Next Gen a Melbourne: chi è già pronto?
Con gli exploit di Alex De Minaur in Australia (prima Brisbane, ora Sydney dove si è issato addirittura in finale) e quelli di Stefanos Tsitsipas e Andrej Rublev a Doha, la Next Gen ha lanciato un forte segnale in questo avvio di stagione. Peraltro, la corsa alle finali di Milano del 2018 si annuncia particolarmente interessante perché la Next Gen, cambiando necessariamente pelle, ha perso la “vecchia guardia” che era stata protagonista nei mesi scorsi e che da quest’anno non farà più parte, per ragioni anagrafiche, della categoria. Si tratta della classe di età 1996: quella, per intenderci, dei Chung, Coric, Medvedev, Khachanov, Donaldson, Rubin, Escobedo, Kokkinakis, Halys, Ymer, ma anche degli italiani Quinzi e Berrettini. In sostanza, sei degli otto qualificati alle finali di novembre a Milano sono diventati, per l’ATP, tennisti “adulti”. Di quel gruppo di testa rimangono Zverev, che compete ormai da qualche tempo con i più grandi, e Rublev, che con i 150 punti raccolti dalla finale di Doha guida provvisoriamente la Race.
Punti fermi, al pari dell’anno scorso, non se ne vedono. Certo, chiunque può dare per scontate sia la conferma di Rublev sia l’avvenuta consacrazione di Shapovalov ai livelli più alti del tennis; tuttavia, la situazione che si para davanti appare nel complesso fluida e, al solito, piena di incognite. Si chiuderà con qualche risultato significativo la stagione degli statunitensi (Mmoh, Kozlov, Paul, Tiafoe, Fritz)? Tsitsipas è davvero pronto, come il suo avvio di stagione pare suggerire? E De Minaur, che anche l’anno scorso impressionò gli addetti ai lavori proprio in avvio di stagione? Auger Aliassime e Kuhn, classe ‘2000, saranno “gli Shapovalov” del 2018? Ci si può attendere da Moutet un ulteriore scatto nel ranking e l’ingresso nella top 100, auspicio di tutti gli amanti della qualità tennistica e dell’estro?
Intanto, questa Next Gen orfana degli esponenti che i risultati (e la forte operazione di marketing) hanno reso più noti, si è presentata alle qualificazioni di Melbourne con 18 elementi, 8 dei quali sono stati eliminati al primo turno (Leshem, Ellis, Polmans, Purcell, Kecmanovic, Mmoh, Opelka e Jasika), 4 al secondo turno (Piros, Bublik, Hurckacz e Taberner). Dei 6 restanti, Munar e Kozlov sono già approdati all’ultimo turno di qualificazioni: lo spagnolo, che su queste superfici si trova a suo agio, ha avuto la meglio su Travaglia con un doppio 6-2 e se la vedrà al prossimo turno con Mousley, mentre lo statunitense ha sconfitto Hanffman ed è atteso da Dustin Brown. A causa della pioggia, si chiuderanno domani gli incontri del secondo turno di qualificazione che vedono in lizza gli altri 4 Next Gen: Fritz-Bourgue, Ruud-Popko, Lee-Dancevic, Paul-Tomic.
Nessun incrocio Next Gen è possibile nell’ultimo turno di qualificazione. Da seguire il match fra Paul e Tomic, sprofondato nel ranking, a cui gli organizzatori hanno negato una wild card, e che però è considerato dai bookmakers nettamente favorito, vai a capire perché. Tommy Paul non è certo il tennista esteticamente elegante, ma a vedere esplodere il suo servizio e il suo dritto, si capisce perché sia n. 151 del mondo e quanto rappresenti un prototipo della scuola statunitense contemporanea. Di più, rispetto agli altri giovani connazionali, Paul ha un rovescio bimane solidissimo, che può essere micidiale grazie alla preparazione rapida, a quel backswing così corto che lo contraddistingue.
Dei sei ancora in lizza, coloro che riusciranno a qualificarsi si uniranno agli 8 Next Gen che sono già nel tabellone principale per ranking (Zverev, Rublev, Tsitsipas, Shapovalov, questi ultimi malauguratamente avversari al primo turno) o grazie alle wild card variamente assegnate (De Minaur, Moutet, Soon Woo Kwon, Popyrin). Vale la pena ricordare che l’anno scorso nel tabellone principale degli AO gli esponenti della Next Gen (classe ’96 o più giovani) erano 18 (4 wild card), oltre il doppio dell’edizione del 2016. E nove di loro si erano poi qualificati al secondo turno, tre volte il numero dell’anno precedente. Se quest’anno, dunque, il numero sarà inferiore a quello del 2017, non si può comunque trascurare la massiccia presenza dei Next Gen “di ieri”, appunto i Coric, Medvedev, Kokkinakis, Donaldson, Khachanov, Tiafoe – e magari anche Berrettini, E. Ymer, Halys ed Escobedo, se riusciranno a superare le qualificazioni – che affollano il tabellone, a testimoniare che in coincidenza della grande operazione di marketing dell’ATP, e complici gli stop dei grandi del circuito lo scorso anno, un rinnovamento nel circuito maggiore comunque c’è stato.
Occhi puntati, come si era detto alcune settimane fa (LINK), sulle wild card.
Il sorteggio non è stato favorevole per De Minaur, atteso da Berdych. L’australiano è però concentratissimo sul presente, sta infatti puntando forte sul torneo di casa, a Sydney, dove ieri ha raggiunto la semifinale al termine di un match con Feliciano Lopez che è un po’ la sintesi del salto di qualità del diciottenne guidato da Adolfo Gutierrez e seguito anche da Lleyton Hewitt. De Minaur conosce numerose soluzioni di gioco e le utilizza con intelligenza a seconda dell’avversario e nelle diverse fasi di gioco. È camaleontico. Lo si può vedere faticare due metri dietro la riga di fondo, se il match lo richiede, oppure al limite della riga stessa, posizione che l’australiano predilige vista la sua spiccata attitudine ad anticipare i colpi. Il ragazzo è talmente duttile che nel match di ieri si è messo a fare lui il Feliciano Lopez: qualche serve and volley, numerose discese a rete chiudendo volée basse e alte non agevoli, variazioni in back, e poi naturalmente i passanti in corsa “alla Murray”, figli della sua rapidità e leggerezza fisica, ma anche un servizio più versatile rispetto a un anno fa (numerosi slice, usati a dovere). A questa intelligenza tattica e alla qualità dei colpi si aggiunge una personalità davvero rara per la sua età, che non sfocia mai nell’irriverenza o in altri atteggiamenti immaturi. Sotto 0-30 sul proprio servizio, nei game più delicati, l’australiano non si scompone. E fa quasi sempre le scelte giuste. Così come oggi contro Paire, quando ha fatto giocare al francese tanti dritti da mandarlo completamente in tilt e indurlo a non forzare più il colpo. Prendendosi, di rimonta e piuttosto agevolmente, la prima finale nel circuito maggiore. E pensare che il 18enne, appena 12 giorni fa, aveva vinto solo due incontri ‘tra i grandi’.
Soon Woo Kwon, wild card asiatica, ha deciso di prepararsi per gli AO al Challenger di Canberra, dove ha perso al primo turno in tre set con Puetz. Anche per lui un sorteggio durissimo, dal momento che ad attenderlo al primo turno c’è Struff. Tutto da vedere il match fra Moutet e Seppi. Nei due Challenger disputati a inizio stagione, Noumea e Canberra, il francese è apparso sottotono, ma è facile immaginare con quanta trepidazione Moutet stia attendendo il primo match della sua vita in un torneo dello Slam, per giunta direttamente nel tabellone principale. L’occasione gli è stata offerta dalla federazione francese in virtù degli accordi tra le federazioni che organizzano i major e che consentono alla FFT di assegnare due wild card (una per il tabellone maschile e una per il tabellone femminile, che è andata a Jessica Ponchet). Wild card che Moutet si è conquistato sul campo, vincendo il Challenger di Brest in finale con Tsitsipas e chiudendo la stagione n. 155 del mondo (+ 374 rispetto all’anno precedente).
Le attese sono tutte per il francese, alla sua prima grande prova. Ma soprattutto, ça va sans dire, per lo scontro tra i rovesci a una mano più rappresentativi della Next Gen: quelli di Tsitsipas e Shapovalov, le più belle sorprese dell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle.