Impressioni di Parigi: il grande ritorno circolare di Bolelli
Da un bel po’ il “piccolo Federer” era scomparso dai miei radar tennistici. Avevo dimenticato le prospettive incendiarie di quel gioco così pulito ed esplosivo che avevano spinto i più arditi a paragonarlo all’angelo svizzero. Poi in un piovoso giorno di maggio, dove tutto intorno è davvero pioggia e Francia, Simone riappare all’improvviso sul palcoscenico del grande tennis e sullo schermo del mio pessimo streaming. Lo trovo cresciuto. Più asciutto di come lo ricordavo. Più deciso nei movimenti, più duro nello sguardo. Un filo di barba gli pennella di malinconia un viso bello ma sprovvisto del fuoco dell’ambizione. Negli occhi sembra essere scomparsa quell’ansia calma che è comunque una gradazione della paura.
Dall’altra parte c’è Rafa. Il solito Leone che vuole sbranare Parigi. Uno che sembra esserci nato su quel campo. Che sembra essere costituito di terra rossa compattata in forma umana e mancina da un dio cannibale. Dal mio schermo vedo Simone colpire pulito come sempre ma con quel qualcosa in più che è concesso solo a chi non ha più nulla da perdere, o da dimostrare. Dalla racchetta escono le solite bombe schioccate ma senza l’antica intermittenza, o rassegnazione. Come in uno strano gioco di osmosi la paura, o l’ansia, sembra essersi trasferita negli occhi di Nadal. Guarda il cielo, guarda il suo angolo, guarda l’ennesima riga pizzicata da Simone che sembra aver abbracciato la tattica Federer 2017. Se mi tira sul dritto sparo, se mi tira sul rovescio sparo e incrocio a tutta. Rafa pedala e Simone apre angoli pazzeschi dal lato sinistro di Rafa per poi entrare con bombe piatte lungolinea o con morbide smorzate.
In teoria è solo un primo turno ma si capisce che la posta è più alta. Rafa ha la furia di chi sa che gli è rimasto poco tempo e Simone la calma di chi ha intrapreso l’ultima parte della carriera. Quella in cui ti sei appacificato coi demoni interiori e tutto quello che viene è benedetto. Se il tennis fosse uno sport giusto, o un film americano, Bolelli sarebbe al turno successivo a intascare finalmente gli interessi passivi del suo tennis meraviglioso non sempre adeguatamente sostenuto dalle circostanze o da piedi abbastanza veloci o chissà. Invece, siccome il tennis è il gioco del diavolo, Bolelli deve accontentarsi di una doccia, di tre set a zero e dei meritatissimi applausi francesi per una bellissima partita che assomiglia alla foto della sua splendida e incompiuta carriera, per fortuna non ancora conclusa.