Nadal, la leggenda della terra rossa. A Parigi sono 10 i trionfi (Clerici, Crivelli, Piccardi, Semeraro, Azzolini, Clemente, Lombardo, Scanagatta)
Rassegna a cura di Daniele Flavi
Nadal, la leggenda della terra rossa
Gianni Clerici, la repubblica del 12.06.2017
Nadal ha dunque vinto per la decima volta il Roland Garros, come a nessuno era mai riuscito. Ha battuto Wawrinka, retrocesso al ruolo di involontario sparacchiatore, con lo stesso punteggio con cui l’aveva battuto quattro anni fa nei quarti, 6-2, 6-3, 6-1. Ammesso a mia volta sul Centrale, credo come ex-raccattapalle, mi son ritrovato prima del match tra altri Campioni che vi avevano vinto più di una volta, il mio amico Nicola Pietrangeli 2, Manolo Santana 2, Roy Emerson 2, Guillermo Vilas 1, Jan Kodes 2. Nessuno di loro, nelle chiacchiere, offriva una chance allo sfidante, nemmeno un re esperto di vela come Juan Carlos, che si era insinuato tra noi. Nemmeno, re a parte, i più qualificati tra gli esperti, i bookmakers, che davano Wawrinka a 5 ( cioè se giocavate 100 euro ne incassavate 500) e Nadal a 1,20 ( cioè vincevate 20 euro ) . Per conto mio, dopo la straordinaria semi dello svizzero contro Murray, speravo in una difesa migliore di Stan, confidando nella sua velocità, superiore negli scambi di rovescio. Niente di simile si è verificato, il fenomeno della terra rossa ha continuato a dominare, a vincere i set con uno scarto preoccupante, quasi giocasse con un handicap (dall’inglese mani nel cappello ) favorevole. L’unica, per limitarne la superiore facilità, sarebbe stato invece la scelta contraria, di un handicap in favore del povero Wawrinka, o meglio dei precedenti avversari, che elenco, Paire 6 games, Haase 8, Basilashvili 1, Bautista Agut 5, Carreno Busta 2, Thiem 7, Waw 6 con una media di 5 games a partita. A proposito di Wawrinka, mi domando, e domanderei al suo allenatore Magnus Norman come abbia pensato di battere Nadal senza suggerire al suo assistito altro che scambi prolungati dal fondo, una guerra di rimbalzi dal risultato scontato. Rileggo le mie note, infatti, e trovo che Stan ha giocato il suo primo drop dopo un’ora e sedici, in una partita che è durata 2 ore e sedici minuti. Mentre, dal fondo, lo svizzero non ha mai tentato una parabola alta sul rovescio bimane di Rafa, costringendolo a un qualche disagio, non dico addirittura a togliere la mano destra dal manico. È stata, insomma, una vicenda che ha entusiasmato gli spettatori felicissimi di possedere un costoso biglietto, ma che non è giunta ad annoiarmi soltanto per l’ammirazione che mi ispirava Nadal, insieme alla commiserazione per il suo avversario. Ripercorro il punteggio, dal 2 pari del primo set, e trovo, per giungere a 3-0 per Rafa nel secondo, una successione di 28 punti a 9, roba da primo turno. Simile superiorità assoluta, Rafa non l’ha solo raggiunta con il colpo da lui inventato, la famosa “Nadalada”, il diritto da destra oppure dal centro, quasi sempre sul rovescio avversario. Nadal ha giocato lunghissimo il suo rovescio bimane, e ha spesso baciato le righe con il lungo linea. Era quasi impossibile attaccarlo, per un avversario come Wawrinka. Un Wawrinka che subiva sempre, nei palleggi, una profondità superiore a quella che riusciva a controbattere, e che si accaniva soltanto a tentare tiri più violenti, e spesso troppo corti o troppo lunghi. Non c’è stata, insomma, partita, per chi rimarrà sempre nella storia come il Re del Rosso, e che, da oggi, ritorna numero due del modo, dietro a Murray. Wimbledon lo aspetta, con i suoi prati non privi di gramigna, e da questa rallentati. Nadal ci ha vinto due volte, nel 2008 e nel 2010. Chissà che non ci riprovi.
Ora è tra i miti dello sport
Gianni Valenti, la gazzetta dello sport del 12.06.2017
E adesso non chiamiamolo solo il Re della terra rossa. Il decimo successo al Roland Garros consacra Rafael Nadal nell’Olimpo del tennis ma lo inserisce a buon titolo anche tra gli sportivi più forti di tutti i tempi. Rafa c’è e a trentun anni ha voglia di stupire ancora in quel magnifico è incredibile duello a distanza con Roger Federer che da più di un decennio catalizza l’attenzione e la passione dei tifosi di tennis e non solo. Wimbledon, tra meno di un mese, ci regalerà un’altra incredibile puntata della loro saga che non sembra patire lo scorrere del tempo quasi fosse avvolta da un meraviglioso incantesimo che nessuno ha voglia di rompere. Intanto lo spagnolo ha messo in cassaforte il 15 torneo del Grande Slam tornando a tre sole lunghezze dal record assoluto dell’icona svizzera. L’ha fatto contro il malcapitato Wawrinka dando una dimostrazione di forza come mai era capitato di vedere quest’anno. Le vittorie in serie sulla sua superficie preferita a Montecarlo, Barcellona, Madrid e Parigi (Roma è stato quasi un incidente di percorso) gli hanno permesso di avvicinarsi in modo repentino al vertice assoluto del ranking che aveva lasciato nel luglio dei 2014. Lui non lo dice ma da tempo pregusta l’idea di sedersi ancora su quel trono. E il momento potrebbe arrivare già sull’erba più famosa del mondo. Il segreto della seconda giovinezza di Nadal risiede tutto in due parole: amore e passione per il proprio sport. Rafa è un ragazzo semplice che vive per il tennis. Non è un problema di soldi, di quelli ne ha già fatti a palate. Ha voglia di allenarsi, di stare ore sotto il sole a picchiare quella palla per migliorarsi continuamente. Crede che il gioco costruito dallo zio Toni quando era un ragazzino abbia ancora margini di crescita nonostante il fisico non sia più quello di un tempo. La sera quando è a tavola con il suo team e divora quantità industriali di pesce o pasta discute di tattica e dell’avversario che incontrerà il giorno seguente. L’unica distrazione che si concede sono le partite del Real Madrid. Che ama vedere da solo o in compagnia del fidato factotum Benito Barbadillo. Il quale, qualunque sia la città sede del torneo, ha una sola cosa che non può permettersi di sbagliare: deve scegliere un hotel dove si possano seguire via satellite le imprese dei Blancos. Il mondo di Rafa, insomma, non è poi così grande. Niente gossip, pochi eventi pubblici. Quando il calendario lascia qualche giorno libero eccolo ritornare nell’amata Maiorca. Gli amici, la barca, la fidanzata Xisca. E poi di nuovo in aereo per un’altra avventura. Con quel grido di battaglia che ormai è entrato nella leggenda: Vamos.
Questa terra è la mia terra Nadal, storica Decima a Parigi
Gaia Piccardi, il corriere della sera del 12.06.2017
Moriva Papa Wojtyla, nasceva YouTube. Era il 2005 e un niño di Manacor (Maiorca) in canottiera verde e pantaloni alla pescatora esportava le possibilità di un’isola sul campo in terra rossa più nobile del pianeta, arpionando il primo di 15 Slam. Ora che i titoli di Parigi sono 10 (record mai riuscito a nessuno in natura: «Non fatemi scegliere, sono tutti speciali») grazie alla demolizione sistematica della solidità di Stan Wawrinka in finale, ora che il niño è diventato grande perdendo i capelli (trapiantino riuscito, però) ma non la fame di tennis, a 31 anni Rafa Nadal è il nipote aggrappato alla coppa dei Moschettieri e alla spalla virile di zio Toni, il creatore del fenomeno pronto a cedere il passo in panchina a Carlos Moya, l’erede designato di questa saga di famiglia e sudore, vamos e sentimenti, borghesia e fedeltà. Dominare lo stesso Major per due lustri, inciampando solo nel 2009 con Soderling (che ieri ha twittato: «King Rafa»; titolo quell’anno, guarda caso, a Federer. l’unico di Parigi) e nel 2015 con Djokovic (quello vero), è impresa asso99 Smettere? Dubito ogni giorno, solo chi è arrogante non dubita 0 set persi in questo torneo per Rafa Nadal: 7 partite disputate, 7 vittorie in soli 3 set luta che si spiega con le radici e la resilienza dell’uomo, più volte risorto dalle sue stesse ceneri e tornato al trionfo un anno dopo un ritiro doloroso. Braccio al collo, polso fasciato, lacrime agli occhi, nel 2016 a Parigi Rafa sembrava un ex, stroncato dal logorio della vita (da tennista) moderna: «Dubito ogni giorno di dover smettere per infortunio ma i dubbi fanno bene: mi fanno lavorare più duramente. Chi non dubita è un arrogante e io non lo sono». Rimesso in piedi da Toni, corroborato dall’amore di Xisca, circondato dagli affetti, Nadal ha pescato il Roland Garros perfetto (35 game ceduti) dentro una stagione magica sul rosso, culminata nell’allenamento di ieri sul centrale: 6-2, 6-3, 6-1 a un Wawrinka drenato di energie nervose dalla semifinale con Murray e, quindi, privo della sua bellezza tennistica. La potenza aggraziata dello svizzero di riserva si è arresa di fronte alla brutale voglia di Decima di Nadal, applaudito da Nicole Kidman e dal re di Spagna, Juan Carlos, l’ultrà attempato che c’era anche la prima volta. Maratoneta cinque metri oltre la linea di fondo, signore e padrone del paese dei tic (essere un grande nevrotico è uno dei suoi talenti), Rafa ha uncinato con il gancio di dritto Wawrinka spostandolo come una bambola di pezza, zavorrandolo di errori (29 gratuiti, una sola palla break in due ore di match) e amnesie, inzaccherandogli la classe cristallina con le polpette al sugo avvelenate di un repertorio ampio, e molto più educato di quanto tramandi la leggenda. Quando Wawrinka ha provato ad andare a rete, più per disperazione che per scelta, era tardi: «C’è poco da dire: Rafa è stato troppo bravo». Scavalcato Pete Sampras (14 Slam), da nuovo numero 2 del mondo Nadal («Tornare n. 1? Perché no…?») insegue la terza, quarta, quinta — abbiamo perso il conto — vita agonistica e l’eterno rivale Roger Federer, lontano solo 3 Major. Dal 2005 ha saputo evolversi nel look, nel gioco e nel pensiero, senza mai smarrire per strada l’umiltà. Insieme agli dei del tennis, Parigi è di nuovo ai suoi piedi. «Non ho dolori, gioco bene, sono felice». Liberté, égalité, fraternité. E nadalité.
Nadal, la terra ha il suo padrone
Stefano Semeraro, la stampa del 12.06.2017
L’unico momento in cui Rafa Nadal ha veramente rischiato di perderla, questa benedetta decima coppa al Roland Garros, è stato quando gli è quasi scivolata nell’abbraccio fradicio di commozione maiorchina con Zio Toni, chiamato a consegnargliela in mezzo al Centrale sotto gli occhi di Nicole Kidman e del re emerito Juan Carlos. Per il resto non ce n’è stato per nessuno, in queste due settimane. Nemmeno per Stan Wawrinka che pure, dopo la strepitosa semifinale contro Andy Murray, pareva possedere le giuste contrarie per deragliarlo. Invece anche Stan, sottotono più mentalmente che fisicamente, in finale si è fatto percuotere in tre set (6-2 6-3 6-1) dall’adorabile e ora definitivamente rinato Cannibale. Staccato anche Sampras E il terzo Roland Garros che Rafa vince senza perdere un set, solo Nastase e Borg c’erano riusciti prima. Stavolta ha perso appena 35 game (con l’aiuto del match non finito contro Carreno Busta), 3 più dei 32 di Borg nel 1978, che è record per tutti gli Slam. Non solo in tre mesi ha chiuso un triplete leggendario (decimo titolo a Montecarlo, a BarcelloStan Wawrinka Tennista, svizzero n. 3 dell’Atp na e qui a Parigi), ma nel conto totale degli Slam vinti ha staccato Sampras salendo a 15, secondo solo a Federer (18). E da oggi è di nuovo numero 2 del mondo, come non gli capitava dal 2014. Lasciati alle spalle «dos anos de dudas», come dice Zio Toni, due anni vuoti di Slam e pieni di dubbi, Nadal insomma sembra tornato quello dei tempi d’oro. Superati l’infortunio al polso e i dolori alle ginocchia la mente si è snebbiata, il diritto ha ricominciato a funzionare. Non molti ci avrebbero scommesso, anche se le quote dei bookmaker oggi erano quasi ridicolmente a suo favore. «E dall’inizio del 2017 che Rafa gioca il suo miglior tennis di sempre», butta li Wawrinka, desaparecido (donde Stan?) dopo 11 vittorie filate sul rosso e indotto dalla sconfitta ad una malinconia quasi pascaliana. «E più aggressivo, sta più vicino al campo di una volta. La palla che ti rimanda indietro è diversa da quella di tutti gli altri. Lui, e Federer, ti sanno instillare quei piccoli dubbi, provocarti quei piccoli pensieri (“petit pensees”) che ti fanno perdere unodue secondi prima di colpire la palla. E a quel punto sei finito». Ecco, appunto, Federen I due grandi rivali per ora si sono spartiti perfettamente il 2017, tutta la prima parte sul cemento e il primo Slam in Australia a 9! Roger; il rosso e lo Slam parigino a Rafa. Sembra di essere tornati indietro di dieci, dodici anni, gli avversari ridotti a figuranti a cui è consentito entrare in scena, bisbigliando qualche battuta, solo in assenza dei due mattatori che – finalmente – dovremmo rivedere l’uno contro l’altro fra tre settimane a Wimbledon. Mentre Nadal sgranocchiava il suo compagno di doppio, ieri davvero troppo tenero al servizio e «tentennante» (parole sue), Roger già si allenava palleggiando sorridente con i raccattapalle sull’erba di Stoccarda. «Torneo speciale» Rafa, sul verde, potrebbe addirittura riprendersi il n1. «Amo l’erba, ma da quando ho avuto problemi alle ginocchia non sono più riuscito a giocare bene a Wimbledon. Tutto dipende da quello. Tornare numero 1? In questi due anni di dubbi ne ho avuti tutti i giorni, e continuerò ad averli, solo gli arroganti non ne hanno. I dubbi ti aiutano a essere umile. Ma oggi ho vinto il torneo più importante per me, sul campo più speciale, e se vinci tornei così puoi diventare tutti i numeri che vuoi. Quindi, perché no?». Già, perché non continuare a stupirci, a meravigliarci, con due tipi così?
Ora è Rafa l’imbattibile
Daniele Azzolini, tuttosport del 12.06.2017
Parigi val bene una tarmagari d’oro, a imperitura moria, “monumentum aere perennius”, più duratura di qualsiasi metallo, come il suo record. Una targa con una stella, da mettere all’ingresso dello Chatrier per ricordare il ragazzo di Manacor che ha cominciato a vincere a 19 anni e non ha smesso, ora che ne compiuti 31. Dieci volte Parigi è già ora una delle imprese sportive del secolo. Nei prossimi ottant’anni di questo Duemila, è improbabile che qualcuno possa pareggiare o superare un simile record, sulla terra rossa e con le regole di questo tennis. Lo guardi, Rafa, e ti chiedi se gli pesi applicarsi su ogni colpo come fosse l’ultimo del match. Non sembra. E non sembra possibile nemmeno che sia così. «Non è umano», abbiamo sentito dire. Oh sì che lo è… E il più umano fra tutti, proprio come il suo gemello diverso, Federer. Perché sono spinti dall’amore per ciò che fanno, e l’amore porta a far bene le cose. «Non m’importa dei numeri», spiegò Roger a Melbourne, «ma di essere qui, e divertirmi, e condividere con Rafa questi momenti». Amore e voglia di far bene. Dite, esiste un’umanità migliore di questa? Non ha concesso niente Nadal, nemmeno a Wawrinka, che è avversario nobile e di eccelso mestiere, fra i pochi – si diceva – che potesse mettere le briglie a un simile purosangue. Sei game appena, giusto “l’argent de poche”. Stan the Man aveva ricoperto di laterizi Murray ed è finito a fare da moquette nella passerella del campione. «Sei un grande tennista», gli ha detto Nadal, «provaci ancora». Stan lo ha guardato trasalendo. Si sarà chiesto: e se lo ritrovo, che mi farà la prossima volta? Dopo il 10 c’è 1’11, poi il 12. Giusto chiedersi dove possa. Rafa ha vinto senza perdere un set, ha concesso 35 game agli avversari. Non è il record di Borg 1978, che chiuse a 32, ma è il segno di una invincibilità quasi assoluta. E il quindicesimo Slam di Rafa, che ora è solo dietro a Federer. Potrà raggiungerlo? Sì, ma la domanda è quasi inutile. I due vecchietti hanno vinto tutto quest’anno. Meno male che ci sono. Eppure, non sono stati più di uno o due, i Roland Garros migliori di questo, lungo tutta l’Era Nadal sul rossa Da tanto non lo vedevamo dominare così, mobilitare il suo popolo, attrarre gli applausi, coinvolgere gli incerti. Ha rispolverato i vecchi trucchi, brandendo il pugno verso l’alto in una posa che un tempo appariva spontanea, ma oggi viene tenuta in serbo solo per le grandi occasioni. Lì rivedi il vecchio ragazzo della giungla, ancora temerario nel colpire a tutto braccio, sempre sulle spine, ardente di quelle voglia inesauste che agitano solo i più grandi, combattente indomabile. E svaniscono gli altri pensieri il sospetto che i lunghi anni del tennis lo abbiano intenerito. Sono sparite le canottiere attillate, non è cambiato l’animo del vincente che sa stare in gara qualunque siano le condizioni, né quell’anelito vitale che lo trascina ovunque. Sarà n. 2, dietro Murray. L’ultima volta fu ne nel 2014. Nadal, come Federer, ringiovanisce con gli anni. Aveva ragione Picasso, «solo dopo i 70 uno si sente finalmente giovane». II podio si è riempito di lacrime quando zio Tony gli ha consegnato la Coppa della Decima, una riproduzione esatta del trofeo del Roland Garros. Anche Rafa era commosso: «Non posso negarlo, è un’emozione così forte che non ci sono parole». Stringato Wawrinka: «Ho giocato male, lo so. Ma date retta, con lui oggi era impossibile». Rafa ha piegato Rafa. Ha battuto se stesso perché a g titoli nello stesso Slam c’era solo lui. Soprattutto ha battuto dopo 3 anni di astinenza la sua paura di non poter vincere più. Tutti l’avevano capito quando aveva raggiunto la finale in Australia a inizio stagione. Sulla terra ha annesso il decimo Monte Carlo e il decimo Barcellona, trionfando pure a Madrid. E’ così forte che gli avversari scendono in campo sconfitti. Federer nella sua programmazione ha pensato bene di non provarci nemmeno. L’unico ad averlo sconfitto f quest’anno sul rosso è Thiem (a Roma), qui però tritato. «Anch’io ho dubitato di tornare al successo. Ma la paura è stata il mio stimolo a tornare, lavorando di più. Amo ciò che faccio e sono un tipo umile»….
Infinito Nadal
Valentina Clemente, il corriere dello sport del 12.06.2017
«Questo successo ha un sapore speciale: sono venuto fuor da un periodo difficile e ho appena compiuto trentun anni non sono più giovanissimo. Se sto bene, tutto è possibile» 1 senso di Rafa Nadal per la terra lo si può magicamente riassumere nel decimo titolo messo in bacheca ieri, in poco più di due ore (6-2 6-3 6-1), contro Stan Wawrinka nello Slam parigino, divenuto oramai per lui come una seconda casa. Sul Centrale del Roland Garros infatti c’era so1 a mente Rafa che, con la sua solita freddezza e i colpi incandescenti, è riuscito a vincere probabilmente la battaglia ancora prima d’entrare in campo, grazie anche al percorso perfetto realizzato in queste due settimane (in altre occasione non ha perso neanche un set per la terra volta in carriera a Porte d’Auteil, 2008 e2010 in precedenza), i cui risultati sorprendenti hanno in qualche modo battuto psicologicamente il suo avversario prima ancora del braccio sul campa come affermato poi dallo stesso Stan lontano dalla sua miglior giornata e Mi sento privilegiato: non so se qualcuno lo eguaglierà» Se lo svizzero ha sicuramente saltato il suo appuntamento con la storia, il maiorchino ha invece firmato ieri una pagina che resterà per sempre negli annali di questo sport: è diventato il primo giocatore dell’era Open ad aver portato a casa 10 titoli nello stesso Slam, conquistando il secondo posto in solitario nella speciale dassifìca (con 15 vittone) ai danni di Pete Sampras, a 3 lunghezze da Roger Federer (18). E andato vicino a rubare il record detenuto da Bjorn Borg per il minor numero di giochi persi in uno Slam (32 per lo svedese nel ’78 solamente 32, 35 per Rafa quest’anno). «Per me questa decima ha un sapore speciale – ha commentato lo spagnolo – soprattutto perché vengo fuori da un periodo difficile e comunque ho appena compiuto trentun anni, non sono più giovanissimo. All’inizio del’incontro non sono stato molto preciso ma mi sono fermato a riflettere e mi son detto che non c’era modo dí giocare male la finale se avevo disputato un ottimo torneo. Ènormale avete dubbi quando si scende in campo, anche perché sono proprio quelli cheti fanno andate avanti e progredire. C’è stato un punto nei primo set che ha cambiato tutto per tutto su quel punto che ho salvato per me è iniziata la vera partita». Con la vittoria di ieri lo spagnolo ha ritrovato non solo la testa della Race 2017 perle finali di fine anno (l’ultima volta era capitato nel 2013), ma soprattutto il numero 2 del mondo, classifica a cui non era più abituato dall’ottobre 2014. Però il suo sguardo va già oltre. «Il numero 1? Ci penso ovvio, e se sto bene fisicamente penso di poter dire la mia: dopo l’infortunio che ho avuto al ginocchio nel 2012 non è stato facile per me disputare le stagioni sull’erba, ma se sto bene posso tentare di far bene anche a Wimbledon. Sono titoli come quello che ho appena vinto che ti danno la possibilità di crescere e andare avanti, ma allo stesso tempo non possiamo ridurre questo sport a quattro appuntamenti all’anno: per me sono importanti tutte le settimane, perché giorno dopo giorno puoi scrivere nuove storie divertendoti in campo». Rafa è tornato e questo nuovo Slam a distanza di tre anni ne è la prova concreta: «Molti potrebbero pensare che questa è stata una vittoria semplice, leggendo i vari risultati, ma posso confermarvi che non è bastato, anche perché confermarsi anno dopo anno non è semplice, sta anche l’età che passa. Ora bisogna guardare avanti, non so cosa succederà, anche se mi sento ovviamente un privilegiato: non so se potrò mai vedere qualcuno pompiere la mia stessa impresa in questo torneo».
Esagerato Nadal: a Parigi centra la «Decima»
Marco Lombardo, il giornale del 12.06.2017
Circa un anno e mezzo fa Zio Toni raccontava così il ritorno di suo nipote dopo l’ennesimo infortunio: «Sapete cos’è il talento? Non è quello che pensate voi: il talento è saper soffrire, saper imparare sempre. I grandi del tennis hanno talento: Federer, Djokovic, perché sono ancora lì a soffrire, a migliorarsi. Rafael ha talento, perché nonostante tutto è pronto a ricominciare. E ricominciare a vincere». Ci ha messo ancora un po’ Rafa per dare ragione allo zio allenatore: in mezzo un altro stop al polso che sembrava essere l’acciacco definitivo, ma non ci voleva ieri un indovino per capire che invece sarebbe stato il giorno. Quello della Decima di Nadal al Roland Garros. Esiste l’immortalità nello sport e quello che è successo nel 2017 del tennis ne spiega esattamente il significato: Federer vincitore a Melbourne, Nadal trionfatore a Parigi; il senso della più grande rivalità di questo secolo che mette il talento al servizio di due giocatori straordinari. Ieri Rafa si muoveva sul campo come una libellula affamata e non c’è nulla da dire se non celebrare la sua grandezza, perché della partita (6-2, 6-3, 6-1 in 2 ore e 7 minuti) non resta nulla se non qualche grande colpo e un dominio assoluto. Non è colpa di Wawrinka, che su tre finali dello Slam finora ne aveva vinte tre, se alla fine Nadal si è sdraiato sulla sua amata terra rossa per celebrare. E anzi merito suo se dopo l’ultimo colpo la finale finisce così: «Sei stato troppo grande, Rafa: è stato un onore essere qui con te». Sono passati dunque tanti capelli e molti anni, e qualche ruga si affaccia sul viso commosso di Nadal quando si rende conto che nessuno potrà scrivere un’avventura così: dieci successi in tredici anni e l’amore incondizionato verso il campo centrale di Parigi che ne ha fatto un’icona. «Qui è il posto al mondo in cui mi sento più felice – ha detto Rafa -. E la sensazione che provo su questa terra, l’adrenalina e la tensione che mi accompagnano, non è paragonabile con niente. E qualcosa che non potrò mai spiegare a parole». Lo spiegano i numeri allora, quei 15 titoli nei Major del tennis che vogliono dire essere poco dietro al suo amico-rivale Roger (18). Ma soprattutto, appunto, il talento di essere sempre pronto a ripartire, di non mollare mai anche quando gli altri ti dicono che è finita, di avere la capacità di migliorarsi ancora, pure se il tuo tempo sembra quasi finito. Nadal ha fatto tutto questo con i consigli di Carlos Moya, il suo idolo di bambino, il primo che capì la sua grandezza quando Rafa era ancora un niño con la racchetta dell’isola di Maiorca. E che ora, al suo fianco, gli ha dato una nuova giovinezza: «Quando sono arrivato nel suo staff ho capito che con pochi accorgimenti avremmo rivisto il vero Nadal: Toni ha avuto l’idea di dare più peso alla racchetta, Rafa ha cambiato il modo di nutrirsi per essere più leggero, io gli ho dato un dritto più veloce e allenamenti più corti. La fame di vittoria ha fatto il resto». E così eccola, la Decima di Rafa, celebrata con una replica in formato originale della Coppa dei Moschettieri col suo nome inciso, che gli viene consegnata proprio da Zio Toni. Che ora potrà occuparsi tranquillo dell’Accademia Nadal a Manacor: «Senza di lui non ne avrei vinto uno di trofeo, altro che dieci». Ecco insomma la storia che celebra il talento, proprio mentre oggi il tennis riparte a Stoccarda con Federer in campo. L’appuntamento tra i due, il prossimo, sarà a Wimbledon. E sarà ancora bellissimo.
Nadal record: conquista la «Decima» anche a Parigi
Ubaldo Scanagatta, il quotidiano nazionale del 12.06.2017
Nessuno è mai stato più forte di lui sulla terra rossa. E ora è perfino più forte dei suoi anni migliori. Questo non era prevedibile. Oggi risale a n. 2 del mondo e non lo era più dall’ottobre 2014. Tutti i record sono fatti per essere superati, ma chi può battere la “decima” a Parigi è solo lui, con la undecima e quel che verrà. Non credo che nessuno ne vincerà mai di più. Non è davvero una sorpresa che Rafa Nadal abbia vinto ieri il suo decimo Roland Garros. In tutti questi anni, dal suo primo trionfo dei 2005, aveva perso due volte sole con Djokovic nel 2015 nei quarti e negli ottavi con Soderling nel 2009 — quella sì fu vera sorpresa — e ieri non c’era un giocatore che non lo vedesse favorito con Stan Wawrinka, sebbene lo svizzero avesse vinto 3 finali di Slam su 3 e avesse battuto in semifinale il n.1 Andy Murray in 5 set, dopo una memorabile lotta di 4 ore e 35 minuti. Forse proprio quella battaglia può avere inciso sul rendimento di Wawrinka, che ha perso in 2 h e 5 minuti con l’identico punteggio (6-2,6-3,6-1) con cui aveva perso 4 anni fa qui nei quarti al Roland Garros, eppure lo svizzero è molto più forte oggi di quanto lo fosse allora. Alex Corretja, finalista qui nel ’98, e oggi opinionista su Eurosport, è d’accordo però con Wawrinka nel dire: «Questo è il miglior Nadal di sempre. Una volta era soprattutto un tennista che si difendeva, e impiegava 3 ore e mezzo vincere anche 3 set. Oggi ci mette due ore perché ora è molto più aggressivo. Il rovescio non era forte e profondo come oggi, si muove splendidamente, arriva sempre nella posizione giusta con i piedi (tutto il suo audio e quello di Rafa Nadal sono ascoltabili su Ubitennis.com), è in fiducia, e anche quando va a rete fa sempre il punto. Serve anche meglio, spesso vicino ai 200 km orari. Ai suoi esordi non era così. Ma da campioni come Federer e Nadal c’è da aspettarsi di tutto. Finché non smettono di giocare sono capaci di qualsiasi cosa. Ora Rafa ha vinto 15 Slam. Sono sicuro che vuole superare i 18 di Federer ma… dipenderà anche da Roger. A Wimbledon sarà una sfida pazzesca». IL 2010 è stato l’ultimo anno in cui Roger vinse l’Australian Open e Rafa il Roland Garros. Sono passati 7 anni, Roger compierà 36 anni a agosto, Rafa 31 lo scorso 3 giugno e i due “mostri” invece di peggiorare migliorano. Pazzesco. Nella finale a senso unico Rafa ha concesso una sola palla break in tutto il match, sull’l a 1 del primo set. Poi ha sempre dominato i turni di servizio. 14 punti appena ceduti in 12 servizi! Dal a 2 del primo set non c’è più stato equilibrio. E anche se ha giocato alcuni dritti da fenomeno in corsa, da spellarsi le mani, è stato il rovescio l’arma straordinaria di questa finale cui Wawrinka non ha saputo opporsi. Lo svizzero tuttavia sale a n.3 del mondo, Djokovic scende a n.4 per la prima volta dall’ottobre 2009.