Djokovic: “Voglio ancora giocare, ora non chiedetemelo più”
La presenza a Parigi come inviato di Ilvio Vidovich, curatore della rubrica “Nei Dintorni di Djokovic“, ci permetterà in queste due settimane di riportare ai nostri lettori anche le dichiarazioni rilasciate dall’ex n. 1 del mondo in serbo. A dire il vero, oggi Nole non ha detto molto di più ai giornalisti suoi connazionali di quanto non avesse detto prima in inglese durante la conferenza stampa dopo il match vinto contro il brasiliano Dutra Silva, confermando di aver giocato ad un livello sufficiente per vincere, ma nulla di più. “Un esordio non al livello che avrei desiderato, sia come colpi che come approccio al match. Ci sono stati momenti in campo in cui mi sono sentito bene, altri in cui sono ricaduto nei caratteristici errori di questo periodo. Questo è legato soprattutto al fatto che non ho giocato tanti match, e mi manca quella libertà, soprattutto mentale, di giocare determinati colpi. Ma è una qualcosa che spero che arrivi con tempo”.
Il 31enne tennista belgradese si è solo soffermato un pochino di più sull’analisi del suo gioco. “Dal punto di vista dei colpi, hanno funzionato abbastanza bene sia il rovescio che il dritto, anche se con quest’ultimo ho fatto qualche errore in più, dovuto forse al fatto che dovevo avere un po’ più di pazienza e magari arrotare un po’ di più. La sensazione è che quando sono sicuro dal lato del rovescio, il dritto arrivi di conseguenza. Il rovescio lungolinea non funziona ancora come dovrebbe, ed è il colpo che mi permette di avere poi un po’ più di libertà nello scambio”.
L’unica domanda (e conseguente risposta) leggermente fuori dagli schemi si è rivelata essere quella relativa alla tendenza dei giornalisti stranieri, che ad ogni conferenza stampa post-rientro gli chiedono se abbia veramente voglia di giocare a tennis, cosa che non hanno fatto con Federer e Nadal quando sono tornati a competere dopo il loro lungo stop. “Non so il motivo, veramente. Forse perché non sono più tra i top 5 e questo sembra strano a tutti. Come se fosse un insuccesso essere tra i primi venti al mondo”.