Tennis e cinema: “Whiplash” Nadal, jazz tra lacrime, erba e terra rossa

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Più ci si addentra nei meandri della settima arte, più si scoprono personaggi che ricordano i nostri idoli con la racchetta. Il nuovo episodio della rubrica “Tennis e cinema” non poteva che essere dedicato al re della terra rossa, colui che ha osato imporre il suo regno per dieci edizioni del Roland Garros: Rafael Nadal. Tuttavia, attualmente sono tutti con la testa ai magici campi in erba e ci si chiede se il campione di Manacor avrà le stesse chances di successo a Wimbledon, se riuscirà a insidiare Federer, il suo eterno rivale e sovrano indiscusso sui campi veloci; ci si domanda se si sentirà appagato dopo la vittoria a Parigi, Barcellona, Montecarlo (altro decimo titolo) e Madrid. Tutto questo non è dato saperlo, ciò su cui, invece, si può scommettere è l’atteggiamento e la preparazione che Rafa sta facendo in vista del terzo Slam dell’anno. A tal proposito si inserisce un gioiello della cinematografia moderna: Whiplash, vincitore di tre Premi Oscar su ben cinque candidature.

“Whiplash” (letteralmente “frustata”) è una composizione di Hank Levy definita dallo stesso regista del film, Damien Chezelle, una dannazione per un batterista: infatti l’autore della pellicola ha un trascorso da batterista e ricorda questo brano di musica jazz come un incubo, capace di mostrare il talento e al contempo la follia del percussionista. Il film è incentrato sulla storia di un giovane musicista, Andrew, intenzionato a diventare il più grande batterista del suo tempo. Il protagonista di Whiplash dà la vita al suo strumento, sacrificando ogni cosa in nome dello strenuo perfezionamento del talento. A scovare il suo estro artistico è Terence Fletcher, un direttore d’orchestra che usa metodi brutali, umilianti e provocatori, nella speranza di allevare un jazzista degno di questo nome. “Se il ragazzo mollasse, allora semplicemente non sarebbe il nuovo Charlie Parker”, queste parole rappresentano il passaggio chiave del film, in cui si evince chiaramente la filosofia abbracciata dal giovane batterista e dal suo insegnante: la massima espressione del talento non emerge senza la totale abnegazione e la spasmodica ricerca della perfezione. In virtù di quanto detto, Andrew comincia un percorso di purificazione che lo porterà a superare ogni limite, fisico e psicologico. Emblematica la scena in cui il protagonista di Whiplash, grondante di sudore, suona fino a spellarsi le mani in quella che sembra una lotta contro la sua batteria e contro se stesso. Andrew piange, suda e sanguina nel tentativo disperato di rincorrere l’agognata perfezione. I frequenti dettagli sulle gocce di sudore che scivolano sulla fronte del batterista, sulle mani sanguinanti per i virtuosismi estremi con le bacchette sono elementi che sottolineano la lotta contro la mediocrità, il perfezionismo spietato, la voglia di superarsi in nome della passione per la musica.

Ed ecco che emerge la figura del tennista di Manacor, il quale si sveglia tutti i giorni con un solo obiettivo: allenarsi per essere il migliore, allenarsi per vincere, allenarsi per passare alla storia, allenarsi ore ed ore sotto il sole versando anche lui lacrime, sudore e sangue. Andrew fascia le sue mani sanguinanti, Rafael notoriamente incerotta le dita per impugnare al meglio la sua Babolat, pronto ancora una volta a chinare il capo sotto l’egida dello zio Toni e a lavorare per migliorarsi. Ma cosa deve perfezionare ancora un atleta che ha segnato la storia dello sport? “Non esistono parole più pericolose di ‘bel lavoro’ ”, ecco cosa risponderebbe lo spietato Fletcher (che tanto ricorda il kubrickiano sergente Hartman in “Full Metal Jacket”) ad una domanda simile. Così come il giovane batterista fa suo questo motto, anche Rafa non si lascia prevaricare dalla morale buonista imperante che pone l’appagamento al primo posto. Il re del rosso ha superato i suoi limiti fisici, rialzandosi dopo ogni infortunio e ricominciando a colpire palla su palla, alla ricerca del timing giusto, così come il protagonista di Whiplash resta segregato in conservatorio giornate interminabili per trovare il tempo perfetto.

Il toro iberico, a 31 anni, ha ancora voglia di stupire, non solo continuando ad opporsi a Roger Federer nel duello epico che catalizza l’attenzione degli appassionati da più di un decennio, ma anche portando il suo tennis oltre ogni confine. Infatti Rafa non sembra patire lo scorrere del tempo, che quasi pare essersi fermato in un incantesimo che omertosamente nessuno vuole rompere. A Parigi il maiorchino ha dimostrato di aver affinato ancora di più il suo tennis, perfezionando il rovescio, il gioco a rete e il servizio. Insomma, il plurivincitore Slam sta vivendo una seconda giovinezza grazie alla sua dedizione, alla totale abnegazione al lavoro, ma soprattutto alla sua passione. Rafael ha ancora voglia di allenarsi, di svegliarsi ogni mattina e scendere in campo a picchiare quella maledetta pallina con un obiettivo chiaro in testa: migliorarsi, perché, incredibile a dirsi, l’ex ragazzino dai capelli lunghi che indossava canotte e pinocchietti ha ancora margini di miglioramento, nonostante il giovanotto abbia lasciato il posto ad un tennista navigato.

Non si sa se Nadal arriverà a Wimbledon con la stessa disinvoltura dimostrata al Roland Garros, ma una cosa è certa: l’erba non è la superficie prediletta dal tennista di Manacor e dall’altra parte della rete si possono incontrare specialisti del settore agguerriti come non mai… riuscirà Rafa ad arrivare fino in fondo, a reinventarsi un’altra volta per superare i limiti del suo gioco su questa superficie tanto ostica? E il nostro batterista riuscirà a perseguire il suo obiettivo, dimostrando a tutti, in primis a se stesso, che i sacrifici non sono stati vani? La risposta dei protagonisti di oggi è una sola: tutto è sofferenza, dedizione, duello, umiliazione, rinascita. Grazie alla storia di Rafa ed Andrew si può cogliere una certezza: dietro la musica suonata e il tennis giocato c’è tanta fatica e forse, alla fine, un premio finale, ma per arrivarci c’è bisogno di lacrime, sudore e sangue.