Karolina Pliskova: tattiche e superfici
Nella comunità di lettori di Ubitennis è un periodo in cui si sono spesso intrecciate discussioni su Karolina Pliskova. Il divorzio dall’allenatore (il secondo negli ultimi due anni), i risultati non sempre lineari e a volte di difficile interpretazione, le scelte tattiche durante le partite: sono tutti argomenti che tra i commentatori del tennis WTA hanno portato a ragionamenti e ipotesi diverse.
Le questioni principali sono: cosa dovrebbe fare in campo Pliskova dopo la separazione da David Kotyza, il coach con cui ha collaborato nel 2017, e quali sono le condizioni di gioco più adatte per lei. Dunque due temi da indagare: scelte tattiche e superfici. Comincio dal secondo tema, perché alcune argomentazioni saranno utili per approfondire l’altro.
Karolina Pliskova e le superfici
Occorre tornare indietro di qualche mese per spiegare la genesi della questione. Al Roland Garros 2017 Pliskova non è tra le primissime favorite per la vittoria; anche se l’incertezza “regna sovrana”, sono altri i nomi più citati, a partire da Halep, Svitolina e Muguruza. Invece a Parigi Karolina ottiene un ottimo risultato, arrivando in semifinale, dove la ferma proprio Simona Halep.
Nello Slam successivo sull’erba, Pliskova è considerata dai bookmaker la favorita numero uno, e di nuovo smentisce i pronostici, questa volta in negativo: il suo percorso a Wimbledon si interrompe al secondo turno per mano di Magdalena Rybarikova, che era entrata in tabellone grazie al ranking protetto.
Sono le prime avvisaglie dei dubbi che cominciano a formarsi: e se Pliskova si trovasse meglio su un terreno meno rapido, che le lasci più tempo per preparare i colpi? In fondo non è mai stata rapidissima negli spostamenti. Se il suo gioco assomigliasse a quello di Sharapova nella seconda parte di carriera? Ricordo che Maria negli ultimi anni ha vinto soprattutto sulla terra battuta: tra il 2011 e il 2015 10 tornei su 14 li ha vinti sul rosso, inclusi due Roland Garros.
Dopo la delusione di Wimbledon, Pliskova si sposta sul cemento. Nel 2016 agli US Open aveva perso solo in finale, ma questa volta cede nettamente a Vandeweghe; mentre in Cina (Wuhan e Pechino) gioca meno bene che al Masters di Singapore, dove i campi sono più lenti. Al Masters infatti arriva sino alle semifinali, sconfitta dalla futura vincitrice Wozniacki. Nuovi dubbi: forse ci siamo fatti ingannare dall’efficacia del suo servizio, e abbiamo ritenuto che questo la facesse automaticamente una giocatrice da campi rapidi? Avevamo un’idea sbagliata su quali siano i terreni a lei più congeniali?
Per rispondere con un un minimo di profondità, sono andato a vedere un po’ di numeri, utilizzando il sito tennisabstract.com che consente di confrontare il rendimento negli anni sulle diverse superfici. E per provare a individuare una eventuale evoluzione di Pliskova, ho diviso i risultati in tre periodi:
1) 2006 – 2013: periodo di crescita. Esordio tra le professioniste (primi ITF locali) e progressi fino all’ingresso nelle prime 100 del mondo
2) 2014 – 2016: periodo di affermazione. Nel 2014 entra nelle prime 30, nel 2015 nelle prime 10, nel 2016 nelle prime 5 del mondo
3) 2017: l’ultima stagione, con la conquista del primo posto del ranking. Per ognuno di questi tre periodi sono indicati i rendimenti sulle diverse superfici:
Direi che i numeri danno indicazioni assolutamente univoche. Nemmeno dove la percentuale si basa su pochi match (e quindi sarebbe statisticamente più facile uno scarto rispetto a valori più ampi) abbiamo indicazioni contraddittorie. Sostanzialmente i numeri ci dicono due cose:
– nel tempo Karolina ha vinto sempre più partite su qualsiasi terreno, come ci si aspetta da una giocatrice in costante crescita
– le superfici predilette non sono cambiate: (carpet), erba, cemento, terra in ordine decrescente.
Aggiungo altri dati che vanno nella stessa direzione relativi ai picchi di rendimento, che ho identificato nei tornei vinti o quelli in cui è arrivata in finale. Di nuovo la terra è la superficie meno presente, e l’erba risulta molto importante, considerato quanto poco si giochi sui prati durante la stagione:
Rimane un’ultima tabella, che ci riporta allo spunto iniziale: lo scarto di risultati tra Roland Garros e Wimbledon nella stagione appena conclusa. Ecco il rendimento in carriera negli Slam:
Qui abbiano un dato in controtendenza che obbliga a riflettere sull’eccezione: il cattivo rendimento di Karolina sull’erba di Wimbledon. Sei partecipazioni al tabellone principale, una eliminazione all’esordio e cinque eliminazioni al secondo turno. Non solo peggio del cemento di Australia e Stati Uniti, ma anche della terra francese. Come mai? Mi vengono in mente due possibili motivazioni, che non sono in alternativa, ma che anzi andrebbero considerate insieme.
Prima, banale, spiegazione: sorteggi sfortunati. Dal 2011 Karolina a Wimbledon ha perso da queste avversarie: Sloane Stephens (59), Petra Martic (144), Sabine Lisicki (19), CoCo Vandeweghe (47), Misaki Doi (49) e Magdalena Rybarikova (84 pr). Tra parentesi è indicata la posizione nel ranking delle avversarie al momento del match. Effettivamente nelle prime stagioni Pliskova non è stata fortunata: Stephens, Martic, Lisicki e Vandeweghe sono giocatrici capaci di rendere più di quanto la loro posizione in classifica in quel momento potesse suggerire. Del resto anche per i bookmaker in quel momento Karolina non era favorita, ad esclusione del match contro Vandeweghe (che però poi in quell’anno è stata la sorpresa del torneo, battuta da Sharapova nei quarti).
Considero più gravi le sconfitte nelle ultime due stagioni. Soprattutto quella contro Misaki Doi nel 2016 che al momento del confronto era 32 posizioni dietro Karolina (numero 49 contro 17 del ranking). Evitabile, secondo me, anche l’ultima contro Magdalena Rybarikova (partita persa 3-6, 7-5, 6-2) anche perché nella prima parte di match Pliskova aveva la situazione sotto controllo: si era portata avanti 6-3, 3-2 e servizio, e fino a quel momento non solo non aveva mai perso la battuta, ma non aveva nemmeno concesso palle break.
Sappiamo che sull’erba Rybarikova ha un gioco molto “tricky” (è la definizione che utilizza Karolina nella conferenza stampa post-partita), con discese a rete e slice di rovescio difficili da gestire, soprattutto sull’erba. Ma secondo me c’è anche altro dietro le eliminazioni.
E qui arriva la seconda possibile spiegazione: penso che alcune sconfitte di Pliskova (a Wimbledon, ma non solo) siano legate alla difficoltà nell’affrontare le partite da favorita. Maggiori sono le aspettative, maggiori sono le difficoltà. E a Wimbledon tutti da lei si attendono ottime cose. La mia sensazione è che caratterialmente stia provando a costruirsi un atteggiamento in campo più forte e solido, ma che debba combattere con la sua natura di tennista non molto coraggiosa.
Dico questo perché l’ho seguita in molte occasioni nelle stagioni passate (prima che diventasse una top 30 e poi una top 10), e spesso Karolina aveva mostrato seri problemi a chiudere i match e anche a consolidare i vantaggi, specie nei tornei più importanti. Ma prima di approfondire questo aspetto è arrivato il momento di introdurre il secondo tema, perché le questioni si intrecciano.
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