Eterna Williams e le sette sorelle. A chi il trono? (Crivelli). Maestra Venus sfida le baby terribili (Semeraro). Errani ritrova una finale. Fognini fuori a Stoccolma (La Nazione)

Eterna Williams e le sette sorelle. A chi il trono? (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Anno di grazia 2008. Quando Venus Williams conquistava l’unico Masters della carriera, solo la Wozniacki era già una giocatrice fatta e finita; le altre navigavano ancora nelle categorie giovanili e addirittura la Ostapenko, 17 anni di meno, non sapeva ancora se privilegiare le racchette oppure la danza. Le Wta Finals di Singapore che scattano oggi, o più semplicemente il Masters femminile, sono la rappresentazione plastica di questo millennio tennistico tra le donne: tante protagoniste, brave (o bravissime) e di talento, ma l’unico comune denominatore di un cognome che sa coniugare solo successi e malgrado le botte del destino non conosce declino. Così, attendendo mamma Serena, tocca alla sorella perpetuare il dominio, se non tecnico certamente di personalità, sul resto del circuito. Venere torna all’appuntamento che chiude l’annata dopo otto stagioni, grazie soprattutto alle due finali Slam (Australia e Wimbledon), diventando a 37 anni la terza più vecchia a riuscirci (Billie Jean King a 39 e Navratilova a 38 le prime due). E’ l’unica delle otto regine, appunto, ad aver già vinto il torneo e anche l’unica ad avere un record vincente con ognuna delle altre qualificate. Insomma, cambia il mondo ma non lei, capace di prendere con il sorriso la malattia che l’accompagna dal 2011 e di trovare nella vita e nello sport sempre uno spunto per ricercare il divertimento personale: «E’ la mia quinta volta al Masters, e tutte sono state speciali, perché qui arrivano davvero le più forti del mondo e quindi vuol dire che te lo sei guadagnato. Tra l’altro, io penso che adesso la competizione tra noi sia molto più serrata rispetto a quando arrivai quindicenne sul circuito, che il livello generale si sia alzato ed è un magnifico cambiamento, a pensarci bene». La Williams è finita nel gruppo all’apparenza più complicato, quello delle bombardiere e di due vincitrici Slam stagionali (Muguruza e Ostapenko), anche se a un primo check del campo ha detto che «la superficie è molto lenta e mi aspetto molti scambi da fondo». Del resto, mai come questa volta davvero tutte possono vincere il Masters, a parte forse la Garcia, che pure ci arriva sull’abbrivio di una favolosa campagna asiatica (due tornei vinti in due settimane che le sono valsi il pass). La francese è anche la sola a non avere assilli di classifica, nel senso che non ha possibilità di puntare al numero uno di fine stagione come invece può accadere alle altre. In un anno che ha salutato cinque giocatrici diverse al vertice della Wta, le Finals sono perciò il giusto epilogo, quasi una mano di poker dove conterà, se non ogni singolo game, certamente ogni partita, anche quella teoricamente senza interesse. Perché alla vincitrice andranno 1500 punti se chiuderà senza sconfitte nel girone e tra la Halep e la Ostapenko, prima e settima del ranking, al momento ci sono 1165 punti di differenza. Manca la dominatrice, in pratica. Sempre che Venus non si ricordi dei tempi che furono.

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Maestra Venus sfida le baby terribili (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Più che la Maestra, a 37 anni suonati e dopo 22 stagioni di onoratissimo servizio, di questo tennis femminile Venus Williams potrebbe essere la Preside. Forse non più la più forte di tutte, come ad inizio millennio, ma una veterana dal carisma inossidabile capace di “reggere” la classe ribelle in cui si è trasformato, in assenza di sua sorella Serena, il circuito Wta. E dire che sei anni fa, quando le diagnosticarono la sindrome di Sjogren, una malattia autoimmune che provoca crisi di stanchezza estrema, Venus sembrava pronta per il ritiro. Invece rieccola qua: nel 2017 ha giocato – e perso – due finali Slam agli Australian Open e a Wimbledon, ma è tornata numero 5 del mondo e oggi, alle 11 italiane, aprirà il programma delle Wta Fìnals di Singapore, scendendo in campo contro Karolina Pliskova. La prima occasione di rivincita che le offre il suo girone, visto che nel 2016 era stata proprio la ceca ad eliminarla in un quarto sanguinoso agli Us Open. Le altre sue compagne nel girone rosso, quello delle “picchiatrici” sono la baby Ostapenko (17 anni meno di lei..) e Garbine Muguruza, la spagnola che l’ha sconfitta a luglio nella finale di Wimbledon, mentre nel girone bianco, che riunisce le “maratonete”, sono comprese Simona Halep, Elina Svitolina, Caroline Wozniacki (a 27 anni la seconda più anziana) e Caroline Garcia. Su otto giocatrici approdate al Master, in sette (con l’eccezione della Garcia) hanno una chance teorica di finire l’anno da numero 1 – anche se l’Ostapenko dovrebbe vincere e sperare che la Halep si infortuni subito. Quest’anno del resto le regine provvisorie sono state già cinque: Serena Williams, Kerber; Pliskova, Muguruza e Halep. Un record assoluto che certifica come fra le ragazze manchi una padrona assoluta. «Rispetto a quando ho iniziato lo la competizione è molto più aperta», ha spiegato la Williams maggiore, che a Melbourne a inizio anno si era inchinata solo a Serena «E credo che questo sia un cambiamento positivo». I campi a Singapore sono decisamente lenti, «quindi, anche se siamo alla fine della stagione – ha aggiunto Venus – aspettatevi lunghi scambi e match molto lunghi…». L’idea di stare ore e ore in campo, ovviamente, non la fa molto felice. Alla sua età è ancora temibile sull’uno-due, ma alla distanza gli anni iniziano a farsi sentire. Nel 2017 è stata ottima nei grandi tornei (quarti a Indian Wells, Roma e Parigi, semifinali a Miami e agli Us Open) ma alla fine di una stagione molto solida non è riuscita a portarsi a casa neppure una coppa. Solo due sue ex colleghe, sono riuscite nella storia a qualificarsi per il Masters di fine anno ad una età più avanzata: Billie Jean King a 39 anni nel 1983 e Martina Navratilova a 38 nel 1994. Venus, alla quinta partecipazione, ci torna per la prima volta dal 2009, quando fu sconfitta in finale dalla sorella, mentre l’anno prima lo aveva vinto per la prima e unica volta battendo Vera Zvonareva; nel 1999 e nel 2002 aveva invece raggiunto le semifinali. «Quest’anno ho lottato per vincere i grandi tornei, ora devo solo superare il confine su cui mi sono sempre fermata. E penso di farcela». Non è mai troppo tardi, per la Preside del tennis.

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Errani ritrova una finale. Fognini fuori a Stoccolma (La Nazione)

Sara Errani conquista la finale del 60mila dollari di Suzhou, in Cina. La 30enne romagnola, risalita al numero 180 del ranking mondiale dopo la semifinale della scorsa settimana nel Wta di Tianjin (dove ha vinto il titolo in doppio) – suo primo impegno nel tour dopo la squalifica di due mesi comminatale dall’ITF per assunzione (accidentale) di letrozolo – in semifinale ha superato la testa di serie n. 2 Kurumi Nara, n. 103 Wta, con il punteggio di 3-6 6-3 6-3, in due ore e 7 minuti di gioco. Nel match che assegna il titolo la tennista azzurra troverà dall’altra parte della rete la 19enne cinese Hanyu Guo, numero 328 del ranking Wta: non ci sono precedenti fra le due. Intanto Fabio Fognini manca l’accesso alla finale del torneo Atp di Stoccolma, cedendo in due set al bulgaro Grigor Dimitrov. Il n.8 al mondo, e favorito del torneo, si è imposto sul ligure n.30 del ranking con il punteggio di 6-3, 7-6 (2), in circa un’ora e mezza di gioco. Dopo un primo set in cui Fognini si è visto annullare due palle break prima di cedere a sua volta il servizio – e chiedere anche un ‘medical time out’ per un dolore all’anca – e infine il set, nella seconda partita l’azzurro si è ripreso quando era già sotto 0-2. Con una reazione veemente, Fognini ha strappato due volte il servizio all’avversario portandosi in vantaggio 4-2, ma Dimitrov ha risposto subito rimettendo il punteggio in equilibrio. Fognini è arrivato a due punti dal set sia sul 5-4 in suo favore che sul 6-5, ma non ha potuto evitare il tie break dove Dimitrov ha avuto vita facile, imponendosi 7-2.