Wimbledon per terraiole?

Per Wimbledon femminile il primo giorno della seconda settimana è il più complicato da seguire. Qui lo chiamano “Manic Monday” sulla scia di una hit delle Bangles degli anni ’80. La definizione prova a sintetizzare l’eccesso di partite, eccesso che genera un affollamento quasi ingestibile di match importanti, nell’arco di poche ore. Otto partite organizzate tutte nella prima parte della giornata, in modo da garantire un tempo di riposo sufficiente alle vincitrici che dovranno scendere in campo subito, di martedì, per i quarti di finale. Se vi dicessi che sono riuscito a seguire tutto, dal primo quindici all’ultimo, non solo mentirei, ma nessuno ci crederebbe. Per fortuna in sala stampa c’è la possibilità di rivedere le partite, archiviate punto per punto, e questo consente di rivedersi almeno i passaggi cruciali dei match trascurati durante il loro svolgimento dal vivo.

La partita più importante per il tennis italiano era Giorgi contro Makarova. Al via di Wimbledon, considerando maschi e femmine, c’erano 10 italiani: 9 uomini e 1 donna (Camila Giorgi). Alla fine, malgrado lo squilibrio numerico, i maschi sono ormai tutti eliminati, mentre Giorgi è ancora in corsa.
Prima che si cominciasse a giocare confesso che non avevo idea di come sarebbe andato a finire il match. Non solo le due tenniste si affrontavano per la prima volta, ma in più c’era la variabile ulteriore del mancinismo di Ekaterina, che riduceva il numero di giocatrici simili da cui prendere spunto per provare a immaginarsi lo sviluppo del gioco. In sostanza: troppe incognite da risolvere, tanto valeva aspettare il match. A conti fatti la partita è stata sorprendentemente (almeno per me) stabile nell’andamento.

Dopo i primi giochi nei quali le due giocatrici non riuscivano proprio a rispondere alla battuta dell’altra (i classici game “di studio” quasi inevitabili nel primo confronto diretto), Camila ha progressivamente assunto il comando delle operazioni e, salvo qualche scambio sporadico, Makarova si è ritrovata costantemente sulla difensiva. Non che Ekaterina non sappia giocare di contenimento, ma certo non è quello il suo modo abituale di impostare una partita. A conti fatti, Giorgi stava nella propria comfort zone, Makarova no. E il punteggio non poteva che dare ragione a Camila.

Dopo aver vinto il primo set 6-3, nel secondo set Giorgi ha brekkato nel game di apertura del secondo set Makarova. A quel punto a Camila sarebbe bastato tenere la battuta per vincere il match. Facile a dirsi, naturalmente, ma nel tennis femminile nessuna ha la certezza di gestire senza problemi i propri turni di servizio. A volte non ce la fanno Karlovic o Isner, figuriamoci Camila. Invece il grande merito di Giorgi è stata proprio la continuità di rendimento. Non ha avuto pause o amnesie, e si è portata fino al 5-4 senza concedere nemmeno una palla break. L’unica arrivata l’ha salvata nel game conclusivo con una combinazione perfetta: servizio a uscire ad aprirsi il campo e dritto incrociato vincente sul lato opposto. E così la giocatrice che aveva eliminato Safarova e Wozniacki, data leggermente favorita dai bookmaker, ha lasciato strada a Camila.
Avversaria di Giorgi sarà Serena Williams, che ha regolato 6-2, 6-2 Eugeniya Rodina, in un match che ha visto in campo due tenniste-mamme, visto che anche Rodina ha una bimba di 5 anni e mezzo, che si chiama Anna.

Nella stessa parte di tabellone (quella bassa), sono approdate a sorpresa, almeno per me, Kiki Bertens e Julia Goerges. Se mi avessero detto che tutte e due sarebbero arrivate a disputarsi un posto nella semifinale di Wimbledon non ci avrei creduto mai. Ma proprio mai. Entrambe hanno sempre avuto nella terra la loro superficie di elezione, e a Wimbledon non avevano ottenuto grandi risultati .

Che Julia potesse sconfiggere Vekic (6-3, 6-2) poteva starci, perché ci sono diversi posti in classifica di differenza tra le due (13ma e 55ma), e anche in termini di esperienza non erano paragonabili. E poi Goerges ha davvero un gran servizio, che sull’erba è un’arma che non guasta mai. In tutto il match non ha mai perso la battuta, anche se ha dovuto fronteggiare 9 palle break. Di queste nove, 7 le ha salvate mettendo la prima.

Fin qui Goerges contro Vekic. Ma che Bertens potesse superare prima Venus e poi Pliskova sull’erba di Wimbledon l’avrei considerata fantascienza. In tutta la carriera prima di questo Slam Bertens aveva vinto su erba 7 partite su 20 disputate. in pratica il 35% di successi, una percentuale non sufficiente per fare la carriera professionistica. Ricordo Kiki nel 2015 perdere sul Centre Court da Kvitova per 6-1, 6-0, una partita durata 35 minuti totali.

Mi viene da pensare che innanzitutto Bertens abbia cominciato a credere che anche sull’erba fosse in grado di combinare qualcosa di buono; quindi una crescita mentale, in termini di convinzione. Poi anche fisico-tecnica, in particolare negli spostamenti laterali e nell’efficienza del rovescio in topspin, che non è mai stato un colpo particolarmente solido.

In più potrebbero esserci delle ragioni contingenti, legate alle particolari situazioni dei campi in questo Wimbledon 2018. Kiki ne ha parlato esplicitamente dicendo che il clima asciutto secondo lei ha reso i campi compatti e molto veloci, ma anche con un rimbalzo leggermente più alto del solito. A me è subito venuto in mente il torneo di Madrid, ma anche l’Har-Tru di Charleston, due tornei su terra anomali, dalle condizioni rapide. Ebbene: a Charleston Bertens ha vinto il torneo, a Madrid è arrivata in finale. Certo, sull’erba le scivolate di recupero difensivo non le può fare, ma per il momento è riuscita a ovviare a questa mancanza.

Questo il passaggio più importante della sua conferenza stampa: Domanda: “Forse l’erba è differente quest’anno a causa del meteo. Pensi che ti abbia aiutato?” Risposta di Kiki: “Penso che il rimbalzo sia un po’ più alto, e di sicuro questo un po’ mi aiuta. Penso anche che i campi siano piuttosto veloci. Si deve giocare davvero aggressivo. Se non lo fai, non riesci a combinare molto con la palla”.

Se Bertens mi ha stupito in positivo, devo dire che mi aspettavo di più da Pliskova, che era la testa di serie più alta rimasta in gara, e che non ha saputo confermare il pronostico che la dava favorita (per i bookmaker 1,44 a 2,75). Se paragoniamo le statistiche finali di Kiki e Karolina troviamo numeri molto simili tranne che per un dato. Questi i numeri. Errori non forzati: Pliskova 21, Bertens 22. Errori forzati: Pliskova 32, Bertens 28.
Quello che ha davvero fatto la differenza sono i vincenti: Pliskova 23, Bertens 35. Significa che Kiki si è presa più rischi e questa tattica ha pagato. E lo ha fatto a partire dai colpi di inizio gioco. Ace/doppi falli: Pliskova 2/3, Bertens 7/5.

Non ho visto il match integralmente e quindi non me la sento di dare valutazioni definitive, ma questi sembrano numeri che testimoniano di una mancanza di intraprendenza rispetto alla sua avversaria. Se ti chiami Pliskova sull’erba non puoi ottenere solo due ace. Risultato finale: 6-3, 7-6(1).

a pagina 2: Kasatkina, Ostapenko, Cibulkova, Kerber