Laver Cup: macché circo, qui si fa sul serio
da Praga, il nostro inviato
È arrivato l’autunno e Praga, luogo suggestivo e malinconico per definizione, non vuol mancare l’appuntamento presentandosi con un cielo grigio di pioggia incerta e qualche grado in meno rispetto a ieri. Prima di arrivare all’immensa O2 Arena, che dista qualche fermata di metro dal centro storico, c’è il tempo per rivedere alla luce diurna ciò che la sera prima aveva toccato in profondità le corde emotive. E allora riecco il Ponte Carlo con la quinta del Castello sullo sfondo, la punta della torre di Petrin oltre la collina e la Moldava che scorre pigra e sinuosa tra una sponda e l’altra.
Noi però siamo qui (soprattutto) per il tennis e in questo week-end la capitale della Repubblica Ceca è l’ombelico del mondo. Almeno di quello maschile. Non ce ne vogliano gli organizzatori di Metz e San Pietroburgo, ma gli occhi e le telecamere dell’universo della racchetta sono tutti qui, nel cuore della Boemia. E non ce ne vogliano nemmeno i puristi, quelli che “se non è ufficiale non vale” perché, tanto per intenderci, anche le attuali ATP Finals nacquero all’incirca così, tra il serio e il faceto, nel 1970. E dopo quasi cinquant’anni il Masters è probabilmente il quinto torneo al mondo, dopo i quattro intoccabili.
Edificata tra il 2002 e il 2004, quella che inizialmente venne denominata Sazka Arena ospitò i campionati del mondo di hockey su ghiaccio (sport nazionale da queste parti). Dopo una fase a gironi impeccabile, la nazionale di casa, pur trascinata da 17.360 spettatori, venne sconfitta dagli Stati Uniti agli shootout e vide sfumare così l’opportunità di aggiudicarsi il quinto titolo della sua storia. Ascoltando Mäns Zelmerlöw cantare Heroes nella suggestiva cerimonia di apertura si intuisce il motivo per cui Madonna, in un concerto del 2006, fece registrare il record di pubblico dell’impianto (oltre 18.500 presenze); l’acustica è infatti perfetta e quando il pubblico è esploso in un boato all’annuncio dell’ingresso in campo di Roger Federer si ha avuto la netta sensazione di quanta e quale partecipazione emotiva ci sarà in questa intensa tre giorni praghese.
Il campo di gioco, in plexicushion grigio scuro monocolore, ricorda alla lontana l’har-tru statunitense e l’effetto ottico, sia pur un tantino vintage, è eccellente anche se forse il gioco delle luci e delle ombre dell’impianto talvolta crea qualche problema; ma sono dettagli. Per tornare alla cerimonia di presentazione, quando lo speaker ha chiamato al centro del campo Rod Laver, John McEnroe, Bjorn Borg e tutti i giocatori abbiamo capito perché siamo qui. Perché assistere all’incontro tra la storia e la leggenda di questo sport fa assumere al tutto un valore inestimabile, in un continuum che abbraccia un’intera era con alcuni tra i suoi migliori interpreti.
La macchina organizzativa è efficiente e, dal nostro punto di vista, quasi impeccabile. La sala stampa è spaziosa, vagamente semicircolare (qui tutto è un po’ curvo essendo la struttura un cerchio perfetto) e siamo stati accolti con tanto di gadget e buoni pasto. Due le tribune riservate ai giornalisti, una al primo e una al quarto livello di un’Arena presa d’assalto fin dall’apertura dei cancelli da un pubblico degno di un major.
Le lunghe code agli stand del merchandising ufficiale (nonostante i prezzi non proprio popolari di felpe, magliette e ammennicoli vari) hanno fatto da premessa all’inizio delle ostilità sul campo. E qui, anche i più scettici hanno dovuto farsene una ragione sulla credibilità di una competizione certamente anomala ma destinata a diventare un appuntamento fisso del calendario. Perché si è capito subito che nessuno aveva la minima intenzione di cedere un solo quindici, figuriamoci un punto o un set. Qui nessuno ride o scherza e lo spettacolo inteso come tale è dato dal gioco, senza alcuna concessione ai fronzoli. Ci ha provato Tiafoe, bloccandosi per qualche secondo come una statua di sale su un tracciante vincente di Cilic, e ci ha provato Kyrgios stendendosi supino nell’angolo riservato al team dopo una prodezza di Isner ma i personaggi in questione sono così anche nel circuito.
Tutto il resto è maledettamente autentico, come dimostrano i quattro tie-break normali e quello super che hanno caratterizzato i primi due singolari, e il divario tra i team – consistente nelle previsioni della vigilia – è parso in realtà fin qui assai sottile. Insomma, chi pensava di essere venuto al circo con tanto di pagliacci, belve e domatori, ha decisamente sbagliato posto. In questi tre giorni l’Arena O2 di Praga è un luogo per eroi e gladiatori e l’imperatore a cui è intitolato il trofeo non farà pollice verso a nessuno.