Djokovic, KO con rimpianto: “Errori? Solo il doppio fallo”. Ma l’umore è sereno
Tra i tanti numeri che impressionano della carriera di Novak Djokovic ce n’è uno che racconta in modo abbastanza efficace il dominio ‘psicologico’ che ha imposto al circuito, a fasi alterne, tra il 2011 e il 2015. Prima della finale del Queen’s 2018 il serbo aveva perso appena due partite dopo aver sprecato uno o più match point, e l’erba londinese è stata teatro della (appena) terza grossa occasione sciupata dal serbo. In questa particolare statistica Nole rimane ancora irraggiungibile, persino per gli altri grandi della sua generazione: oltre alla finale di ieri con Cilic, ha perso soltanto le semifinale di Madrid 2009 (contro Nadal, una partita estenuante) e Rotterdam 2007 (contro Youzhny) dopo essere stato a un punto dalla vittoria.
La statistica può essere interpretata in diversi modi. Possono essere state poche le occasioni in cui il serbo ha tremato tanto da vedersi sfuggire una partita ormai vinta, o pochi gli avversari capaci di sfidarlo (quando era quasi imbattibile) a tal punto da ricacciargli in gola l’urlo della vittoria, o effettivamente poche le partite giocate fianco a fianco con l’avversario nel suo periodo di maggior splendore. Per meriti suoi e demeriti degli avversari. Una quasi certezza c’è: Djokovic è in netta crescita rispetto a tre mesi fa, ma il miglior Djokovic questa partita non l’avrebbe persa. Se sia più la mente, più il fisico o più il tennis a fargli difetto rispetto al lucido e infallibile metallo di Robonole è domanda complessa. A cui Nole forse ha dato una risposta.
“La vita ti lancia sfide quando meno te lo aspetti. Il nostro compito, specialmente come atleti, è quello di capire come riuscire a compiere l’ultimo passo. Non credo di aver sbagliato troppe cose oggi, anche nei momenti importanti, a parte il doppio fallo sul 4-3 del tie-break. Per il resto ero in partita e il merito della vittoria è suo (di Marin Cilic, ndr). Sì, l’aspetto mentale è sempre quello che decide tutto nella vita“.
Nonostante il serbo abbia proposto tante versioni di sé in carriera, da quella guascona e quella impenetrabile, dall’incazzato al mite, è evidente anche all’occhio più distratto come il ritorno di Marian Vajda nel suo box abbia sortito effetti positivi. Da Montecarlo in poi il serbo ha vinto quindici partite, è tornato a disputare una finale e al Roland Garros si è spinto sino ai quarti. Dopo quella sconfitta contro Cecchinato l’abbiamo visto anche parecchio contrariato in conferenza stampa, non un bello spettacolo per i giornalisti presenti. In quell’occasione aveva addirittura messo in dubbio la partecipazione alla stagione su erba ma l’allarme è rientrato. Non solo: Djokovic può realmente pensare di essere uno dei protagonisti a Wimbledon, sebbene mantenga un basso profilo.
“Non dico di essere uno dei favoriti per il titolo, o cose simili. Devo tenere basse le mie aspettative considerando i risultati degli ultimi dodici mesi. Ma sono davvero contento di essere in grado di giocare a questo livello sulla strada verso Wimbledon. Il Queen’s è il torneo più importante tra quelli che precedono Wimbledon, ha il campo partecipanti di un Masters 1000; io sono arrivato in finale e l’ho quasi vinto. È un gran risultato e spero di poter disputare un ottimo Wimbledon“. Se è vero che la sconfitta in finale è arrivata contro un avversario che prima del 2016 non l’aveva mai battuto (14-0) e che al Queen’s ci è riuscito appena per la seconda volta, i recenti risultati di Cilic sull’erba lo portano a perorare la causa del croato in vista dell’imminente Slam: “Tutti siamo d’accordo che Roger è il primo favorito per Wimbledon, ma Cilic è subito dietro di lui. Cilic, Nadal, sono loro insomma. Vedremo, ovviamente uno Slam tira fuori il meglio dai tennisti, li porta a giocare su un livello ancora più alto“.
L’umore di Djokovic sembra ora sereno. A proposito del ‘processo’ che auspicabilmente dovrebbe riportarlo a vincere uno Slam – “È il motivo per cui gioco a tennis“, ha detto sorridendo – ci sono dei dettagli da mettere a posto ma, precise parole del serbo, “non c’è niente in particolare di cui essere preoccupati“. Il programma adesso prevede qualche giorno di riposo, durante il quale Nole tornerà a casa per riconciliarsi con la famiglia (un paio di giorni) e poi ripartirà con loro alla volta di Londra. I tempi di Miami, “probabilmente uno dei miei periodi peggiori che ho vissuto” come ha confermato lui stesso, sono lontani. Tra le nuvole sta spuntando qualche raggio di sole e l’estate è appena cominciata.