Uno contro tutti: Bjorn Borg

Se il 1978 era stato l’anno in cui Bjorn Borg era diventato n.1 per la prima volta (ma per una sola, discussa settimana), il 1979 è quello che lo consacra definitivamente. Per il ranking ATP è una stagione importante, che porterà il sistema a regime con la pubblicazione settimanale delle classifiche. Ma questo solo da agosto in poi, sei anni dopo la prima volta. All’inizio la situazione è quella lasciata in eredità dall’anno prima, con Connors in vetta e lo svedese a inseguire. Nelle prime settimane, i due scelgono perlopiù strade diverse e il loro cammino si incrocia solo in febbraio al sole della Florida, nel ricco Pepsi Grand Slam di Boca Raton. Il torneo è una specie di Masters riservato alle quattro migliori racchette del mondo; in palio c’è un montepremi di trecentomila dollari messo a disposizione dalla bevanda che ha il sogno di sostituire la rivale Coca-Cola nello stomaco degli americani (e non solo).

Il centrale del Boca West Racquet Club tiene 5000 spettatori e per la finale non c’è un solo posto libero: si gioca sulla terra verde e lo scandinavo demolisce il n.1 del mondo per 6-2 6-3, replicando i successi dei due anni precedenti (che però erano arrivati con ben più sofferenza). Borg e Connors potrebbero ritrovarsi di fronte anche un mese più tardi, nel WCT di New Orleans, ma qui Jimbo si fa sorprendere al secondo turno da Tom Gullikson. Tom è il mancino dei due gemelli Gullikson, quello che non andrà oltre il n.34 come best ranking e vincerà in carriera un solo titolo in singolare (sull’erba suggestiva di Newport, ma molti anni dopo), però sarà il solo a poter dire di aver sconfitto un n.1, nei 14 tentativi che avranno a disposizione, sette a testa.

La Louisiana porta male anche a Borg, fermato in semifinale da McEnroe, ma il torneo che decreta il sorpasso in classifica è il WCT di Rotterdam. Connors, campione in carica, non partecipa mentre Borg, ritiratosi l’anno prima nei quarti, lo domina perdendo appena venticinque giochi in cinque partite. Il 9 aprile lo svedese torna sul trono ma anche questa volta il suo regno sarà di breve durata perché, nonostante le vittorie a Monte Carlo e Las Vegas (battendo proprio l’americano) e la bella finale persa nel master WCT di Dallas con McEnroe, a Connors basta giocare di più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e vincere a Tulsa per tornare n.1 il 21 maggio e rimanerci per entrambi gli Slam europei.

Per la seconda volta nelle rispettive carriere, Connors e Borg sono presenti contemporaneamente al Roland Garros. Dopo il 1973 (in cui l’americano era stato eliminato al primo turno da Ramirez e lo svedese da Panatta negli ottavi) Connors non aveva più fatto tappa a Parigi; si era legato al dito la forzata esclusione del ’74 e da allora, per un motivo o per un altro, non era più tornato. Ma quella poteva essere una ghiotta occasione per andare a pungere il rivale in uno dei suoi due campi preferiti (l’altro, evidentemente, era il centrale di Wimbledon). Dando per scontato che Borg avrebbe dominato la metà alta del tabellone (era prima testa di serie, pur essendo il secondo nel ranking ATP), per Connors l’insidia maggiore sembrava arrivare dal solito Vilas, sempre ostico da battere sulla terra rossa. Ma queste sono le due settimane della vita per un affascinante ragazzo di Asuncion, Paraguay, che altera gli equilibri del torneo e conquista una inaspettata quanto meritata finale.

Per arrivare a Parigi, Victor Pecci era passato dalla Germania e nulla, ma proprio nulla lasciava presagire ciò che sarebbe successo: ad Amburgo aveva perso al secondo turno dall’austriaco Peter Feigl, a Monaco era uscito allo stesso livello contro un Kodes ormai in disarmo. Ma le sue, invece, di armi si sarebbero rivelate quelle giuste per strabiliare il Roland Garros: servizio potente, back di rovescio e via verso la rete. Prima di arrivare a Connors, Pecci fa fuori Solomon e Vilas ma si pensa che le risposte e il pressing da fondo campo dell’americano non gli lasceranno scampo. Invece, fedele al suo credo tennistico, Victor sfida le intemperie in un Roland Garros invero assai umido e conquista la finale battendo Connors 7-5 6-4 5-7 6-3. Contro Borg, però, tra uno scroscio e l’altro, Pecci impiega troppo tempo ad entrare in partita e deve accontentarsi di un set e degli applausi del pubblico (soprattutto di quello femminile).

A Wimbledon, si sa, per designare le teste di serie hanno spesso adottato un metodo tutto loro, non necessariamente fedele al ranking. Nel ’79, tuttavia, l’indipendenza decisionale dell’AELTC appare fin troppo azzardata; Connors, n.1 del mondo, viene retrocesso a terza scelta del seeding per lasciare all’astro nascente McEnroe (numero tre del ranking) la seconda piazza alle spalle di Borg. Lo svedese, sia pur ancora alle spalle di Jimbo in classifica, è campione in carica da tre anni e merita di stare in cima alla lista ma preferire McEnroe a Connors è un arbitrio che non trova riscontro nei numeri dei due statunitensi. Vero, McEnroe ha appena vinto al Queen’s e sembra in grande forma ma Jimmy è andato in finale in quattro delle ultime cinque edizioni del torneo e, per effetto del declassamento, si vede collocato nella stessa parte di tabellone di Borg.

Bjorn non perde mai di vista la pallina: sarà un vincente?

Poi, a tabellone compilato, si scopre che la decisione è stata cautelativa in quanto Patti, la moglie di Connors, è vicina al parto e Jimbo ha garantito la sua presenza a Londra solo all’ultimo momento. Come da previsione, i due grandi rivali si trovano di fronte in semifinale e se uno di loro ha rischiato di non esserci è certamente Borg, messo alle corde al secondo turno dall’elegantissimo indiano Vijay Amritraj che è stato avanti due set a uno e un break nel quarto. Tuttavia, Borg ha capito come deve giocare con Jimbo e lo strapazza in settantasei minuti: 6-2 6-3 6-2. Di fatto, è il passaggio del testimone. Lo svedese soffrirà in finale le frustate di servizio di Tanner ma alla distanza ne uscirà vivo e con il quarto titolo consecutivo ai Championships legittimerà il ritorno sul primo gradino del podio mondiale, ufficializzato dall’ATP il 9 luglio.

A pagina due, il regno biennale di Borg e l’arrivo di McEnroe