare un regalo al figlio Leo, il cui nome, accanto a un cuoricino, era ben visibile sulle scarpe della bielorussa. Ora l’americana negli ottavi troverà la belga Mertens. Sloane, che ha 25 anni, degli ultimi 19 incontri disputati negli Slam, partendo dal successo di New York 2017, ne ha vinti 16: quest’anno è arrivata alla finale di Parigi, ma ha anche perso al primo turno in Australia e a Wimbledon. «Perchè il tennis qualche volta non è così divertente e ai miei figli preferirei dire piuttosto che la loro mamma ha un titolo di studio: la carriera sul campo non è tanto lunga». E per poter esaudire quel desiderio, sta studiando, online, proprio per potersi laureare in “business administration” (lett. gestione aziendale). Una idea che gli è venuta un paio di anni fa quando un infortunio la portò ai margini del tennis, prima di risorgere a Flushing Meadows 2017. Ma anche in precedenza Sloane ha avuto momenti molto difficili: la morte del patrigno Sheldon Farrell per un cancro (2007) e quella del padre biologico, John Stephens, ex giocatore di football americano, in un incidente d’auto (2009). È diversa da tante altre giocatrici. «Mi dicono sempre – racconta Sloane, che ha una relazione con Jozy Altidore, attaccante della nazionale USA di calcio e dei Toronto FC – che non mostro interesse, che sono sempre uguale, nelle vittorie e nelle sconfitte. È forse perché non rompo le racchette per terra e non grido in campo?»[SEGUE].


Un’amicizia con veleno. È il duello tra Kyrgios e Federer (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Comincia qui il torneo di Roger Federer, e sembra già in salita. Il primo match dell’Us Open (Nishioka) era pari a un allenamento, il secondo (Paire) un tributo alla Santa Pazienza, che con tutto il tramestio che il francese è solito portare in campo, occorre evitare di farsi attrarre nel gioco delle sue bizze e tenere la barra a dritta. Ma in terzo turno c’è Nick Kyrgios, «il timido Nick» come lo definisce Ivan Ljubidc, a ribadire come molte delle impressioni che pubblico e media tendano a farsi, finiscano poi smentite da coloro che il circuito lo vivono da dentro. Federer lo conosce bene, e con lui si allena spesso. Nick gli è devoto, forse perché Roger l’ha voluto con sé quando i media hanno alzato il volume dei commenti meno lusinghieri, tacciandolo di esagerazioni inutili e di atteggiamenti da vero maleducato. Di sicuro, Kyrgios non ha mai smesso di dire ciò che pensa, e di farlo per vie dirette, senza troppi paracadute a frenare i suoi slanci. «Non sono molti i tennisti che mi piace vedere, penso che un giocatore debba mostrare al pubblico qualcosa che meriti il prezzo del biglietto. Per questo Federer è l’unico che mi piaccia davvero», spiegò Nick prima del confronto di Miami dell’anno scorso. Più recente, appena dell’altro giorno, invece, un robusto richiamo da parte dello svizzero: «Nick ama uscire dagli schemi, deve però evitare che le sue uscite siano senza ritorno». Sotto il tiro di Roger, è sembrato di capire, vi erano quei momenti in cui Kyrgios sembra disinteressarsi al tennis, persino al match che sta giocando. Ha avuto due squalifiche per “mancanza di impegno”, l’australiano, e non è cosa che si possa scusare in un ragazzo (23 anni) che potrebbe avere un tennis da primi posti in classifica. Ammesso che a Kyrgios quella classifica (oggi 30, con un best ranking al n. 13) interessi davvero. Proprio l’atteggiamento che sembra abbia voluto correggere l’intervento dell’arbitro di origini marocchine, ma svedese di nazionalità, Mohamed Lahyani, oggi al centro delle polemiche. Intervento sbagliato regolamento alla mano: Lahyani è sceso dal seggiolone, si è intrattenuto oltre il dovuto con Kyrgios, i microfoni sparsi per il campo hanno riferito frasi del tutto fuori dal corretto rapporto fra giocatore e giudice di gara. «Voglio aiutarti, vedo le tue partite e so che sei qualcosa di formidabile per questo sport, ora quello in campo non sei tu, io lo so», la frase incriminata. Giunta in un momento del match con il francese Herbert che vedeva Kyrgios in grande difficoltà (perso il primo era sotto 3-0 anche nel secondo set). «È stato un avviso in vista di provvedimenti», ha cercato di chiarire Lahyani. Ma l’inchiesta è scattata ed Herbert, che lì per li non aveva capito, ha rivisto il filmato e si è detto arrabbiatissimo per quanto accaduto… [SEGUE].