Troppo Thiem, resa Djokovic (Semeraro). Seppi si arrende al rinato Nishikori. Gasquet, è la vittoria n. 500 (Crivelli). Nadal frena la corsa del futuro (Crivelli)

Troppo Thiem, resa Djokovic (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

A metà pomeriggio Dominic Thiem si è affacciato sulla terrazza alta del Country Club di Montecarlo e ha scattato una fotografia al Centrale dove un Rafael Nadal versione tempi d’oro stava demolendo Karen Kbachanov. Oggi nei quarti del Masters 1000 del Principato gli tocca proprio Rafa, il Cannibale, ed è un match extralusso che Thiem si è meritato battendo in tre set Novak Djokovic. Del resto fino ad ora è proprio cercando di scavarsi un posto in mezzo ai due colossi che è nata la sua carriera da aspirante superstar. Basta pensare agli Internazionali d’Italia dell’anno scorso, quando l’austriaco, 24 anni, numero 7 del mondo, riuscì ad abbattere proprio Nadal nei quarti prima di inchinarsi in semifinale a Djokovic. Il suo tennis a trazione integrale si adatta bene al cemento, e ha vinto anche un torneo sull’erba, ma è sulla terra che rende al meglio. Nadal lo sa bene: delle ultime 29 partite sul rosso ne ha persa una sola, giusto contro Thiem a Roma. Il bilancio dei precedenti dice 5-2 a favore di Rafa, quella di oggi profuma di finale anticipata, di sfida fra l’attuale padrone della terra e il suo erede. Nei confronti diretti contro Djokovic l’austriaco aveva perso le prime cinque partite di fila, con il punto più basso nella semifinale del Roland Garros 2016, sei game rimediati in tre set. Poi la tendenza si è invertita, anche per colpa della crisi del Djoker, e Thiem si è preso gli ultimi due match, a Parigi l’anno scorso e ieri in un match che sembrava poter sbranare, e che invece ha dovuto sudarsi in tre set. Era la prima volta dal 2007 che Novak incontrava un Top Ten senza esserlo lui (oggi è n. 13). Nel primo set è andato sotto subito, strapazzato dai dirittoni e ai rovesci a una mano dell’avversario. Sul 5-3 servizio Thiem il primo set sembrava cosa fatta ma lì, come spesso accade, Dominic si è inceppato: due doppi falli, uno smash spedito a Roquebrune sulla palla-break. Due anni fa sarebbe stato il via al massacro, ma il Djokovic di oggi non è ancora al meglio. Sbaglia troppo – 25 errori gratuiti – e si stanca in fretta. Così al terzo set, in evidente calo fisico, il serbo ha abdicato. «Ma sta tomando forte, è già un altro rispetto a Miami e Indian Wells», ha spiegato Dominic. «Ho resistito tre set contro uno dei più forti sulla terra», dice Djokovic. «Ho avuto le mie possibilità sia nel secondo sia nel terzo set e le ho sprecate, ma da questo torneo mi porto via tante cose buone. Sto migliorando ogni giorno, e non ho più dolore». Prepariamoci al sequel.

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Seppi si arrende al rinato Nishikori. Gasquet, è la vittoria n. 500 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La corsa monegasca di Seppi si infrange su Nishikori, il samurai di Shimane che sta rientrando dopo un infortunio al polso destro ed è tornato a macinare il suo tennis percentuale con tanta corsa e pochi errori. Eppure Andreas non può avere rimpianti dopo un torneo di eccellente qualità che, a 34 anni, ne rilancia le quotazioni per un’altra stagione da top 50 (adesso è 62): «Sono contento, da almeno due anni non giocavo così bene sul rosso, significa che ho lavorato bene». L’avvio del match è da incubo, un 6-0 in 25 minuti per il giapponese, con Seppi sempre lontano dalla palla. Forse sono le scorie delle due partite precedenti o forse è solo la solita partenza lentissima dell’azzurro. Infatti, non appena ritrova aggressività, Seppi riprende a tessere una ragnatela complicata per Nishikori. Peccato solo che nel terzo set, con la contesa ancora in equilibrio, l’ex n°4 del mondo sceso al 36 si inventi un game in risposta perfetto sul 3-2 per lui: «Forse avrei dovuto essere più aggressivo nei suoi turni di battuta – analizzerà l’azzurro -, ma lui è stato bravo a non regalarmi nulla. Comunque posso essere soddisfatto, avevo cominciato la stagione con tanti punti da difendere e il rischio di ritrovarmi oltre il centesimo posto, quindi con difficoltà a entrare nei tornei più grandi: la preparazione in Colorado mi ha aiutato». Con Nishikori, la giornata premia altri convalescenti eccellenti, a partire da Goffin che gioca e si allena con una lente a contatto speciale da quando al torneo di Rotterdam una palla schizzata da una sua volée steccata gli si è infilata nell’occhio sinistro. Rinasce pure Gasquet dopo i guai recenti a un polpaccio e a un ginocchio ed è un pomeriggio di festa: diventa il primo francese dell’Era Open a raggiungere il traguardo delle 500 vittorie in carriera, con la prima conquistata proprio qui, nel lontanissimo 2002, a 16 anni, contro Squillari. Richard impedisce il derby in famiglia tra i fratelli Zverev battendo Mischa, il maggiore, mentre Alexander raggiunge i quarti a Montecarlo per la prima volta nel derby con Struff, ma continua a essere troppo alterno anche all’interno della stessa partita per poterlo considerare un serio contendente al titolo, anche se la classe rimane enorme. E poi lui è fiducioso: «In Davis ho giocato bene nonostante le poche ore di allenamento sulla terra, presto ritroverò la condizione dell’anno scorso». Quando, va ricordato, non ancora ventenne si prese lo scettro di Re di Roma. Per adesso è senza guida: «Non è corretto, io un coach ce l’ho ed è il migliore: mio padre ha portato me e Mischa ai livelli che vedete tutti». Ma nell’ombra c’è sempre Lendl.

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Nadal frena la corsa del futuro (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La grandezza è nello sguardo. Nella copertina della brochure quotidiana del torneo c’è una foto di Nadal che fissa la pallina e sembra spaccarla in due per carisma e magnetismo. Un ascendente che il numero uno del mondo cala con prepotenza sul Next Gen Khachanov fin dal primo passo in campo e poi dal primo colpo, confermando una volta di più la vera qualità del campione inimitabile: far pesare da subito i rapporti di forza, specialmente con i giovani in crescita e ambiziosi. Ma anche negli occhi di Djokovic, dopo aver conquistato il tie break del primo set con una gran rimonta (Thiem aveva servito per il set sul 5-3), si scorge una scintilla antica, una voglia di tennis e di vittoria dal sapore quasi dimenticato: se il gioco non è ancora all’altezza dell’epoca d’oro, la tempra e il carattere paiono finalmente rinvigoriti. Il destino dei dominatori del Principato (12 vittorie in due nelle ultime 13 edizioni) si divide, ma è l’aria che si respira attorno alle loro prestazioni a corroborare speranze e ambizioni. Sul rosso, Rafa è il solito Rafa anche se da gennaio ha giocato appena quattro partite: una macchina infernale che mette sul tavolo 16 vincenti di diritto e che ammortizza l’unico passaggio a vuoto (controbreak subito nel 7° game del primo set) con il successivo game conquistato a zero, facendo calare il sipario su una sfida impari. Il povero Karen dovrebbe servire molto meglio del 40% di prime per fare partita, perché Nadal lo massacra in risposta, ma è anche vero che all’inizio della contesa gioca tre dritti che sarebbero sassate imprendibili per chiunque e invece si ritrova sempre la palla tra i piedi. Il maiorchino, come sempre, tiene un profilo basso e apparentemente non pensa all’undicesima vittoria monegasca: «Il mio obiettivo era solo di vincere questo match e raggiungere i quarti, niente di più. Non posso essere al 100% fisicamente con così poco agonismo alle spalle, quindi valuto le cose giorno per giorno. E ho giocato meglio rispetto al turno precedente, ho servito meglio, mi sono mosso meglio e ho tenuto meglio il controllo degli scambi». Questo è il suo giardino, e oggi vorrà ricordarlo pure a Thiem, giustiziere di Djokovic, che l’anno scorso fu il suo rivale più duro sulla terra (lo batté a Barcellona, Madrid e Parigi, ma ci perse a Roma). L’austriaco alla lunga si impone di pura forza fisica su Novak, ma fino a quando la condizione atletica del Djoker regge, il serbo offre una versione di sé capace di cancellare le troppe perplessità seguite ai guai al gomito. Certo, i 40 gratuiti complessivi rimangono un lascito pesante alle sorti della sfida, ma il Principato battezza probabilmente una fede rinnovata nel futuro: «Porto a casa solo positività da questo torneo: nessun dolore al gomito, tre match molto tirati con momenti di tennis brillante. Ovviamente ho ancora troppi alti e bassi e ho bisogno di giocare molto, realisticamente non sono ancora al livello che vorrei. Ma so che mi serve solo pazienza. Voglio tornare a essere tra i più forti del mondo, avvicinarmi di nuovo al livello più alto. Servirà tempo, ma finalmente ho ritrovato la gioia di stare in campo». Non a caso recuperata con accanto il compagno d’avventura più fidato: «Io e coach Vajda rimarremo insieme per tutto il periodo dei tornei sulla terra, poi ripartiremo da lì per valutare cosa fare». Ci è voluto un amico.