Bentornato Nadal Quando la passione è più forte del dolore (Crivelli), Identikit Kyrgios, il tennista che ama la gente ma non il tennis (Scanzi)

Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Bentornato Nadal Quando la passione è più forte del dolore

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 22.08.2017

 

Infortuni subiti dal 2003: 16. Mesi trascorsi senza giocare tra il 2012 e il 2016: 14. Non ci sono dubbi: sembra il bollettino medico di un ex, con tanti saluti alla carriera. E invece sono i numeri del nuovo detentore del primo posto nella classifica Atp. Anzi, vecchio: perché Rafa Nadal, ieri, ha agguantato per la quarta volta la vetta del mondo, nove anni e tre giorni dopo il debutto da re, nell’agosto 2008. Si, il satanasso maiorchino starebbe bene in quella serie televisiva che ebbe un buon successo anche da noi alla fine degli anni 70: i Sopravvissuti. Nell’ultimo lustro, praticamente solo nel 2015 non ha dovuto scendere a patti con i messaggi di dolore di corpo martoriato da una vita agonistica al limite, ma quella fu comunque una stagione deludente, perché la testa non rispondeva agli stimoli del fisico e anche un guerriero indomabile come lui si trovò a dubitare della propria competitività, mentre gli avversari ringalluzzivano di fronte alle sue ombre. E a giugno 2016, quando si è presentato in lacrime nella sala stampa del Roland Garros comunicando i problemi al polso sinistro, la fisiognomica era di un uomo spaventato e sull’orlo della disperazione, veramente incerto sul futuro nel tennis. LA PSICOLOGA Adesso quei momenti paiono preistoria, Nadal una volta di più è stato capace di spingersi oltre, come da sempre gli accade in campo, dove per lui non esiste un punto che non possa essere conquistato. Secondo Patricia Ramirez, psicologa dello sport piuttosto famosa in Spagna, proprio le avversità lo hanno reso un tennista ancora più forte del suo già straordinario valore: «Un giocatore mantiene la motivazione e continua a lottare perché ha una ragione o un’illusione e la ragione di Rafa risiede nella passione per il suo sport che lo porta sempre a voler superare se stesso. Il primo infortunio è il più difficile, ma in tutta la carriera ne hai subiti tanti e sei tornato più agguerrito e deciso di prima alla fine pensi che fa parte del gioco. E poi lui ha sempre un atteggiamento umile, che gli permette di essere sempre attento ai dettagli in modo che non possa fallire». In sostanza, sono le parole che lo stesso Nadal ha usato commentando il ritorno al vertice: «Ho passato infortuni e momenti difficili, ma non ho mai perso la passione e l’amore per quello che faccio, e questo mi ha concesso di avere un’altra chance per riprendermi la vetta». MEMO ALLENATORE La famiglia e il team, i cardini del fenomeno-Nadal, erano sicuri che i malanni non lo avrebbero piegato. Come illustra perfettamente in un’intervista online Francisco Roig, coach in terza dopo zio loni e Carlos Moya, ma soprattutto amico di un vita: «E’ stato un percorso lungo, davvero lungo. Ma chiunque gli stava accanto durante questo periodo sapeva che sarebbe tornato al top. Che avrebbe lottato ancora per i grandi titoli e gli Slam. E se lotti per quei tornei, lotti anche per il numero uno. Lui ha un segreto semplice: quando sente che può eseguire in partita quel che fa in allenamento, allora è pronto a competere. Se dopo gli Us Open lui e Federer saranno ancora vicini in classifica, la storia dice che Roger è favorito, sul veloce indoor. Ma io credo che Rafa sia capace anche di questo». Intanto, si è calato totalmente nel ruolo: «Voglio giocare alla grande a New York, voglio dimostrare perché sono in questa posizione, perché sono tornato in vetta». Effettivamente in stagione la differenza, accanto alle 49 partite vinte (nessuno come lui) l’ha fatta la terra con la quaterna Montecarlo-Barcellona-Madrid-Roma, garantendogli (come da grafico) 4680 punti su 7645, cioè il 61.2%. Tuttavia, l’analisi storica di Rafa ci dice che la prima volta da numero uno, nel 2008, venne favorita soprattutto dal cemento e perfino dall’erba, mentre nella terza occasione, ottobre 2013, terra e cemento quasi si equivalevano. La grandezza di un campione, infatti, si misura dalle prodezze realizzate sui terreni meno congegnali, e Rafa è fenomenale soprattutto per quello che ha fatto, lui terraiolo più forte di sempre, sulle altre superfici. Altrimenti non festeggi 995 giorni da numero uno. Tanti auguri.

 

Identikit Kyrgios, il tennista che ama la gente ma non il tennis

 

Andrea Scanzi, il fatto quotidiano del 22.08.2017

 

Ammoniva Oscar Wilde: “Distruggi ciò che ami, prima che ciò che ami distrugga te”. Non è certo un problema che affligge Nick Kyrgios, talento greco-australiano 22enne che tutto pare amare tranne il tennis. All’orizzonte si affacciano molte nuove leve. Il dittatore del futuro sarà Alexander Zverev, 20enne lungagnone sovietico-ariano tanto solido quanto diversamente travolgente. Attorno a lui, non poche belle speranze: la più spettacolare, e al tempo stesso la più pazza e incosciente, è proprio Kyrgios. Quando sta bene e c’è di testa (non accade spesso), è in grado di battere chiunque. Infatti, tranne Murray, ha già sconfitto tutti i top ten. La sua facilità di gioco è sconcertante. Gli riescono cose inaudite,non è mai banale e ha una componente circense che – se controllata – lo rende ancora più travolgente. Domenica ha raggiunto la prima finale in un Masters 1000, i tornei più importanti dopo gli Slam. A Cincinnati ha poi perso, contro l’altro dissipatore Dimitrov, a conferma di come non ce la faccia proprio (perora?) a essere vincente sino in fondo. Per lui è comunque il segnale di una ripartenza dopo mesi bui: è stato 13 al mondo ed è appena rientrato tra i primi 20. Ogni anno va allo stesso modo. Comincia in sordina, dà il meglio di sé tra febbraio e marzo. Pare maturato. E lì si eclissa. Anche in questo 2017. A INDIAN WELLS ha battuto Djokovic, a Miami ha perso in semifinale con Federer dopo tre tie-break di inumana beltà. Ha contributo a portare l’Australia in semifinale di Davis. Poi, sul più bello, l’implosione. L’ennesima. Ha saltato molti tornei, più volte si è ritirato. La stagione sull’erba l’ha buttata via. Un tale letargo è dipeso da infortuni, lutti (ha perso i nonni) e guai sentimentali: la fidanzata lo ha lasciato dopo che lui si era fatto pizzicare di notte, a Wimbledon, in compagnia di due tenniste. Le beghine del politicamente corretto lo detestano perché, in campo, è spesso maleducato e nichilista. Vorrebbero che il tennis fosse un presepe soporifero: sai che noia. Kyrgios, che anche al suo peggio fa male solo a se stesso, s i è fatto multare perché ha “sciolto” durante le partite per mancanza di voglia. Ha detto a Wawrinka che la sua compagna gli aveva messo le corna. Nelle interviste dice che il tennis non gli piace e in campo scrolla spesso la testa come a dire “Che ci faccio qui?” (spesso lo dice proprio). Caratterialmente è un mix tra McEnroe, Safin e Fognini: auguri. Fuori dal campo è invece una delle persone più garbate del circuito. Inquieto e tormentato, umorale e predestinato. Tre anni fa Ferrer, emblema del tennista volitivo, gli disse:”Devi imparare a soffrire”. Kyrgios aveva 19 anni, mangiava pollo fritto ed era sovrappeso. Rispose così: “Tu devi essere matto”. Sabato, dopo avere vinto la semifinale proprio contro Ferrer, poteva esprimere gioia. Invece ha filosofeggiato: “Io futuro numero 1 al mondo? Ci sono altre cose più importanti rispetto al tennis. Nel mondo accadono cose peggiori di me che perdo una partita di tennis ed è per questo che non posso prendere il tennis molto seriamente. Ho avuto parenti che sono morti e non li ho visti abbastanza per via del tennis, e penso che questo possa essere un motivo per cui non posso realmente impegnarmi a pieno nel gioco. Voglio dire, se sono numero 1 o 500, alla fine sono solo un tennista”. Poi: “Non voglio essere ricordato come un tennista straordinario, bensì come un giocatore gentile verso la gente” Kyrgios è così. E tra i “nuovi”, assieme a Shapovalov e pochi altri, è un generatore sicuro di spettacolo puro nel tennis del futuro. Piaccia o non piaccia.