Wimbledon, spunti tecnici: Cilic, il primo contendente al trono

dal nostro inviato a Londra

In via del tutto eccezionale (per questo Wimbledon, s’intende), ho la possibilità di proporvi un’analisi tecnica che ci possa aiutare nella valutazione di uno dei semifinalisti dell’edizione 2017, il croato Marin Cilic. Dopo averlo visto in allenamento nei tre giorni precedenti all’inizio del torneo, si era rafforzata la mia convinzione che il vero favorito per arrivare in finale dalla parte alta del tabellone fosse lui, insieme a Rafa Nadal. Non potevo prevedere che lo spagnolo si sarebbe praticamente suicidato dal punto di vista tattico, passando un’intera partita con un attaccante come Gilles Muller a rispondere alle seconde palle da quattro metri fuori dal campo, ero invece certo che l’eventuale quarto di finale tra Rafa e Marin sarebbe stato equilibratissimo, visto lo stato di forma palesato dal nativo di Medjugorje nei training dello scorso week-end. Con tutto il rispetto parlando, Murray non dava segnali incoraggianti, al suo posto in semifinale si presenterà infatti l’ottimo Sam Querrey, che ha certamente armi pericolosissime a disposizione (servizio e dritto devastanti), ma è la sua prima volta a questo livello Slam, mentre Cilic ne ha già vinto uno (US Open 2014). Ritengo quindo estremamente probabile, in buona compagnia di bookmaker e addetti ai lavori vari, una finale tra Marin e Roger Federer, ovviamente strafavorito nella sua semifinale su Tomas Berdych. Vale quindi certamente la pena di andare a vedere un po’ più da vicino come gioca sull’erba un gigante (1.98 per 90 kg) come Cilic, e come si adatta ai rimbalzi bassi per esplodere le sue grandi accelerazioni di dritto e di rovescio.


In testa al pezzo, un bellissimo dritto in avanzamento, con perfetto appoggio del passo in dinamica, neutral stance (praticamente affiancato, peso sul piede sinistro portato davanti al corpo verso la palla), qui sopra due dritti in open stance, la rapidità del rimbalzo sull’erba costringe Marin alla reazione in spinta per non perdere l’equilibrio all’indietro, e lo porta alla classica “sgambata” con arto inferiore sinistro che va su insieme allo swing a colpire per compensare e neutralizzare sul nascere l’eventuale arretramento del peso. Molto bravo il croato a entrare senza grossa rotazione sul colpo nonostante l’impugnatura western, bisogna essere precisissimi per andare sotto la palla senza spazzolarla eccessivamente, ma facendola invece scorrere il più possibile.


Vediamo ancora meglio qui sopra, è la conclusione dello swing a colpire, come Marin lascia andare in avanti, ben allineata al braccio, la testa della racchetta, senza chiudere subito il finale windshield-wiper (a tergicristallo), non è facile e serve tanta sensibilità di mano per entrare pieni sul colpo senza sprecare troppa energia cinetica con il top-spin, che sarebbe invece lo sviluppo più naturale di un dritto eseguito con quell’impugnatura. Da vicino, ci si può rendere bene conto del tipo di impatto dal suono, bello pieno e secco, invece che “frusciante” come quando i giocatori mollano il toppone.


Altra arma importante, fondamentale per Cilic è il super-servizio, su cui ha lavorato bene per tanto tempo in particolare con Goran Ivanisevic, lavoro che gli ho visto proseguire con Jonas Björkman, l’attuale coach. A sinistra apprezziamo la “trophy position” al rilascio del lancio di palla, con buona rotazione delle anche, e spalla destra aperta di oltre 45 gradi rispetto alla riga di fondo. A destra, l’esplosione della martellata sulla palla, la spalla è entrata a spingere la sbracciata con una rotazione interna di oltre 180 gradi, a un millisecondo dall’impatto Marin ha ancora la racchetta di taglio rispetto alla palla. Con ovvia impugnatura continental (a martello), la pronazione con flessochiusura del polso sull’avambraccio darà la frustata finale all’ultimissimo istante. Ed è così che scendono giù le “noci di cocco” verso il campo avversario, dalle 5 partite vinte finora abbiamo una velocità massima della prima di servizio di 133 miglia all’ora (214 kmh), neanche esagerata, il numero impressionante è la velocità media di 122 miglia (196 kmh). Essendo compresi in tale media gli slice lenti uscire, che di norma non superano i 175-180 kmh, il dato ci evidenzia una continuità e un’esplosività costante davvero notevoli. Per fare un confronto, Federer di media con la prima palla è a 185 kmh qui finora, 11 chilometri di margine sono tantissimi a questi livelli.


Qui sopra, l’esecuzione a mio avviso più bella di Marin, lo splendido rovescio bimane, che per essere ben spinto ed efficace sui prati da parte di un lungagnone del genere necessita di una potente azione delle gambe, in flessione e in caricamento-scaricamento del peso. Ammiriamo a sinistra il perfetto angolo retto tra racchetta e braccia in allineamento verso l’impatto, con flessione posteriore dei polsi molto accentuata (è esattamente il gesto che Juan Martin del Potro non può più eseguire dopo l’infortunio), a destra l’impatto stesso, preso nello sweet-spot, il centro esatto del piatto corde, in modo preciso, che più preciso non si può. Da manuale anche il trasferimento del peso in avanti, e la schiena che rimane ben allineata alla gamba posteriore, non è facile per uno così alto evitare di ingobbirsi entrando bimane su palle così rapide e basse.


Qui sopra, infine, Marin ci mostra con quanta decisione e precisione è capace di portare l’inerzia del suo corpo verso il colpo, la cosa interessante da osservare, in entrambe le immagini dai due lati, è come il croato va in trascinamento col piede posteriore, il sinistro. Il trasferimento del peso è talmente fluido e naturale, da portare il piede che viene “lasciato indietro” non solo a strisciare sul’erba, ma addirittura ad andare in mezza rotazione interna sulla punta da tanto è decontratto il muscolo, un gesto da pattinatore su ghiaccio praticamente, che su questa superficie è straordinariamente efficace.

Concludendo, questo bel tennis di spinta ottimamente adattato all’erba ha già fatto vedere la sua efficacia, e non da quest’anno: ora siamo davvero alla stretta finale, chissà che non possano venire fuori sorprese notevoli.