In Armenia una nuova Maidan?
– di Paolo Balmas –
Lo scorso 23 giugno 2015 a Jerevan, capitale dell’Armenia, la polizia ha disperso migliaia di manifestanti e ne ha arrestati 237. La popolazione era scesa in piazza per protestare contro l’aumento del prezzo dell’energia elettrica, che dovrebbe quasi raddoppiare.
L’intervento delle forze dell’ordine, tuttavia, non è servito a far concludere le manifestazioni. Infatti, si è giunti al quarto giorno di sit-in presso Baghramian, una delle vie principali nel centro della città.
Le accuse rivolte all’amministrazione armena per come ha gestito la situazione giungono da varie fonti. La reazione delle forze dell’ordine è stata descritta come repressione violenta da Human Rights Watch, da Freedom House e dal vicino governo azero.
L’aumento del prezzo dell’energia elettrica sarebbe dovuto alla necessaria compensazione delle perdite subite dall’ente erogatore Electric Networks of Armenia (Ena), causate da una gestione sbagliata dei fondi. Molti analisti, comunque, vedono ragioni più preoccupanti sullo sfondo delle proteste. Innanzitutto, la presenza delle imprese di stato russe nel mercato energetico del Paese. Circa l’80% delle infrastrutture dell’energia appartengono alla Russia o sono in concessione alle compagnie russe.
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