Gioventù tricolore (Pietoso). “Non è nostro socio”, il Tennis Club Bologna nega i campi a Connors (Piccardi)

Gioventù tricolore (Antoniomaria Pietoso, Corriere dello Sport)

Ci siamo Oggi edomani al PalaPatemesi di Foligno va in scena la finale di Serie Al di tennis. A contendersi il tricolore Canottieri Aniene (anno di nascita 1892) e TC Parioli (1906), una sfida affascinante tra due circoli storici della Capitale (con il Parioli che non gioca la finale addirittura da 75 anni!) e che vedrà affrontarsi, sul veloce umbro, due dei prospetti italiani più interessanti: Matteo Berrettini e Gian Marco Moroni. Nati tutti e due nella Città Eterna, si sono messi in mostra nel 2017 e vogliono coronare la stagione regalando lo scudetto alla propria squadra. Uno (Berrettini) potente e istintivo, l’altro (Moroni) più metodico e dal gioco ragionato: così diversi, ma uniti dalla passione per questo sport. Sognano palcoscenici importanti e di vincere uno Slam, ma intanto saranno le punte di diamante della due giorni in Umbria. BERRETTINI. Nell’Aniene gioca Berrettini: 21 anni compiuti ad aprile, talento purissimo ed emergente, ma soprattutto giocatore modemo. Fisico imponente (è alto 1.94), fa del servizio e del diritto le sue armi migliori che lo rendono diverso da quella che è la tradizione del nostro Paese. Attuale n.136 del ranking Atp, ha esordito al Foro Italico nel maggio scorso e per lui è già pronta la scomoda etichetta di “nuova speranza del tennis italiana: «Voglio trascinare la mia squadra allo scudetto – afferma Berrettini – in questo weekend mi interessa solo questo». Pressione e responsabilità con cui dovrà convivere a lungo « L’obiettivo è la sua crescita – afferma il capitano dell’Aniene, Vincenzo Santopadre – Matteo dovrà essere bravo a migliorare sul campo e a gestire al meglio tutto quello che lo circonda. Se ci riuscirà, potrà togliersi tante soddisfazioni e realizzare i suoi sogni perché ha qualità fuori dal comune». MORONI. Due anni più piccolo è Gian Marco Moroni, stellina del Parioli, n.704, ma con una grinta e una voglia di arrivare non comuni. A 19 anni Jimbo non è un tipo che si accontenta: «Dopo le finali mi metterò sotto per il 2018 perché voglio che sia l’anno della svolta». Temperamento, idee chiare e un rovescio a una mano davvero interessante potrebbero essere la sua forza. Nadal e Ferrer sono i giocatori a cui si ispira per la generosità che dimostrano su ogni palla. Come conferma anche il capitano Riccardo Grassi: «Il futuro è suo. Ha un grande cuore che gli permette di andare oltre qualsiasi ostacola Più la strada è difficile e più lui dà il meglio di sé».

 

“Non è nostro socio”, il Tennis Club Bologna nega i campi a Connors (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera)

«Buongiorno, qui l’Hotel Majestic: c’è un nostro cliente che vorrebbe venire a giocare a tennis da voi». «È socio?». «No…». «Ha la tessera Fit?». «No…». «Allora non è possibile, grazie e arrivederci . La notizia, in questa storia scovata dal Corriere di Bologna sotto i portici addobbati a festa, non è tanto II nobile Circolo Tennis Bologna — anno di fondazione 1902, la cara vecchia abitudine di far presentare gli aspiranti nuovi soci ai vecchi — che rifiuta l’accesso a Jimmy Connors sui campi dei Giardini Margherita (se l’ospite non fosse rimasto anonimo, di certo si sarebbe potuta prendere in considerazione un’eccezione al regolamento) quanto l’ex numero uno del mondo che finisce a palleggiare — cappotto scuro indossato sopra la tuta e divieto di foto e riprese tv — con uno sparring partner alle porte della città, di fronte allo Stadio Dall’Ara, al periferico Tennis Club Nettuno che per due giorni si prende la libertà di battere 6-o 6-o i cugini ricchi e blasonati del centro. Se un mese fa l’attuale re del ranking Atp Rafa Nadal non era stato riconosciuto all’ingresso del palazzetto di Bercy, a Parigi, se persino a Sua Divinità Roger Federer viene chiesto di indossare sempre il badge tra i vialetti delle prove del Grande Slam, non ci si può stupire che l’immenso mancino, 65 anni, messi in soffitta il caschetto con frangetta che indossava quando impugnava a due mani la leggendaria Wilson T 2000 di metallo e la grinta da mastino con cui l’avevano allevato nonna Bertha e mamma Gloria, abbia fatto la fine di un cliente qualsiasi, di passaggio a Bologna per ragioni di cuore. I motori. Connors, infatti, è stato al Motorshow e al quartier generale della Lamborghini, a Sant’Agata Bolognese, per la presentazione del nuovo Suv: passando anche in quell’occasione, in un parterre zeppo di vip, inosservato. Dall’alto dei suoi otto titoli dello Slam, dei 109 tornei vinti in carriera (a tutt’oggi un record) e delle 268 settimane complessive da re del tennis, James Scott Connors detto Jimbo è ripartito per gli Usa senza serbare rancore a nessuno. «II tennis è la mia vita: soltanto quando gioco mi sento bene». Al Tc Bologna, invece, è rimasto un leggero mal di testa