Il bicchiere mezzo pieno: esiste o non esiste il goat?
Bill: Si può parlare del più forte giocatore della storia?
Ted: So che intendi Federer e se vuoi ne parliamo pure, ma io non sono d’accordo.
Bill: No, no. Intendo solo il concetto di ‘più forte giocatore della storia’. Può essere definito in modo che se ne possa parlare senza ambiguità?
Ted: Intendi una definizione, oggettiva, che metta tutti d’accordo?
Bill: Eh! Qualcosa del genere.
Ted: Immagino che se la risposta fosse affermativa allora molti potrebbero sostenere che si tratta di Federer. Ma molti sostengono, con validi argomenti, che Federer non possa esser chiamato il più forte di sempre. Quindi direi che la risposta è ‘no’. Non si può dare una definizione univoca e definitiva di ‘giocatore più forte di sempre’, una definizione che soddisfi tutti.
Bill: Quello che dici tu è che Federer non può esser considerato il goat. Non che una definizione di goat non esiste. E se anche hai ragione questo non fermerà molta gente dal definire Federer il più forte giocatore che abbia mai preso in mano una racchetta. E allora che si fa?
Ted: Allora bisogna definire i termini della diatriba. Elencare le possibili definizioni di ‘forte’ e vedere in quali casi Federer o chiunque sia il candidato soddisfa i requisiti, in quali casi no e in quali casi non si sa.
Bill: Concordo in pieno. Vorrei un approccio scientifico alla semplice definizione di goat.
Ted: Per giocatori della stessa epoca, si può parlare di qualcuno come più forte di uno specifico avversario. A è più forte di B nel senso che lo batte più spesso. Oppure si può parlare di più vincente, come A è più forte di B perché ha vinto di più. Le due cose, ovviamente, sono diverse.
Bill: Per giocatori di epoche diverse, invece, si possono solo fare confronti indiretti. O sugli avversari incontrati se si vuol parlare di ‘forte’ o sui tornei disputati se si vuol parlare di ‘vincente’. Ad esempio A è più forte di B perché batteva regolarmente tutti i suoi diretti avversari mentre B perdeva nel 10 per cento dei casi. Oppure, A è più vincente di B perché ha vinto più tornei dello stesso calibro e caratura. Certo che confrontando epoche diverse entrano in ballo tanti fattori che è difficile quantificare. Primi su tutti il valore specifico degli avversari e dei tornei. Ci sono stati anni in cui il numero tre valeva un numero uno, come nel 2008, e anni in cui un numero uno vale un numero tre, come Murray ora. E anche, un Australian Open vinto a fine anni settanta non vale un Australian Open di questi tempi. Come quantificare tutte queste variabili?
Ted: In entrambi i casi poi, nel fare l’analisi, ci si può limitare al picco della carriera, o a un determinato intervallo di tempo, oppure si può considerare l’intera carriera. Ancora una volta i risultati sono diversi. Certi giocatori hanno raggiunto livelli inarrivabili per un periodo breve (vedi McEnroe nel 1984), altri sono stati competitivi ad altissimo livello fino ad un’età avanzata (come Federer adesso).
Bill: E spesso un giocatore che risulti in vetta a una graduatoria non lo è in un’altra. Insomma, scegli un criterio e trovi un nome, scegli un altro criterio e trovi un altro nome. Cambia il modo (o l’algoritmo) in cui confronti le epoche e i nomi cambiano ancora. Un giocatore che risulti il numero uno indipendentemente dal criterio, ovviamente non esiste.
Ted: Insomma è un po’ la storia del bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno?
Bill: Direi di sì, o la botte piena e la moglie ubriaca, anche.
Ted: …
Bill: Ok, bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno. Non c’è una definizione di ‘più forte’ che possa soddisfare tutti e non c’è un giocatore che sia chiaramente il più forte per tutte le definizioni.
Ted: Non avrei saputo dirlo meglio.
Bill: Grazie.
Ted: Certo che però una volta scelti criteri e algoritmi il numero di nomi che possono entrare nella lista non è molto grande. Limitandoci all’Era Open ci stanno i tre mostri di quest’epoca. Ci stanno Agassi e Sampras. Ci stanno Connors, McEnroe, Lendl e Borg. Ci stanno Laver e Newcombe. Poi si va troppo indietro e tutto si fa più confuso.
Bill: Certo che non sono tanti ma non sono poi così pochi. Laver e Federer sono i due che spiccano secondo me.
Ted: Questo perché tu usi la definizione di ‘più’ vincente’ per definire il più forte. E aver ottenuto il grande Slam fa risaltare Laver su tutti gli altri.
Bill: Vero. E allora come li confronto?
Ted: Ad esempio, il fatto di aver vinto 19 Slam non rende Federer automaticamente più forte di Laver perché l’australiano ha saltato cinque anni perché era tra i professionisti.
Bill: Ma negli anni in cui Laver vinceva Slam tra i dilettanti molti suoi potenziali rivali erano professionisti e quindi non potevano incontrarlo e magari batterlo.
Ted: E poi, davvero 4 Slam consecutivi nel 1969, con tre giocati sull’erba, valgono meno di 4 Slam consecutivi su tre superfici diverse a cavallo tra il 2015 e il 2016?
Bill: Valida osservazione. Difficile rispondere.
Ted: E se avessi preso come definizione di più forte la seconda. Ovvero chi ha battuto più spesso i suoi diretti avversari. Allora dovresti considerare Nadal invece di Federer?
Bill: Ah! Il vecchio argomento di Tommasi che a suo tempo scatenò il putiferio. Ma il fatto di aver perso spesso e volentieri da Nadal non rende automaticamente Federer meno forte di Nadal perché molti incontri sono avvenuti sulla terra negli anni in cui Nadal non perdeva mai su quella superficie.
Ted: Ma anche negli anni di dominio (vedi il 2006) Nadal batteva Federer anche sul cemento, quando arrivava a incontrarlo. Solo non ci arrivava sempre.
Bill: E questo ci porta ad una importante distinzione sul concetto di ‘forte’. Il giocatore A (Federer) batte tutti (come nel 2006) eccetto B (Nadal). Il giocatore B, batte A quando lo incontra ma perde anche da altri giocatori.
Ted: Come diceva Tommasi, “nel tennis la proprietà transitiva non vale”.
Bill: Non se ne esce, a meno di non fare una scelta, che però risulta arbitraria.
Ted: Esatto, quindi A è più forte di B per risultati ottenuti (più vincente) ma è meno forte di B nello scontro diretto. Sono due definizioni di forte diverse. Una intende più vincente in generale, nel qual caso A è più forte di B. L’altra intende più vincente negli scontri diretti, nel qual caso B è più forte di A. Bisogna sceglierne una.
Bill: Adottando la seconda definizione non si potrebbe definire un giocatore più forte di sempre, a meno che non arrivi uno che domini tutti i suoi avversari per un periodo di tempo abbastanza lungo. Peccato per il 2006, se Federer avesse vinto un paio di partite in più (diciamo Roma e Parigi?) prendendo come lasso di tempo un anno, ci sarebbero pochi dubbi.
Ted: Concordo. Ma purtroppo quelle partite le ha perse. Quindi se vogliamo adottare la seconda definizione dobbiamo rinunciare all’idea che si possa stabilire chi è il più forte di sempre perché non sarebbe possibile neanche stabilire il più forte di una determinata epoca. Ogni dominatore ha avuto le sue bestie nere.
Bill: E se voglio definire un goat mi trovo gioco forza costretto a prendere come definizione di più forte quella per cui il più forte di una certa epoca è il giocatore che ha vinto di più?
Ted: Così pare. Ma è un ragionamento circolare. Tu scegli quella definizione perché vuoi definire un goat. Ma mi pare che abbiamo stabilito che un criterio univoco non esiste.
Bill: Ok, ma lasciami prendere ‘vincente’ come definizione di più forte. A questo punto si tratta solo di confrontare i più vincenti. Giusto?
Ted: Hai detto niente. Ci sono tantissimi criteri validi per fare tale confronto. E criteri diversi daranno nomi diversi.
Bill: D’accordo. Però è anche vero che non tutti i criteri sono validi. Posso decidere di valutare gli Australian Open degli anni settanta come mezzo Slam odierno ma di certo non come il doppio di uno Slam odierno, che sarebbe palesemente assurdo.
Ted: Vero. Quindi ci saranno un numero finito di criteri ragionevoli con cui confrontare tornei e avversari. E allora?
Bill: Questi criteri indicheranno certi nomi a seconda di come vengono variati i parametri. Se facendo variare dei parametri ad un certo punto mi trovo un nome chiaramente fuori posto (ad esempio un Kriek tra i primi dieci nella storia), allora significa che sono fuori dai confini di ragionevolezza (sto contando troppo i vecchi Australian Open). Mantenendo questo esempio, considerare gli Australian Open di fine anni settanta alla pari di quelli odierni alzerà i nomi di alcuni giocatori, considerarli valevoli la metà alzerà i nomi di altri. Considerarli il doppio porterà Kriek più in alto rendendo evidente che sono fuori dai confini di ragionevolezza. Quindi ci sono delle ‘condizioni al contorno’. Che possono essere definite.
Ted: Dove vuoi arrivare?
Bill: Scegliendo tutti i criteri ragionevoli e facendo variare i parametri tra i valori scelti si può, in linea di principio, vedere quali nomi ricorrono più di frequente. Ad esempio McEnroe potrebbe apparire per alcuni criteri sulla singola annata. Mentre Federer potrebbe apparire sia sulla singola annata sia su un intervallo di tempo più lungo. Facendo tutte le variazioni possibili qualche nome apparirà poco e qualche altro apparirà più spesso. Immagino che il nome di Federer apparirebbe più spesso di quello di Supermac. Se un nome appare nettamente più spesso degli altri lo si potrebbe chiamare goat.
Ted: Una definizione scientifica di goat? Non in senso assoluto ma probabilistico?
Bill: Esatto!
Ted: E secondo te, quanto spesso dovrebbe apparire un nome per poter affermare ‘questo è il goat’?
Bill: Direi che una deviazione standard della gaussiana potrebbe bastare. Che dici, nel 68% dei casi?
Ted: Ehi! Ehi! Fermo là! I fisici per affermare con certezza che hanno scoperto una nuova particella richiedono una sicurezza di tre sigma (tre deviazioni standard), ovvero 99.7%. Io direi che se facendo variare tutti i possibili parametri entro confini di ragionevolezza trovassi lo stesso nome nel 99.7% dei casi, allora sì, si potrebbe gridare al goat!
Bill: Eh, ma allora è impossibile!
Ted: E che ci vuoi fare? È la scienza.
Bill: Quindi una definizione di goat non c’è. Ma facendo la media su tutte le definizioni ragionevoli si potrebbe vedere se un nome ricorre più spesso.
Ted: Esatto. E se un nome appare quasi sempre, allora si potrebbe parlare di goat. Ma per ora i nomi son tanti e nessuno chiaramente davanti agli altri. Come ben sai, è un po’ la storia del bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno. O se vuoi del bicchiere pieno al 50%.
Bill: Finché non arriva uno per cui il bicchiere sarà pieno al 99.7%.
Ted: Se arriva.
Bill: Non arriva. Ma se arriva.
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