Djokovic: “Le regole non sono quelle che ci avevano detto”

Dalle prime reazioni dei giocatori dopo alcuni giorni nella bolla una cosa sembra chiara: gli sforzi della USTA per creare un ambiente confortevole anche con tutte le restrizioni dovute alla pandemia hanno dato i risultati sperati. Tutti coloro che sono stati interpellati durante il Media Day di venerdì a proposito della situazione logistica all’interno della bolla hanno promosso la sistemazione del Marriott hotel di Long Island a pieni voti.

Ci sono tantissime attività – ha spiegato Coco Gauff – pensavo che avrei dovuto passare due settimane chiusa in camera a guardare Netflix, ma non è per nulla così: ci sono giochi all’aperto [a Flushing Meadows], basket, la piscina, calcio, paddle tennis, un mini-golf a nove buche. Poi all’albergo c’è la PS4, ping-pong, i giochi da sala giochi. C’è anche una macchina per il karaoke ma non credo che sarà molto popolare, non so quanti vorranno mettersi a cantare davanti a tutti gli altri”.

Anche Andy Murray, certamente più esperto e scafato della teenager americana ha dato un voto positivo alla situazione logistica: “Inizialmente ero un po’ preoccupato per la situazione dell’alloggio, ma quando sono arrivato i miei dubbi sono spariti. La Plaza qui è bellissima, poi nell’albergo ci sono tante opportunità di svago e hanno, ogni sera ci sono i venditori di cibo ambulanti, possiamo farci consegnare piatti pronti [sembra che sia possibile ordinare gratuitamente da tutto il catalogo di Uber Eats, n.d.r.], e le stanze sono più che accettabili”.

Stefanos Tsitsipas aveva avuto anche lui più di un dubbio, considerando gli Stati Uniti come un luogo poco sicuro: “Poi però parlando con gli altri giocatori prima e infine arrivando qui mi sono convinto del contrario. Mi sono detto che se l’ATP e la USTA pensano che sia sicuro per noi giocare, probabilmente ne sanno più di me”. Come gli altri giocatori teste di serie, Tsitsipas è stato dotato di una suite personale sull’Arthur Ashe, di fianco a quella di Naomi Osaka, che dall’altro lato ha come “vicino” anche Denis Shapovalov. “Poi vedo sempre Zverev dall’altra parte dello stadio, che passa la maggior parte del tempo senza maglietta” ha confermato la giocatrice nipponica.

Andy Murray – The battle of Brits (via Twitter, @the_LTA)

Naturalmente alcuni hanno deciso di non alloggiare in albergo, ma di affittare una casa privata, per la quale hanno anche dovuto pagare la sicurezza privata 24 ore al giorno che controlla tutti i movimenti degli occupanti. “Ho considerato l’ipotesi di stare in una casa privata – ha detto Murray – ma il costo era astronomico, quindi ho ripiegato sull’albergo”. Stando a quanto fatto sapere dalla USTA nei primi giorni, il costo si aggirava intorno ai 40.000 dollari, cui bisogna aggiungere la spesa per la sicurezza ed altri extra incidentali come eventuali pulizie o cibo, arrivando quindi abbastanza vicini al premio per gli sconfitti al primo turno in singolare.

Non ho mai considerato altra soluzione se non la casa privata – ha spiegato il n.1 al mondo Novak Djokovic – si tratta sicuramente di un investimento, ma è un’opzione a disposizione di tutti i giocatori ed io ho scelto di avvalermene”. Forse non tutti i suoi colleghi la pensano allo stesso modo, ma Djokovic ha comunque detto di ritenersi fortunato a potersi permettere questa spesa.

Il giornalista di Sports Illustrated Jon Wertheim ha riportato che sono solamente tre i giocatori dell’ATP che hanno optato per l’abitazione privata invece dell’albergo, mentre tra le donne l’unica certa è Serena Williams: “Siccome ho avuto problemi di salute, la casa privata è certamente la soluzione migliore – ha affermato l’americana – in questo modo posso controllare meglio chi è più vicino a me, non c’è il servizio di pulizia, per cui mi sento più tranquilla”. Serena sembra aver preso molto sul serio la prevenzione al contagio da COVID-19: indossa sempre maschera e occhiali protettivi, e prende integratori vitaminici per rafforzare il suo sistema immunitario: “Visti i miei problemi di salute pregressi non voglio ammalarmi, e se mi ammalo, voglio che l’infezione avvenga con la forma più benigna, quindi assumo regolarmente vitamine che mi assicurano che se dovessi ammalarmi l’infezione sarà quella meno dannosa”. È proprio vero che non si finisce mai di imparare!

Uno dei temi più caldi affrontati dai giocatori dell’ATP è stato quello dell’esclusione dal Western& Southern Open di Guido Pella e Hugo Dellien a causa della positività del loro preparatore fisico Juan Manuel Galavan. Daniil Medvedev si è domandato per quale motivo non sia stato possibile fare un altro test a Galavan per assicurarsi se la sua positività non fosse solo un errore del test, ignorando però che il test positivo è stato il secondo dei due amministrati durante il processo di check-in. Murray ha spiegato come la regola non sia stata applicata nello stesso modo nel quale era stata comunicata ai giocatori: “Tutti noi avevamo capito che l’esclusione dal torneo sarebbe avvenuta solamente se si fosse verificata una positività di un membro del team con il quale si divide la stanza. Infatti molti hanno detto che se avessero saputo che la regola era diversa probabilmente avrebbero portato meno persone con loro per diminuire il rischio”.

Daniil Medvedev – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

La decisione di considerare anche la lunghezza dell’esposizione prima dell’ingresso nella bolla è dovuta al protocollo del Dipartimento della Salute della città di New York, cui la USTA deve necessariamente obbedire. “Ricordo la conference call che abbiamo avuto qualche settimana fa con il Capo Medico della USTA – ha riferito Djokovic – e alla specifica domanda era stato risposto che sarebbe successo esattamente l’opposto di quello che invece è accaduto a Pella e Dellien, i quali dovranno saltare Cincinnati e probabilmente anche lo US Open”.

Il serbo è stato molto duro con l’organizzazione, mettendo in risalto come ciò che è stato inserito nella liberatoria sia diverso da quello che era stato promesso: “La situazione è molto delicata, tutto cambia molto velocemente, non c’è nemmeno una regola su quanti casi positivi faranno sospendere il torneo”. In una intervista a Sports Illustrated, il Direttore del Torneo Stacey Allaster ha spiegato che non c’è un numero fisso ma che la valutazione sarà effettuata dal Dipartimento della Salute di New York in coordinazione con il Comitato Medico della USTA.

Nella giornata di giovedì si erano diffuse voci di una petizione fatta circolare da Djokovic per raccogliere firme al fine di chiedere la riammissione in tabellone per Pella e Dellien, ma Murray ha detto di non saperne nulla: “Mancava poco più di un giorno alle qualificazioni, era oggettivamente impossibile riuscire a fare qualcosa per cambiare la decisione“.

Djokovic, inoltre, ha anche dovuto spiegare i motivi che lo hanno spinto a decidere finalmente di partecipare allo US Open dopo aver per lungo tempo espresso grande perplessità: “Fino a una settimana prima di volare qui non sapevo se sarei venuto. Non ho cambiato idea dopo che Nadal ha comunicato la sua rinuncia: avevo deciso da mesi che sarei venuto se le condizioni si fossero sistemate al 100%, ma queste condizioni si sono allineate solamente molto tardi. I due fattori che mi hanno fatto dubitare erano la possibilità di essere esentati dalla quarantena al ritorno in Europa, così da poter giocare i tornei sulla terra subito dopo lo US Open, e la regola di squalifica automatica a seguito di un test positivo”.

È strano non avere Roger e Rafa qui – ha proseguito DjokovicMancheranno a tutti, non c’è dubbio, sono leggende del nostro sport. Ma a parte loro due e Wawrinka, gli altri ci sono tutti. Per cui non credo che si possa dire che questo torneo sarà significativamente diverso dagli altri e che l’eventuale vincitore del titolo si sarà aggiudicato un torneo di rango minore. So che alcuni stanno parlando di questo US Open in questi termini, ma non sono d’accordo”.