Il voto del Congresso sull’Iran
(free) – di Andrew Spannaus –
Mentre buona parte del mondo occidentale pensa già all’imminente apertura verso l’Iran, negli Stati Uniti la politica estiva si concentra ancora sulla necessità di far superare l’opposizione al recente accordo al Congresso. Nonostante la forte influenza della destra israeliana e dei neocon sulla politica americana, sembra probabile che il Presidente Obama, che ha lavorato anni per raggiungere l’intesa, riuscirà a vincere contro i repubblicani e i democratici “pro-Israele” che nel mese di settembre dovranno votare per approvare o respingere il testo raggiunto nelle trattative di Vienna.
Si tratta di un risultato di non poco conto, in quanto meno di due anni fa ben 59 senatori (su 100) avevano sottoscritto una richiesta per imporre nuove sanzioni all’Iran, con lo scopo dichiarato di evitare i progressi delle trattative. La Casa Bianca si è mossa però con rara determinazione a bloccare ogni tentativo di sabotaggio, riuscendo a rompere ciò che sembrava il dominio pressoché totale della destra israeliana guidata dall’associazione AIPAC, che da decenni riesce ad intimidire gli ufficiali pubblici di entrambi i partiti e a garantire il sostegno alle proprie iniziative legislative.
Ora si è creato un nuovo clima: numerosi personaggi in ambienti politici, sociali – comprese altre associazioni ebraiche – e perfino militari si esprimono pubblicamente a favore dell’accordo, mettendo pressioni sui senatori e sui deputati per non tornare indietro verso una situazione di scontro. E’ stato lo stesso Obama a definire la posta in gioco, quando ha detto che questo voto sarà paragonabile a quello sulla guerra in Iraq nel 2002, in quanto il rifiuto della diplomazia segnerebbe la volontà di andare verso un intervento militare, caldeggiato apertamente da senatori influenti come John McCain e Lindsey Graham.
L’iter parlamentare di settembre è il seguente: sia la Camera che il Senato dovranno esprimersi su una risoluzione di approvazione dell’accordo con l’Iran. Essendo entrambi a maggioranza repubblicana si aspetta che la risoluzione fallirà. A quel punto il Presidente porrà il veto e sarà necessaria una maggioranza dei due terzi per superarlo. Ad oggi le possibilità di successo per gli oppositori sembrano basse, in quanto richiederebbe numerosi voti democratici contro la Casa Bianca. In passato non sarebbe stato difficile su una proposta appoggiata dall’AIPAC, ma ormai è diventato evidente che l’opposizione all’accordo non deriva in realtà dalla volontà di evitare che l’Iran sviluppi la bomba nucleare. Piuttosto si teme una svolta della politica estera più in generale, con un allontanamento dalla politica di cambiamento di regime caldeggiata da alleati come l’Arabia Saudita e Israele, e un riallineamento delle alleanze occidentali nel Medio Oriente.
– Newsletter Transatlantico N. 62-2015