Madrid, spunti tecnici: Nadal, la belva nel suo elemento naturale
da Madrid, il nostro inviato
Sensazioni. È tutta questione di sensazioni. Osservare da vicinissimo i fenomeni del nostro sport è sempre splendido e interessante, in qualsiasi circostanza. Ma poi, in modo quasi inconscio, subliminale, mentre sei lì che ti studi un approccio alla palla, un caricamento del ginocchio, lo sviluppo di un movimento a colpire, a volte scatta qualcosa, come detto di difficile da definire, che ti dà all’improvviso una percezione di completezza, di perfezione, di “è tutto al posto giusto“. In modo molto simile a quella sorta di “Sindrome di Stendhal” coordinativa che ti travolge guardando una star della danza, o ancora meglio, un campione di ginnastica ritmica, o pattinaggio artistico. Discipline sportive in cui la perfezione del gesto tecnico, ovviamente non privo di potenza e vigore fisico, si fonde necessariamente con l’armonia e il ritmo, impeccabili, e non meno importanti al fine del valore della prestazione rispetto al “semplice” compito motorio richiesto all’atleta.
Mi era successo diverse volte guardando Roger Federer allenarsi sul veloce e soprattutto sull’erba, la superficie che maggiormente ne esalta le sovrumane doti di anticipo, a volte ammirando Juan Martin del Potro sparare il suo dritto da fantascienza sul cemento. Ma il modo in cui sale di livello, fino a vette irraggiungibili per chiunque nella storia passata e presente del tennis, il signor Rafael “Rafa” Nadal Parera, quando gioca sulla terra rossa, non lo avevo ancora visto. Stiamo chiaramente parlando di un fuoriclasse a tutto tondo, che ha vinto tanto anche sul duro e sui prati, ma per capire davvero come sia possibile che un uomo abbia reso una sorta di routine agonistica il folle traguardo dell’andare oltre la doppia cifra di vittorie, in tornei su tornei sul mattone tritato, Roland Garros compreso, bisogna per l’appunto andare a trovarlo a casa sua. E casa sua, anzi il suo regno incontrastato, è un luogo dove si corre, si scivola, si fa fatica, ci si sporca. Ma c’è modo e modo di farlo. Andiamo in compagnia a rendere omaggio, perchè di questo si tratta (di analisi tecniche su Rafa ne ho scritte abbastanza ormai, da tutto il mondo), al migliore di sempre, per distacco abissale, su questi campi. “Pista 7” della Caja Magica, immagini come sempre originali ed esclusive di Ubitennis.
Qui sopra, preparazioni e sbracciate finali del dritto, a intensità crescente di top-spin, in relazione all’altezza a cui viene impattata la palla. Basta guardare la spalla sinistra di Rafa, e l’inclinazione del braccio, al termine della parte lineare dell’accompagnamento finale. È affascinante come riesca a unire violenza del movimento a colpire a precisione e rapidità incredibile di piedi (in basso a sinistra, è sulle punte, talmente leggero che può permettersi una lieve flessione esterna della caviglia destra, se vai pesante con quella postura ti prendi una storta immediata).
Qui sopra, dall’alto in basso, dritti picchiati in anticipo, dritti in top-spin standard con finale a tergicristallo (windshield-wiper), e dritti in… come lo vogliamo chiamare, super top-spin?, con finale oltre la spalla sinistra (reverse forehand), il caratteristico swing letteralmente inventato da Nadal come colpo di manovra e pressione, mentre tutti gli altri lo eseguono solo in estremo allungo o difesa laterale. Perchè è difficile, difficilissimo controllare traiettoria e soprattutto profondità frustando la palla dal basso verso l’alto in quel modo, ma a Rafa il fatto che sia difficile non interessa: il suo timing e la sua velocità di braccio mostruosi gli consentono di gestirlo come vuole, immaginate un attaccante di calcio, che invece di colpire di testa, andasse sistematicamente in sforbiciata su ogni palla alta, perchè lui la sente così, e segnasse sempre. Una soluzione tecnica complessa e rischiosa, perfino per i professionisti al massimo livello, per lui è lo standard. Incredibile.
Sempre magnifica, lo vediamo qui sopra, la fase di preparazione al colpo, e di ricerca della palla. Braccio sinistro, sostegno alla racchetta della mano destra e successivo rilascio, passo in appoggio del piede esterno, rotazione busto-spalle, tutto coordinato al millisecondo.
Qui sopra, in alto due attacchi in avanzamento, sotto preparazione e sbracciata del lungolinea a chiudere, poca (relativamente) rotazione, velocità di palla spaventosa. Da ammirare, soprattutto in queste ultime immagini, l’azione delle ginocchia, ad accompagnare l’anca sinistra.
Qui sopra, il colpo forse più sottovalutato di Rafa, il rovescio portato da destra-dominante completo, che ormai lo spagnolo tira anche in lungolinea con continuità ed efficacia. Sulla diagonale, l’eccezionale capacità di richiamo della mano destra, derivata dall’impugnatura molto caricata per un bimane, consente da sempre a Nadal di reggere senza problemi i cross di dritto in top-spin degli avversari destri. È come se avesse una specie di dritto anche dall’altro lato, straordinario.
Un dettaglio interessante, che fa capire quanto intenso e soffocante possa essere il semplice palleggio di Nadal, soprattutto sulla terra battuta, lo ha involontariamente evidenziato il suo compagno di allenamento (e di doppio alle Olimpiadi di Rio 2016, vinte) Marc Lopez. Non è un fenomeno, certamente, ma è un professionista di alto livello, eppure, anche sullo scambio in posizioni fisse, senza aperture o spostamenti, dopo poche pallate non riusciva semplicemente a reggere il ritmo, come un ragazzino col maestro. Ha dovuto “chiedere aiuto” a Carlos Moya, che è sceso in campo, e hanno proseguito 2 contro 1, perchè con Rafa che va in crescendo di accelerazione o fai una palla a testa, dai due angoli, o non lo tieni.
Tutta questa clamorosa esibizione di tecnica, potenza, precisione e ritmo, vista da due metri, lascia in particolare una sensazione, riprendendo il racconto dall’inizio di questo articolo: facilità. Mi rendo conto perfettamente da solo che accostare il concetto di “facilità” a un atleta del genere, che spara fucilate violentissime a ripetizione con tutte le sue forze, sia a prima vista un azzardo, ma tant’è. Non parlo di facilità in senso fisico, è ovvio che Rafa fa fatica (come tutti, Roger per primo, solo che lo maschera bene attraverso la maggiore essenzialità dei gesti), ma di facilità in senso prestazionale. Alla fine, quello che appare evidente, è che per Nadal, sulla terra battuta, giocare in questo modo e ottenere tali picchi di efficacia sia semplice, totalmente istintivo, non ci pensa, sa cosa fare e come farlo dando l’impressione di essere nato per questo, e di essere esattamente nel luogo giusto per ottenere il massimo. Un leone nella savana, uno squalo nell’oceano, un falco nel cielo: questo sono Roger sull’erba e Rafa sulla terra, questo era il “fu” Djokovic sul cemento. Aver avuto la possibilità di vederli tante volte in tali situazioni, in questi stati di grazia, è solo qualcosa di cui essere grati come appassionati prima che come tecnici o addetti ai lavori.
Per concludere, sperando di farmi perdonare il lirismo che a volte mi prende la penna quando descrivo il meglio del meglio mai visto nello sport che tanto amiamo tutti, salutiamo il nostro Re della Terra Battuta con una nota divertente se non comica: vi lascio con l’immagine qui sotto, in cui possiamo vedere il Sovrano omaggiato dagli adoranti sudditi, a cui dedica il suo gesto tecnico forse più celebre. Non credo servano descrizioni o analisi frame-by-frame, in questo è sempre stato The Greatest Of All Times. Vamos, Rafa.
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