L’Europa si salverà?
(free) – di Andrew Spannaus –
Il caso della Grecia costituisce una grande sfida per l’Unione europea. Da quando il popolo greco ha respinto nettamente la politica di austerità rappresentata dal memorandum della Troika, non è stato più possibile nascondere il conflitto tra i bisogni reali della popolazione e la concezione economica e finanziaria che regna a Francoforte e a Bruxelles.
Oggi quando Angela Merkel dice che se fallisce l’Euro fallisce l’Europa, rende chiaro il problema: l’alleanza tra i paesi europei non si basa più sulla cooperazione economica e politica, e sulle radici storiche: è stata trasformata – almeno agli occhi dei leader di oggi – in uno strumento che serve a controllare dall’alto la politica economica dei suoi membri.
In fondo è stato questo l’obiettivo principale sin dai tempi del Trattato di Maastricht: garantire che i grandi paesi europei siano sotto lo stesso ombrello, quello benevolo delle istituzioni finanziarie transatlantiche, in cui i governi spesso esercitano meno potere delle grandi banche o dei fondi speculativi.
E’ un punto ideologico e anche geopolitico. Ideologico perché vanno salvaguardate ad ogni costo le apparenze. Ci si attacca ad una posizione in modo dogmatico, temendo gli effetti che si avrebbero ammettendo i propri errori. Si può ammorbidire in qualche misura il dolore, ma non metterne in discussione la necessità; altrimenti crollerebbe l’impianto concettuale e l’autorità dei tecnici.
Geopolitico, perché si punta a garantire la compattezza dell’Occidente. Cresce la schiera di paesi che si organizzano al di fuori dell’area finanziaria occidentale, rifiutando di sottoporsi allo stesso modello che ha portato alla grande crisi in Europa e negli Stati Uniti. Crescono i Brics, non perché sono migliori o più attraenti a livello culturale, ma perché rappresentano un’alternativa ad un sistema che negli ultimi anni ha dimostrato tutti i suoi limiti. (Si badi bene però, il sistema attuale non rappresenta il “capitalismo” o i “valori occidentali”, ma piuttosto la società post-industriale in cui diminuisce il lavoro produttivo e dominano i grandi capitali)
Alexei Tsipras ha capito che sta cambiando il mondo. In un discorso pubblico a San Pietroburgo il Premier greco ha parlato di “un nuovo mondo economico emergente” in cui “il centro dello sviluppo economico si sta spostando verso altre aree”. Ha voluto mandare un messaggio alle istituzioni europee, rendendo chiara la posta geopolitica in gioco. E’ andato oltre il tira e molla degli ultimi mesi sui conti, in cui i rappresentanti greci facevano i duri e i morbidi ad alternanza, tentando di strappare delle concessioni alla Troika.
Le istituzioni europee invece fingono di non vedere, esigono ulteriore austerità e recessione, senza ammettere quello che vedono quasi tutti, che la loro ricetta non funziona. Si aspettano che i greci smettano di “fare i bambini” e accettino i sacrifici nel nome della convivenza europea. Ma con questo atteggiamento rischiano di fare autogol. E’ ormai evidente che la politica del rigore non tiene conto né della democrazia, né delle vere esigenze dell’economia. Si tratta semplicemente di un attaccamento dogmatico ad un sistema che non si vuole cambiare, anche in barba alla propria storia e tradizioni.
Alla fine Tsipras ha indetto un referendum, scaricando in un certo senso la responsabilità sulla gente, che dovrà scegliere se rinunciare o meno ai principi sotto la minaccia dell’attacco finanziario. Se i greci voteranno per accettare ancora più sofferenza nel nome dell’Europa, si potrà far finta che non sia successo nulla negli ultimi cinque anni, che non ci sia alternativa alla politica del rigore, al ricatto dei mercati speculativi, al sistema delle grandi banche che esercitano più potere dei governi.
Tuttavia non sarebbe una vittoria per l’Europa; sarebbe una sconfitta perché significherebbe che gli interessi dell’élite devono prevalere su quelli della gente. Significherebbe che i paesi europei saranno condannati a molti anni ancora di stagnazione e di crisi.
A qualcuno non piace che i politici greci abbiano detto apertamente la verità. Sono stati fatti sicuramente molti errori da entrambe le parti, ma ora la realtà non è più negabile: o si cambia, o l’Europa si dimostrerà incapace di salvarsi dai propri errori.