La Turchia in bilico, sul confine siriano
(free) – Paolo Balmas –
Questa settimana, una serie di attentati e di sparatorie al confine siriano hanno scosso la Turchia. Sin dai primi giorni dell’attacco a Kobani si era compreso che per Ankara ci sarebbero stati giorni difficili. L’insieme di convergenze, fra contrasti politici interni e pressioni esterne, fra politica energetica e relazioni internazionali, lasciano pensare che quei giorni siano alla fine arrivati.
Lo scorso 20 luglio, mentre il presidente Erdogan era in visita a Cipro per i festeggiamenti del 41° anniversario della fondazione della Repubblica turca di Cipro, un ordigno è esploso (in un attacco suicida) nella città di Suruc, al confine fra Turchia e Siria, in territorio turco a soli dieci chilometri da Kobani.
La città di Suruc ospita molti rifugiati curdi e presso il centro culturale, che è stato obiettivo dell’attentato, erano presenti circa trecento giovani volontari per la ricostruzione della città siriana di Kobani. L’esplosione ha provocato più di trenta morti e un centinaio di feriti.
Il colpevole è stato identificato con un cittadino turco che era stato negli ultimi mesi all’estero e sospettato di aver preso contatto con lo Stato Islamico. Le modalità dell’attacco sono considerate le stesse dell’attentato avvenuto un mese prima nella città curda di Diyarbakir.
Il 22 luglio, alcuni membri del Partito degli operai curdi (Pkk) hanno ucciso a Istanbul un cittadino turco accusato di aver combattuto a Kobani con lo Stato Islamico.
Lo stesso giorno, il Pkk ha ucciso due ufficiali di polizia nella città di Ceylanpinar, accusati di aver collaborato (in qualche modo) con lo Stato Islamico.
Il gruppo che ha rivendicato gli atti ha dichiarato che sarebbero state effettuate altre esecuzioni del genere.
La promessa è stata mantenuta. Infatti, ieri (23 luglio) sono stati colpiti altri due ufficiali della polizia turca nella città di Diyarbakir, uno morto e uno ferito.
A poche ore di distanza, alcuni colpi hanno raggiunto e ucciso un militare turco lungo il confine siriano e almeno un altro è rimasto ferito. Il fuoco proveniva da una zona in territorio siriano, controllata dallo Stato Islamico.
Ankara fino a oggi si è impegnata a combattere lo Stato Islamico colpendo la rete che questo ha costruito in Turchia. Negli ultimi sei mesi sono stati effettuati 102 arresti. Erdogan mantiene la propria posizione per evitare un intervento diretto. Ma nelle ultime ore pare abbia ceduto alle pressioni di Washington al fine di concedere l’uso degli aeroporti militari come base di lancio per gli attacchi allo Stato Islamico.
Una dichiarazione della Casa Bianca del 23 luglio assicura che la Turchia si stia organizzando per mettere a disposizione la base Nato di Incirlik ad Adana, da cui partiranno gli attacchi aerei della coalizione guidata dagli Usa.
Il tentativo da parte di Washington di coinvolgere attivamente Ankara nel conflitto siriano avrà, e sta già avendo, ripercussioni sulla sicurezza del Paese. La Turchia si trova stretta fra le manovre del Pkk e dello Stato Islamico. La ormai nota rete clandestina creata dallo SI per far entrare in Siria armi e uomini attraverso il confine turco, rappresenta una minaccia per la stabilità della regione di confine.
Le autorità turche si stanno già preparando per innalzare un nuovo confine con la Siria, costituito da un fossato e una doppia linea di filo spinato. Sebbene non ci si aspetti un intervento diretto delle forze armate turche, queste saranno messe duramente alla prova nelle prossime settimane.