Federer: “Ho sempre fatto scelte giuste. È incredibile avere battuto 9 top ten”
Federer, il Re non aristocratico che ha fatto il miracolo
Il vero record di Roger Federer sono i suoi 200 passaporti. I suoi stop? Acqua fresca
È stato molto più facile di altre volte trionfare, per lui fenomeno probabilmente ineguagliabile, l’ottava volta a Wimbledon. Ricordate il 16-14 con Roddick? I cinque set con Nadal? Questa volta per Roger è filato tutto molto più liscio. Non ha perso un set, non ha salvato set point, non ha perso una volta il servizio in finale, aveva vinto più facile solo quella volta a New York contro Hewitt, 60 76 60.
“Non è così semplice gestire queste vicende, alti e bassi tuoi e degli avversari – dice Federer fra un’intervista e l’altra, raccattandone spizzichi fra quelle che dice in tv e ai colleghi svizzeri – devi cercare di restare concentrato, nonostante mille possibili distrazioni, e io ci sono riuscito”.
Attribuisce meriti a tutto il suo team: “Senza l’aiuto e la comprensione di Mirka sarebbe stato impossibile, quattro figli…e anche senza Pierre (Paganini) il suo fitness trainer che lo ha rimesso a nuovo e con il quale ha via via programmato i suoi stop and go. E senza Ivan (Ljubicic), che ha avuto fiducia nella mia possibilità di fare ancora progressi, di migliorare continuamente lavorando su colpi e situazioni…certo il rovescio, ma non solo. E Luthi, un amico e un consigliere prezioso. E il mio manager Tony (Godsick), bravo e per bene… È stato importante non sbagliare quasi mai certe scelte, in tutti questi anni. Ogni coach con il quale ho lavorato mi ha dato qualcosa…proprio tutti”.
E sicuramente Roger pensa a Carter, a Lundgren, a Edberg. Ma sa anche di essere stato un bravo, uno straordinario allievo per mettere a punto tutti i loro consigli. Non avesse avuto quel talento naturale, quella tecnica, quella fluidità innata, quel fisico ma anche quella persistente volontà di continuare a migliorarsi giorno dopo giorno, anno dopo anno, oggi non sarebbe il più anziano vincitore di Wimbledon dell’era open a 35 anni e 342 giorni, superando le sue stesse aspettative, recuperando anche le palle più difficili, negli angoli più lontani, come se fosse un ragazzino. Così è arrivato a totalizzare 31 vittorie a fronte di due sole sconfitte (con il matchpoint) e 9 vittorie a 0 contro i top-ten. 17-5 nei tiebreak… e poi c’è chi sostiene ancora che nei momenti importanti non sia sempre lucido.
“Onestamente non mi aspettavo che sarei stato capace di battere tutti i top-ten come ho fatto. Ho vinto tutti i match importanti che ho giocato quest’anno, è incredibile!”.
Wimbledon era il torneo che ha sempre sognato di vincere fin da quando ha capito che il talento non gli mancava e che tutti gli pronosticavano un grande futuro, ben prima di battere Pete Sampras nel 2001. Poi nel 2003 vinse il suo primo Slam, proprio qui. “Ma non pensavo davvero che ne avrei mai potuto vincere 8! Non era neppure un obiettivo, a dire la verità. Io ero un ragazzino di Basilea che sperava soltanto di riuscire a diventare un buon giocatore di tennis, magari un professionista”. Da Basilea ancor poco più che bambino lasciò casa e i genitori per andare a frequentare un centro nazionale di tennis dove si parlava solo francese. Non furono momenti sempre facili, ma quella fu una delle tante scelte indovinate che Roger ha fatto per diventare il campione che è.
Quel che Roger non ha raccontato in conferenza stampa è che perfino in una finale sembrata a senso unico, anche per le condizioni fisiche di Cilic (che però lo stesso Roger ha appreso soltanto a fine match), lui ha avuto ancora il dubbio di poterla perdere. “Sul 2 set a zero e 2 pari ho pensato: ‘Vuoi vedere che perdi questo set? Non hai mai vinto Wimbledon senza aver perso neppure un set…”.
Qualcuno forse ricorderà che dopo il match vinto con Berdych gli avevo chiesto se si ricordava di esser mai arrivato a giocare una finale senza aver ancora perso un set… e lui mi aveva chiesto: ”Mai?” e io gli avevo mostrato due dita (per dirgli due volte). Lui dopo aveva voluto sapere. È incredibile come Roger voglia sempre sapere certi dettagli, certi particolari di cui altri si disinteresserebbero. Lui i record li sa tutti. Li ricorda tutti. Anche se a volte poi dice che non sono così importanti. Era arrivato “vergine” a due finali con Nadal, quella del 2006 vinta in 4 set, e quella del 2008 persa in cinque.
“Fare la storia a Wimbledon certo che è importante…Vero però che in Australia l’emozione è stata assolutamente diversa. Così inaspettata! Qui ero il favorito prima dell’inizio del torneo, anche se l’ho trovato piuttosto strano… e insomma tutto quello che è successo nel torneo, e anche nella finale, ha tolto un po’ di vibrazioni…”. Un po’ di vibrazioni, più che durante la partita gli sono arrivate però quando stava aspettando che lo chiamassero a sollevare il trofeo. Gli è spuntata anche qualche lacrimuccia (che non fa più notizia… dopo quella volta in Australia sotto gli occhi del suo idolo Laver).
“Beh ho visto i miei bambini (3 anni) erano anche loro lassù, accanto alle bambine (7 anni) e non me l’aspettavo… non credo che abbiano capito niente, più in qua glielo spiegheremo, ma vederli lì tutti insieme, la famiglia riunita nel giorno in cui battevo un record (di Sampras… più che di Renshaw, siamo seri), sì speravo che ci sarebbero stati anche i bambini, beh mi sono sentito pervadere da una gioia immensa, sono stato come travolto e non sono riuscito a non commuovermi”.
Un grande campione, un grande uomo, un Re del tennis cui avevo visto fare cose straordinarie già al mio circolo di Firenze alle Cascine quando a 16 anni e otto mesi conquistò tutti, e non solo il torneo under 18 di Pasqua. Per mostrarmele di nuovo al suo esordio in Davis, i capelli biondi ossigenati, a Neuchatel, quando sorprese il nostro Davide Sanguinetti e il clan azzurro, ma un po’ meno chi scrive.