Si affollano le primarie presidenziali Usa
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Cresce rapidamente il numero di candidati per le presidenziali americane del 2016. Solo nell’ultima settimana si sono aggiunti tre nomi sul versante repubblicano: Carly Fiorina, ex-CEO della Hewlett-Packard; Ben Carson, famoso neurochirurgo e attivista conservatore; e Mike Huckabee, ex-Governatore dell’Arkansas e pastore della chiesa battista. Dei tre il più popolare è Huckabee, che si era candidato anche nel 2008 guadagnando non pochi voti nelle primarie contro John McCain.
Gli altri candidati dichiarati sono il Sen. Ted Cruz del Texas, che propone la linea dura associata al Tea Party; il Sen. Marco Rubio della Florida, figlio di immigrati cubani nato anche lui dal Tea Party ma ora più moderato; e infine il Sen. Rand Paul, libertario e figlio del più volte candidato Ron Paul.
A questa lista corposa si aggiungeranno anche altri nelle prossime settimane, guidati dal Governatore del Wisconsin Scott Walker, che sta guadagnando sostegni tra i grandi finanziatori del partito, e soprattutto da Jeb Bush, fratello di George W. Bush e per ora rappresentante principale dell’establishment del partito.
I personaggi di peso infatti sono decisi a non permettere la nomina di uno dei candidati più populisti che piacciono tanto alla base conservatrice ma che farebbero molto più fatica nella sfida contro i democratici, quando occorre cercare di sottrarre voti dall’elettorato di centro e di sinistra.
Sul lato democratico ci sono solo due candidati dichiarati, in quanto vige la quasi certezza della nomina di Hillary Clinton. L’ala progressista del partito continua a fare pressioni su Elizabeth Warren nella speranza che possa costringere Clinton ad adottare delle posizioni più forti in merito alle disuguaglianze economiche e alla regolamentazione della grande finanza. Warren insiste invece che non si candiderà ma continua a fare crescere il suo peso sul partito, sfidando la Casa Bianca sui temi importanti come gli accordi commerciali.
Il new entry da parte democratica è il Sen. Bernie Sanders del Vermont, che si autodefinisce “democratico socialista”. Sanders è un progressista deciso che elogia lo stato sociale e rifiuta ogni tentativo di ingraziarsi i grandi interessi del mondo finanziario e corporate. Sembrerebbe un candidato con poche chance, per via del suo atteggiamento di sfida verso l’establishment, ma in una corsa tra pochi candidati costringerà Clinton a rispondere alle istanze della base per evitare di sembrare distaccata dai problemi quotidiani della gente. Sanders chiede per esempio di spezzare le grosse banche per porre fine alle pratiche speculative che portarono alla grande crisi scoppiata nel 2008.
In questo viene affiancato da un altro potenziale candidato democratico, l’ex Governatore del Maryland Martin O’Malley, che fa campagna attiva per il ripristino della legge Glass-Steagall che sanciva la separazione tra le banche commerciali e quelle d’affari.
Anche sul lato repubblicano si punta a recuperare il voto dei delusi che non vedono gli effetti della ripresa economica delineata dalle statistiche ufficiali. I candidati attaccano il governo per aver fallito nell’aiutare la gente comune. A differenza di Warren, Sanders e O’Malley però la loro soluzione è diametralmente opposta: siccome le politiche pubbliche sono fallite chiedono essenzialmente di eliminarle, riducendo la regolamentazione e la spesa pubblica ai livelli più bassi possibili. E’ una destrezza che può sembrare goffa, ma che potrà avere i suoi effetti nello spostare una parte dell’elettorato.