Roland Garros: Zverev pasticcia, ma passa in 5. Del Potro è un diesel

da Parigi, i nostri inviati

Ci si chiedeva se la vittoria al torneo di Ginevra avesse risvegliato Sascha Zverev dal torpore che lo ha avvolto sinora in questo 2019.  A giudicare dal match di oggi contro John Millman, la risposta è no. Sul rinnovato campo centrale parigino, si è infatti vista sempre la scialba versione 2019 di Zverev, in particolare quella della terra rossa: un giocatore falloso e passivo da fondo, la cui esplosività dei fondamentali è un ricordo. E che ha avuto bisogno di cinque set e quattro ore di gioco per avere la meglio su John Millman, tennista australiano che è arrivato qui dopo una brutta stagione sul rosso (mai oltre il secondo turno), ma che sul mattone tritato in passato ha dimostrato di saperci giocare (l’unica finale ATP l’ha raggiunta infatti sul rosso, lo scorso anno a Budapest sconfitto da Cecchinato). Gli unici aspetti positivi per Sascha, la grinta e la voglia di lottare che ha messo in mostra nel quinto set e che forse possono rappresentare le basi dalle quali ripartire.

Eppure il tedesco aveva iniziato bene, involandosi sul 4-1 con doppio break di vantaggio, prima di ricadere nuovamente preda dei suoi fantasmi di questa stagione. Stupisce, di Zverev, soprattutto la passività negli scambi, vederlo “remare” non di rado a due metri dalla riga da fondo, un gioco che non gli si addice ed al quale è probabilmente costretto dalla sua mancanza di fiducia. Ma dove non è assolutamente a suo agio, come conferma il suo body language, pressoché costantemente negativo. La sua fortuna oggi è stata quella di avere avuto di fronte un giocatore come John Milmann, che è arrivato a Parigi con non molte certezze, dato che quest’anno non era mai andato oltre il secondo turno sul rosso e che a Parigi non aveva mai vinto un match nelle sue tre precedenti partecipazioni. Non l’ho ha vinto neanche stavolta, però ha combattuto con la grinta e la tenacia che gli sono abituali e che ben si adattano su questa superficie, che peraltro come dicevamo conosce bene, costringendo per più di quattro ore in campo il n. 5 del mondo.

Vinto comunque al tiebreak (7-4) quel primo set che si era improvvisamente complicato, Zverev riusciva a portare a casa anche il secondo parziale, dopo essere stato sotto due volte di un break prima di infilare quattro giochi di fila e chiudere 6-3. Ma nel terzo set si spegneva nuovamente la luce (17 forzati per Sasha nel parziale) e Millman, con il suo gioco solido e regolare da fondo –  non di rado è stato oggi lui quello più abile dei due a spostare l’avversario: se Zverev avesse trovato un giocatore più in fiducia sulla terra, oggi chissà come sarebbe andata a finire – lo incamerava per 6-2. Il quarto set iniziava bene per il 22enne tennista tedesco, che otteneva il break del primo gioco e sembrava poterlo gestire fino alla fine. Ma era un’illusione: dopo aver lasciato le briciole nei precedenti turni di servizio, Sasha infatti perdeva il servizio a zero nell’ottavo gioco e faceva rientrare in partita il n. 56 del mondo, che dall’altro canto non aveva mai smesso di crederci e di lottare. Tanta tenacia veniva premiata nel tiebreak, nel quale Millman si involava sul 5-1 prima di chiudere 7-5 e portare il match al quinto dopo tre ore e mezza di gioco.

Zverev sfogava la sua frustrazione sulla racchetta, che demoliva al cambio campo, mentre invece il 29enne australiano cominciava a credere di poter ottenere la seconda vittoria in carriera su un top 5, dopo quella clamorosa su Federer allo US Open 2018.

Ovviamente il quinto set era ancor di più una lotta, di cuore e di nervi. E bisogna dare atto a Zverev di averli avuti entrambi e soprattutto di aver avuto l’umiltà di accettare fino in fondo la battaglia. Tanto da invocare addirittura l’applauso del pubblico, nel settimo game, dopo aver vinto un punto nonostante fosse scivolato durante lo scambio. Il passaggio decisivo del set e dell’incontro avveniva nel game successivo, d’improvviso: Zverev strappava il servizio a Millman dal 40-0 per l’australiano e infilando un parziale di nove punti consecutivi chiudeva subito dopo per 6-3. Servirà molto di più per cercare di replicare i quarti dello scorso anno, ma almeno grinta e umiltà Zverev ce le ha messe. Non è molto, ma è già qualcosa.

Ilvio Vidovich


Iniziano con la pioggia Del Potro e Jarry il loro primo turno, che è anche il primo scontro diretto e per le due ore di match sarà un caleidoscopio di condizioni climatiche. Arrivare alla tribuna media del Suzanne Lenglen è, per chi vi scrive, un’autentica avventura, tra volontari poco informati e la folla che inizia ad affluire.

Il primo set comincia sotto l’acqua. Evidentemente la politica per il rimborso dei biglietti è simile a quella del Foro Italico (ma non è così), perché si cominciano i primi giochi in condizioni fastidiose per il pubblico e soprattutto per i giocatori.  Una sola sospensione dopo i palleggi di riscaldamento malgrado l’acqua scenda anche copiosa.

Ad infastidire Del Potro pare essere stata invece la sveglia mattutina. L’argentino si alza dalla sedia del cambio campo con la lentezza di un bradipo e trasporta la sua pigrizia del risveglio nel primo set, favorendo un Jarry propositivo che riesce ad evitare a lungo la pala meccanica del dritto di Juan Martin. Il break subito da Del Potro, nel suo primo turno di servizio, l’argentino non lo nota nemmeno mentre Jarry invece parte bene al servizio ottenendo con la complicità delle gambe pigre dell’avversario un matematico 100% dai suoi drop shot.

Arrivano gli argentini sugli spalti e partono i primi cori “Delpo’ – Delpo’”. La ricetta sembra funzionare perché la Torre di Tandil si porta 0-40 sul servizio di Jarry: il cileno però è presente, gioca brillante e aggressivo, e dopo avere annullato le palle break mette in cascina il suo set.

Del Potro dà la sensazione di voler giocare su due-tre colpi, e di provarci anche poco a inseguire le traiettorie del cileno. Un suo grido, ad incorniciare un proprio errore è però il segno che la sveglia è suonata. Del Potro inizia a sbagliare di meno, a costringere Jarry a qualche sforzo in più per chiudere il punto e sale soprattutto con il servizio. Jarry inizia a perdere sicurezza e malgrado realizzi più vincenti del suo avversario (saranno, per dire, 21 dritti vincenti a 5 alla fine del match in favore del cileno), inizia a perdere campo e solidità.

Del Potro in un baleno incamera secondo e terzo set, togliendo il ritmo a Jarry con il back di rovescio e rispondendo con continuità al servizio dell’avversario, capace di tirare dei kick con la seconda alti almeno quanto Palito. Alla fine del terzo Jarry si dà alla toilet break, ma la serenità di Del Potro, la sua lucidità nel gestire gli scambi prevale sulla incostante brillantezza del giovane avversario. Il tempo per un punto spettacolare di Jarry, volée in tuffo (un po’ platica..) dopo uno scambio con tweener di Del Potro e la partita è in ghiaccio. Per l’argentino adesso un secondo turno contro Nishioka, affrontato e battuto a gennaio in quel di Delray Beach.

In conferenza stampa Del Potro ammette la partenza lenta: “Sì sono partito piano, ma anche a causa del tempo e dell’avversario che non conoscevo. Io sono riuscito pian piano a prendere il controllo della partita. Lui ha tirato molti vincenti ma ha anche fatto tanti errori”. Sulla sua condizione generale: “Beh, sì sono un po’ sorpreso di come sto giocando, in positivo. Non credevo di poter giocare partite come quella contro Djokovic a Roma. In ogni caso il mio obiettivo è stare in salute. La fisioterapia è un’abitudine per me.. tutta la routine che seguo dopo un incontro o un allenamento… ma oramai fa parte delle mie giornate”.

Agostino Nigro

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