“Questo” Federer non è meno forte di “quel” Federer
Adesso sembra imprescindibile inquadrare il Federer 2017 all’interno della sua stessa carriera. È più o meno forte del Federer 2006? O di quello del 2007? Il dritto molto probabilmente schiocca meno, in generale quello di oggi è un giocatore meno esplosivo. Ma globalmente stiamo assistendo alle gesta di un tennista più forte, più difficile da battere, più completo?
La risoluzione dell’equazione passa anche per l’analisi dei suoi avversari. I cinque tornei vinti dallo svizzero in questa stagione (Australian Open, Indian Wells, Miami, Halle e Wimbledon) finivano nel suo palmares anche 11 anni fa. Possiamo quindi divertirci a confrontare gli avversari battuti nei turni decisivi.
Australian Open
Davydenko è stato nel 2006 l’avversario più duro del suo torneo. Per caratteristiche e stato di forma: non paragonabile al seppur ottimo Mischa di Melbourne, che nel matchup tecnico risulta peraltro fatalmente svantaggiato contro lo svizzero. Sui confronti Wawrinka-Kiefer e Nadal-Baghdatis forse non è neanche il caso di aprire un dibattito. Pur consapevoli che per il cipriota finalista quello Slam sarebbe rimasto il miglior torneo della carriera.
Indian Wells
Il percorso del 2006 (somma ranking avversari 99) vede in Ljubicic e Blake gli avversari più duri. L’attuale coach di Federer era sì il numero 6 del mondo, ma dal 2005 aveva perso cinque sfide di fila contro di lui. Blake probabilmente su cemento valeva più del 14esimo posto occupato in classifica (sarebbe infatti entrato a breve in top 10), ma in carriera ha battuto lo svizzero una sola volta su 11 incontri. Nel 2017 tutto è cominciato con la severa lezione a Nadal – dopo l’epica sfida di Melbourne tutti si attendevano ben altra battaglia – ed è proseguito con le attente vittorie su Sock e Wawrinka. Stan ha giocato a IW il secondo miglior torneo stagionale dopo il Roland Garros, ma si è arenato contro il chiaro svantaggio tecnico che Federer gli impone. Considerando però il forfait di Kyrgios, non risaltano grosse differenze di difficoltà tra i due percorsi.
Miami
Qui il ranking sembra suggerire che gli avversari del 2006 fossero più ostici, ma attenzione. Ferrer su cemento non può (e non deve?) essere considerato avversario più complicato del Kyrgios di Miami, per distacco il giocatore capace – dopo Federer – di esprimere il miglior tennis nella tournée statunitense. E con un servizio quasi inattaccabile. Lo stesso andamento della partita (tre tie-break lottatissimi) l’ha confermato. Blake 2006 vs Berdych 2007: James nella stagione migliore della carriera ma quasi mai capace di contrastare lo svizzero, Tomas nel bel mezzo della sua parabola discendente ma spesso (e volentieri) in grado di fare partita pari anche contro ottime versioni di Federer. Lo scorso marzo Roger è stato persino costretto ad annullare due match point.
Halle
I tre turni finali di Halle 2006, e lo conferma l’intero campo partecipanti del torneo confrontato con quello del 2017, hanno certamente presentato a Federer più insidie. Quest’anno lo svizzero ha dovuto battere il campione in carica Mayer e dopo aver incontrato qualche lieve difficoltà contro il baldanzoso – ma non ancora fine pensatore sul campo da tennis – Khachanov, ha fatto a brandelli la resistenza del povero Zverev. In questo confronto va anche considerato che Federer 2017 ha affrontato il torneo più come un test che che con la “fame” di un fenomeno di 24 anni nel pieno del suo fulgore atletico.
Wimbledon
Wimbledon 2006: ranking complessivo dei tre avversari pari a 71. Wimbledon 2007: ranking complessivo dei tre avversari pari a 28. Sarebbe sconveniente fermarsi ai soli numeri, ma è chiaro come l’accoppiata Raonic-Berdych 2017 potesse (e dovesse) offrire maggiori insidie rispetto al duo Ancic-Bjorman. Ma contro il canadese di insidie praticamente non ce ne sono state, e contro il ceco sono state tutte abilmente schivate. Il confronto delle due finali appare impietoso ma pesantemente viziato dall’infortunio/crollo psicologico di Cilic. Per quanto, a ben ricordare il Nadal 2006 su erba, si trattava di un giocatore che doveva ancora interiorizzare alcuni accorgimenti tattici necessari per battere Federer sulla sua superficie maestra.
Questo breve excursus statistico fornisce un quadro più chiaro della situazione. Così come nel 2006 Federer non aveva un vero rivale sulle superfici veloci, così nella prima metà di 2017 nessuno si è dimostrato in grado di opporgli un vero contraddittorio. 11 anni fa il re del circuito era lui, anche secondo i numeri, oggi chi per classifica dovrebbe batterlo non arriva neanche abbastanza in fondo da sfidarlo. Djokovic e Murray sono lontani rispettivamente 538 e 697 giorni dall’ultimo incontro con Federer.
La domanda sorge spontanea. Se assumiamo che il comparto giocatori del 2006 non può essere definito superiore a quello del 2017 – e perché dovrebbe, se la variabile comune, Nadal, non era più forte sul veloce di quanto lo sia oggi? – perché Roger Federer 2017 deve essere ritenuto inferiore soltanto perché ha 11 anni di più?
Si badi bene, dal discorso stiamo escludendo la competitività sulla lunga distanza. Ovvero la capacità di disputare un’intera stagione su questi livelli, come banalmente il Federer 24enne sapeva fare con altro agio rispetto al Federer 35enne. Ci si riferisce ai picchi di tennis e al rendimento medio nei grandi tornei. E Federer i grandi tornei li ha vinti tutti, così come nel 2006, soffrendo forse globalmente meno contro avversari non meno forti. Ovviamente avvalendosi della possibilità di giocare meno e centellinare le energie. Ma il Federer che ha vinto gli Australian Open 2017 superando le insidie di 18 set dagli ottavi alla finale è davvero un giocatore più facile da battere di quello che ha lasciato poche chance a Davydenko, Kiefer e Baghdatis nel 2006?
L’obiezione più ovvia sarebbe che Federer aveva un’altro tipo di esplosività. Ma quel vigore fisico che gli permetteva di dominare ogni scambio da fondocampo e oggi invece si è tradotto in una resistenza inferiore sulla lunga distanza, l’ha costretto a rivalutare una più frequente verticalizzazione degli scambi. Federer ha capito, si è capito, e ha modificato il suo tennis. L’altra obiezione potrebbe nascondersi nello stesso strapotere del Federer 2006. Forse la sua superiorità era così netta da far apparire i suoi avversari meno competitivi di quanto non fossero realmente. E se invece considerassimo quanto il tennis si è ulteriormente evoluto in questi 11 anni sotto il profilo atletico? A un impoverimento nella varietà del gioco sicuramente ha fatto da contraltare un aumento della soglia “fisica”. Ogni anno che passa al numero 50 del mondo è richiesta una preparazione più attenta per poter mantenere la stessa posizione in classifica. È il naturale evolversi dello sport.
Sotto il profilo della condotta tattica, poi, Federer è sicuramente migliorato. Nelle sfide australiane contro Wawrinka e Nadal è stata proprio una gestione più matura delle energie e dei suoi momenti di tennis migliore a regalargli la vittoria. “Last but not least” il cambio d’attrezzo gli ha permesso di dedicarsi maggiormente al rovescio coperto, corollario di un tennis più offensivo. Che il “nuovo” rovescio sia stato il vero punto di forza del suo 2017 non è certo scoperta di queste righe.
Questo aver saputo fare di necessità virtù, queste modifiche per tornare ad essere il più forte, non rendono Federer più vulnerabile. Lo rendono un tennista diverso, più completo, e per certi versi più coraggioso e consapevole dei propri mezzi. Federer 2006 probabilmente batterebbe Federer 2017: intravediamo il primo tirare drittoni, a volte anche testardi, e il secondo cercare di togliergli il tempo guadagnando la rete. Quello col ciuffo più lungo prevarrebbe perché Federer 24enne non soffrirebbe i suoi stessi cambi di ritmo e avrebbe più dritti vincenti nel braccio. Ma Federer non può affrontarsi da solo (o forse sì?). La variante nel tennis è l’avversario. E oggi gli avversari di Federer non ci stanno dicendo che è meno forte. Altrimenti lo batterebbero.